Sahara

Fascino e mistero

Il castello di Sebha

Fernando Ferrari 

   
Ottobre del 2004. Atterriamo all’aeroporto di Tripoli con un volo di linea da Roma. Un po’ di emozione nel rimettere piede, dopo oltre mezzo secolo, su una terra dove avevo trascorso una decina di anni della mia gioventù. 
Ma non c’è tempo per tuffarsi nei ricordi. Sull’altro lato del piazzale è pronto l’aereo per Sebha, capoluogo del Fezzan nel cuore del Sahara libico. Sebha? Se ben ricordo, ai “miei tempi” era uno sperduto villaggio a qualche centinaio di chilometri a Sud di Tripoli, raggiungibile con le carovane o con automezzi in grado di percorrere piste desertiche. 
Le estrazioni petrolifere ed i fiumi di petrodollari hanno nel frattempo cambiato molte cose. Ora Sebha è una moderna città di mezzo milione di abitanti con aeroporto, ospedale, scuole, alberghi ed è perfino collegata alla costa ed alla strada litoranea con un interminabile nastro asfaltato. 
Con mia moglie ed una quindicina di partecipanti al tour organizzato veniamo sistemati in albergo ed il giorno successivo il gruppo si imbarca su cinque fuoristrada 4x4 per iniziare l’avventura. Ci accompagna un poliziotto libico (tifoso del Milan!), ufficialmente per rispondere della nostra sicurezza ma nella convinzione di tutti per accertarsi che del gruppo non faccia parte un oppositore di Gheddafi. 
Lasciata Sebha i fuoristrada iniziano una vorticosa sarabanda su e giù per le dune, quasi una gara per dimostrare chi è il più bravo. Intorno? Il Nulla. Zero piste, zero alberi, zero costruzioni, zero segni di vita. 
Solo un mare di sabbia sulle cui onde il nostro autista tuaregh, che parla esclusivamente la sua lingua, dimostra tutta la sua notevole capacità. 
Per un po’ penso che si tratti di una breve esibizione ad uso e consumo di noi turisti ma dopo circa mezz’ora mi convinco che la colonna non sta facendo un girotondo ma sta seguendo una precisa direzione, apparentemente senza bussola e comunque senza riferimenti sul terreno o nei dintorni. 
Dopo alcune ore di “navigazione” ci inerpichiamo sull’ennesima duna, stavolta più alta delle altre, dalla cui sommità ci appare nella sottostante spianata un campo tendato in pieno deserto.
Campo tendato

Campo tendato

Il Castello Rosso (Assai Al-Hamra) di Tripoli

Il Castello Rosso (Assai Al-Hamra) di Tripoli

Da rimanere a bocca aperta! I fuoristrada si tuffano in discesa ed in men che non si dica veniamo sistemati in grandi e confortevoli tende ognuna dotata di due letti, comodini, tappeti, ecc. 
Davanti ad ogni tenda due poltroncine di vimini da cui ammiriamo, estasiati, il calare della sera. Dopo cena una breve passeggiata su e giù per le dune ci permette di ammirare lo straordinario effetto della luce della luna piena sulle dune che sembrano trasformarsi in uno sterminato campo innevato. 
Nei due giorni seguenti visitiamo l’Akakus, un’area montuosa caratterizzata da interessanti formazioni rocciose che sorgono dalla sabbia. Dal 1985 queste montagne sono inserite nella “World Heritage List” dell’UNESCO come patrimonio dell’Umanità. 
Abbiamo la possibilità di ammirare anche alcuni tipi di arte rupestre e graffiti di epoche lontanissime. Ci imbattiamo in pieno Sahara in alcuni deliziosi laghetti circondati da palme. 
Un sorprendente spettacolo della natura in un immenso mare di sabbia. Nel corso del rientro verso Tripoli attraversiamo la zona abitata in tempi lontani dal misterioso popolo dei Garamanti, ormai estinto, e dalla città viene organizzata una visita a Leptis Magna, patria dell’imperatore Settimio Severo, secondo me il più bel sito archeologico del Mediterraneo. 
Non manca neppure una escursione a Sabratha con il suo monumentale teatro antico. Da giovane a Sabratha avevo assistito alla rappresentazione di una tragedia greca che aveva come protagonista la allora famosa attrice drammatica Emma Gramatica. L’epilogo della tragedia era sottolineato dal sole al tramonto che si immergeva nel mare dietro il teatro. Uno spettacolo nello spettacolo!
Leptis Magna

Leptis Magna

Una oasi nel deserto

Una oasi nel deserto

Chiedo venia per le citazioni personali, ma per me si è trattato anche di un viaggio del ricordo. Le gite scolastiche, sempre le stesse, avevano come meta un anno Leptis Magna ed un anno Sabratha. Non c’era altro che meritasse. Per la gita a Sabratha veniva utilizzato un fatiscente treno che percorreva l’unica breve tratta ferroviaria della Libia, lunga non più di cento km. 
Mi viene ancora da ridere ripensando a quella volta che, in attesa della partenza del treno, mi affaccio dal finestrino e vedo che da un finestrino del vagone precedente si affaccia… un cavallo che mi guarda. Evidentemente una delle carrozze era stata adibita a trasporto bestiame. A Tripoli abbiamo alloggiato nell’Hotel Mehari che mio padre aveva diretto negli anni a cavallo della Seconda Guerra Mondiale. Il nome dell’albergo è rimasto, ma solo quello. 
L’albergo era stato progettato in stile mediterraneo dall’allora famoso architetto Florestano Di Fausto, ora al suo posto si erge un anonimo grattacielo. Non esiste più neppure il romantico ristorante sul mare collegato all’albergo da una elegante galleria che sottopassava il lungomare. 
Ho rivisto la casa in cui avevo abitato e ripercorso un pezzo di lungomare, la strada che facevo per andare a scuola. Già, il bellissimo lungomare di Tripoli, con i suoi filari di palme e oleandri ed i suoi artistici parapetti che sovrastavano una spiaggia per tutta la lunghezza dei suoi due km. 
Da fare invidia alla Croisette di Cannes! 
E adesso? Il colonnello Gheddafi, impegnato a stravolgere tutto quello che di bello avevano lasciato gli italiani, ha fatto coprire la spiaggia per tutta la lunghezza con piazzali, parcheggi, manufatti e, ciliegina sulla torta, una anonima strada di scorrimento. Risultato? Il bel lungomare è diventato una qualsiasi arteria cittadina. 
Mentre il gruppo visitava la città vecchia ed il Museo nazionale nel Castello di Tripoli sono andato a vedere se esisteva ancora l’edificio del Liceo italiano.
Sabratha

Sabratha

L'Akakus

L'Akakus

 Sì, c’era ancora, trasformato in scuola femminile libica. Proseguendo nella passeggiata dei ricordi ho dovuto constatare con non poca amarezza che la cattedrale cattolica era stata trasformata in moschea. 
II campanile era diventato un minareto e la cupola era sormontata da una mezzaluna al posto della croce. Preferisco non entrare nei dettagli della tragica vicenda dei pogrom antisemiti del 1945 e 1948 di cui noi, ragazzi di allora, siamo stati in alcuni casi testimoni diretti. 
Ci fu un terzo pogrom nel 1967 ma in quell’anno ero già in Italia, con nessuna voglia di tornare a “Tripoli bel suol d’amore”…
Il percorso nel deserto

Il percorso nel deserto

Fernando Ferrari
Federmanager Venezia

Fernando Ferrari Federmanager Venezia