Da Remote Working a Hybrid Work
Dopo gli anni della pandemia avanza una nuova modalità di lavoro ibrida tra modalità in presenza e da remoto. Ma come approcciare il cambiamento e guidarlo al meglio?
Barbara Demichelis
HR Advisor Zenger Folkman, Euzyma Consulting, ZaLa Consulting
Laura Zanfrini
Transformation Senior Advisor; Ceo ZaLa Consulting
“E tu da dove lavori?”. Una domanda semplice, che da febbraio 2020 è diventata sempre più frequente. Ci siamo ormai abituati a porla e a sentircela porre. Superata l’emergenza, dove per molti non c’era alternativa al lavoro da casa, adesso avanza un dubbio: casa o ufficio?
Sulla questione le aziende stanno prendendo strade diverse. A testimoniarlo ci sono i dati dell’HR Trends & Salary Survey di Randstad che mostrano, infatti, come in Italia nel 2020 tre organizzazioni su quattro abbiano introdotto o potenziato il lavoro a distanza per far fronte al contagio da Covid-19. Di queste ben l’86% ha continuato l’esperienza anche nel 2021, e due terzi proseguiranno lungo questa strada anche in futuro.
Tra l’esclusivamente in presenza e l’esclusivamente da remoto, a livello mondiale si è avviata una grande sperimentazione che risponde a una formula mediana tra i due opposti: il lavoro ibrido.
Tornare in presenza o lavoro ibrido? Ecco cosa preferiscono i manager
Nel contesto attuale, le scelte dei manager sono differenti rispetto a quelle dei loro collaboratori: secondo Future Forum 2021, rispetto al 17% dei professional, il 44% degli executive vuole che l’azienda torni full time in ufficio (il 2022 Work Trend Index Annual Report di Microsoft parla del 50% delle imprese). Questa preferenza sembra non essere legata a un’analisi organizzativa, dei processi, dei flussi di collaborazione e comunicazione, bensì a una propensione del management verso modelli operativi consolidati nel passato rispetto a sperimentazioni con ROI ancora incerto.
Secondo una ricerca pubblicata dal MIT Sloan Management Review nel 2021, le ragioni della resistenza dei manager al lavoro da remoto (pieno o parziale) sono principalmente tre: la richiesta di uno sforzo addizionale nel gestire e motivare le persone, la perdita di controllo dovuta alla difficoltà di essere in connessione costante con il proprio staff e, infine, la preoccupazione per il rischio di non riuscire a raggiungere i risultati.
Secondo l’osservatorio ZaLa Consulting, composto da oltre 1.500 manager italiani incontrati tra maggio 2020 e febbraio 2022, in questi mesi di “crisi”, di continua discontinuità, la “trappola” in cui sono primariamente caduti i manager è esattamente quella dell’essere tornati a essere troppo operativi. La necessità di essere sempre con il controllo della situazione ha spinto molti di loro ad accentuare una tendenza già presente, quella del perfezionismo, che porta al micro management (HBR, marzo 2022) proprio quando ci sarebbe bisogno di maggior delega e fiducia ai collaboratori. Ecco perché i manager avvertono questa marcata necessità a tornare in presenza con tutto il team.
Qual è la sfida del nuovo mondo del lavoro per i manager?
Ancora una volta, per comprendere le tendenze del mondo del lavoro, è utile leggere l’annuale lettera che Larry Fin (Black Rock) ha indirizzato ai CEO delle aziende in cui investe il suo Fondo. “Sebbene l’uscita dalla pandemia per le aziende sia un’occasione di ricostruzione – ha scritto Larry Fin - i CEO si trovano davanti a un paradigma radicalmente diverso da ciò a cui eravamo abituati. La normalità prevedeva che i dipendenti andassero in ufficio cinque giorni alla settimana. Raramente si parlava di salute mentale sul luogo di lavoro e i salari della manodopera a basso e medio reddito crescevano a malapena. Quel mondo non esiste più”.
Sono parole rivelatrici quelle del CEO di uno dei principali fondi d’investimento al mondo. Peccato che in questo “nuovo mondo” dove il vecchio non esiste più, il 74% dei manager lamenta la mancanza di capacità e risorse per sostenere il cambiamento che invece i loro collaboratori richiedono a gran voce, come testimonia il Work Trend Index 2022 di Microsoft. La stessa ricerca, infatti, stima al 52% i dipendenti che vorrebbero lavorare da casa o in modalità ibrida. Percentuale simile, 45.3%, è quella di uno studio di Stanford.
E in Italia?
