Sono tornato sul Delta
Dall’alto Vicentino serve un’ora e mezza di
auto per arrivare a Chioggia, poi altri 40 minuti fino a Cà Tiepolo, comune di Porto Tolle.
Passato il ponte sul Po di Venezia siamo
già sul Delta, breve piega a destra ed eccoci al Po di Gnocca, o più elegantemente
Po della Donzella. In un quarto d’ora raggiungiamo Santa Giulia.
Quattro case, la chiesa, un distributore e
l’osteria di Arcadia e della figlia Pamela.
Gianna ed io ci siamo stati altre volte, in moto, in macchina, da soli o con amici. Sono
passati tre anni, c’è stato il Covid, non del
tutto scomparso, ma con prudenza e un pò
di protezioni ci sentiamo tranquilli.
Qualcosa è cambiato all’osteria con alloggio; alle
due camere da letto se ne sono aggiunte altre sette, risultato dell’acquisto di un immobile vicino, il molo giù dell’argine è stato cementato ed il piazzale asfaltato, ancora, ci
sono molte più barche di quanto ricordassi
e il pedaggio di un euro e mezzo sul ponte
di barche per Gorino e Goro è stato eliminato.
È primavera avanzata ma fa parecchio
caldo per cui sono benvenute l’aria condizionata, la doccia rinfrescante e un po’ di
relax prima della cena, rigorosamente alle
otto.
La sala da pranzo accoglie circa venti persone e sebbene sia lunedì è al completo. L’osteria è famosa da sempre per la
qualità della cucina, pesce rigorosamente
freschissimo e Pamela è costretta a rifiutare
una dozzina di clienti di passaggio.
“È sempre così – dice – la prenotazione una volta
era gradita, ma adesso è necessaria. Mi
spiace mandare via le persone, ma cos’altro posso fare se non ho posto?” Il menù,
stampato con il pc e infilato in una taschetta di plastica trasparente non è il massimo
dell’eleganza, ma la proposta è preziosa, in
più si aggiunge sempre qualcosa “fuori menù” creato dal pescato del giorno.
Cosa abbiamo mangiato?
Antipasto di canestrelli,
capelonghe e schie, un primo di bigoli (non
spaghetti) con il ragù di vongole, non “con”
le vongole ma un vero ragù spadellato con
una ricetta ovviamente segreta. Sublime.
Per Gianna poi fritturina di calamaretti spillo
e per me il grande amore: anguilla spaccata alla griglia, servita ancora sfrigolante.
Un
dessert, un liquore, una breve passeggiata
a guardare il fiume, poi a letto.
L’indomani mattina, dopo colazione siamo
sul pontile a parlare con Ferruccio, che ci
fa una rapida presentazione del giro, poi
partiamo.
La sua barca può accogliere una
decina di persone, ma siamo solo noi due,
meglio così. Ci sistemiamo a prua, Ferruccio a poppa con la barra del potente fuoribordo in pugno.
Schizziamo dal pontile
e puntiamo veloci verso la parte del Delta
che compete all’Emilia-Romagna, precisamente alle provincie di Ferrara e Ravenna.
Attraversato il Po di Gnocca ci infiliamo in
una rete di canali minori, stretti tra canne
palustri. Ferruccio spegne il motore e ci
troviamo immersi in un silenzio irreale.
In
realtà c’è molta vita là in mezzo: vediamo
volare aironi di vari colori, garzette, gab
-
biani, anatre, oche ed anche qualche feni
-
cottero rosa. Ferruccio ci spiega che sotto
di noi nuotano lucci, carpe, tinche, pesci
gatto, sogliole e più giù, in vicinanza del
mare, branzini.
Si è stabilmente insediato
anche il pesce siluro, un bestione che su
-
pera i due metri per ottanta chili di peso,
ma dalla carne poco commestibile.
Agilissi
-
mo, esce rapido dall’acqua e si porta sotto
un gabbiano. Sugli argini sono numerosi i
ciclisti ed anche chi è attrezzato per il birdwatching.
Sbuchiamo nel Po di Goro ed
approdiamo a Gorino, sotto il faro che con i
suoi 22 metri di altezza costituisce da quasi
centosessant’anni il riferimento per i natan
-
ti. È una costruzione risalente al 1960, ele
-
vato in sostituzione di quello originario del
1865.
Qualche scatto fotografico e Ferruc - cio riparte a tutta velocità verso la foce per dirigersi poi su Punta del Bacucco e fino all’Isola dell’Amore, una lingua di sabbia (qui chiamate “scanni”) che evoca davvero spiagge caraibiche.
Il nome deriva dall’essere il luogo prescel - to dagli innamorati della zona per i loro in - contri, un poco alla volta mani ignote hanno costruito dei ripari, una sorta di cabine di legno e tela dove le coppie possono sosta - re lontane da occhi indiscreti.
Se il telo che fa da schermo è sollevato la casupola è di - sponibile, diversamente se ne cerca un’al - tra o si aspetta fuori. Il tempo ha consolida - to questa regola di privacy, rigorosamente rispettata da tutti.
Troviamo una capanna libera e ci accomodiamo per godere della merenda che Ferruccio ha portato dentro ad un grande cesto. La sosta è molto rilassante e ripartiamo in direzione della Sacca di Scardovari, la grande laguna di acqua salmastra, vasta oltre trenta chilometri quadrati e media - mente profonda non più di due metri.
È il regno dei molluschi, cozze allevate nelle “peociàre” (file di steccati infissi nel fonda - le) mentre le vongole vengono seminate nei cosiddetti “orti”, aree bene identificate dove crescono fino al momento della raccolta.
È
interessantissimo vedere Ferruccio passare
da un orto all’altro con l’aiuto di una pertica
dotata di un gancio, per estrarre campioni
di vongole dal mare e verificarne lo stadio
di crescita.
In tempi recenti sono stati avviati anche allevamenti di ostriche secondo il
metodo in uso sulla costa francese dell’Atlantico, nella zona del Mont Saint Michel.
Nota interessante, da qualche anno si è insediata in loco una colonia di cigni che nel
volgere di pochi anni ha raggiunto il notevole numero di alcune migliaia di esemplari.
Usciti dalla Sacca di Scardovari navighiamo per breve tempo sul Mare Adriatico
notando immediatamente la differenza del
moto ondoso. Entriamo nuovamente nel Po
di Gnocca e ritorniamo a Santa Giulia dove
ci congediamo da Ferruccio e riprendiamo
l’auto per proseguire il giro.
Il Delta è molto vasto (circa 400 kmq) ed è possibile girarlo seguendo vari percorsi, ma Gianna ed io, nelle numerose visite, abbiamo sempre preferito la parte Veneta (l’altra è quella Emiliano-Romagnola), che si sostanzia nel comune di Porto Tolle, formato da tre grandi isole delimitate dai diversi rami del Po: Isola della Donzella (la nostra preferita, quella che si affaccia sulla Sacca di Scardovari), Isola di Cà Venier e Isola di Polesine Camerini.
Partendo dunque da Santa Giulia e andando verso il mare si gode il giro completo della Sacca di Scardovari passando a fianco delle case dei pescatori su palafitte. Ma il Delta offre anche spiagge di sabbia fine, sufficientemente attrezzate ma senz’altro meno affollate di altre in località famose.
La prima lungo il percorso è la Spiaggia delle Conchiglie, un po’ più avanti ecco la Spiaggia della Barricata. Giunti all’abitato di Cà Dolfin si può girare a sinistra e arrivare a Cà Tiepolo per concludere il giro, oppure a destra verso Polesine Camerini su cui spicca l’alta ciminiera (250 m.) della centrale termoelettrica chiusa nel 2010 e destinata alla demolizione.
L’ultima è la Spiaggia di Boccasette, lunga ben quattro kilometri e alla quale si accede dall’Isola di Cà Venier. Amici mi chiedono, sapendo che vado regolarmente laggiù, se una giornata è sufficiente per vedere, se non tutto, almeno abbastanza.
In tutta sincerità io rispondo di no. L’acqua, la terra, gli animali, la natura sono cose belle e per goderne vanno assaporate lentamente.
Rispetto a venti o trent’anni fa oggi c’è una buona scelta di alloggi di vario comfort e prezzo, agriturismi, ristoranti e trattorie, tettoie per spuntini. Se, come spero, tra un paio d’anni ci tornerò, anziché due giorni penso che ne farò tre.
01 dicembre 2022