L’osservatorio ZaLa Consulting (oltre 1.500 manager e 1.130 individual contributor) evidenzia come alla base delle motivazioni dei manager italiani propensi al rientro in ufficio (molti anche in modalità totalmente in presenza) ci sia la voglia di far uscire le persone dalla zona di comfort del lavoro a distanza, di considerare il lavoro da casa una parentesi e l’ufficio come normalità, e di ricreare un team emotivamente coeso. A questo si aggiunge anche il bisogno più personale di non lavorare da casa.
Sempre secondo l’osservatorio ZaLa Consulting, è ben diversa la situazione presso i collaboratori che - nel 90% dei casi - si sentono pronti per il lavoro ibrido, pensano cioè di avere tutte le competenze per lavorare sia da casa sia dall’ufficio. Nella stragrande maggioranza i collaboratori non vogliono tornare totalmente in presenza e fra le competenze e gli atteggiamenti che vorrebbero rafforzare figurano “l'attenzione al benessere personale” e “avere una mente aperta alle novità e alle potenzialità”.
Ben si comprende, dunque, come i manager sembrino stretti tra due fuochi: le crescenti aspettative dei vertici che spingono per un rientro in ufficio da un lato e le mutate aspettative dei collaboratori dall’altro.
Le variabili che i manager stanno affrontando
In un contesto, perciò, in rapida evoluzione sono diverse le variabili con cui i manager si stanno confrontando per ridefinire le nuove modalità lavorative. Vediamone alcune.
Produttività e connessione: se da una parte la produttività da remoto e nel lavoro ibrido risulta aumentata (vedi figura), i manager devono fronteggiare nuove variabili come la qualità delle relazioni e delle connessioni con i propri team. Da febbraio 2020 a febbraio 2022 il tempo speso in riunioni settimanali, infatti, è aumentato del 252% e le riunioni settimanali sono cresciute del 153% secondo il Work Trend Index 2022 Microsoft. Il 61% dei lavoratori è impegnato in un numero maggiore di meeting a causa del passaggio al remoto, ma il 52% si sente meno connesso ai colleghi, come afferma l’ultimo report di Buffer (State of Remote Work 2022).
E se il 44% dei lavoratori ibridi non si sente incluso durante le riunioni (Microsoft), il 70% delle riunioni non consente alle persone di completare il proprio lavoro, come suggerisce uno studio congiunto per HBR pubblicato a marzo 2022. Sappiamo ormai, d’altronde, quanto i back-to-back meeting tolgano focus ed energia (report Microsoft).
Benessere e salute mentale: nel passaggio al lavoro ibrido queste due variabili sono fondamentali da considerare sia a livello personale (quello che chiamiamo self-caring), sia per quello che riguarda i propri team. A tal proposito è utile ancora una volta prestare attenzione ai dati. I numeri, infatti, ci dicono come l’82% dei senior leader riporta un livello di stress tale da poter parlare di burnout (Ricerca Deloitte 2021); per chi usa il software Teams, il lavoro oltre l’orario previsto è aumentato del 28% e il lavoro nel weekend del 14%; il 46% dei collaboratori è a rischio burnout a causa di comportamenti reputati scorretti dei capi; Il 45% va in burnout per l’eccessivo carico di lavoro (fonte Microsoft).
In particolare, il 63% dei senior leader dichiara di non riuscire a dedicare tempo al proprio benessere (Ricerca Deloitte 2021) e le misurazioni nel contesto italiano dell’Osservatorio ZaLa lo confermano: i manager pensano che dedicare tempo a se stessi non sia una priorità e intanto stanchezza e affaticamento impattano sulla qualità delle decisioni e delle relazioni.
Menzione a parte va fatta per i neo-manager, ovvero quelle persone che hanno acquisito crescenti responsabilità manageriali negli ultimi 2-3 anni. Un interessante studio internazionale pubblicato su Harvard Business Review di marzo 2022 afferma che il 91% di questa categoria si sente isolato/a e l’88% pensa che la mancanza di tempo con i propri collaboratori abbia aumentato il proprio burnout. La mancanza di supporto tra colleghi e dei capi rende l’esperienza di ingresso nel mondo manageriale, insomma, più complicata.
Quali consigli per i manager?
1) Ridisegnare il lavoro con tre focus da considerare
Secondo l’osservatorio ZaLa Consulting, nella maggioranza delle aziende l’organizzazione del lavoro ibrido si sta modulando sulla base delle scelte assunte dai manager rispetto al lasciare direttamente ai collaboratori la flessibilità organizzativa. Saranno proprio i manager, dunque, ad assumersi la responsabilità di trovare una sintesi tra le proprie esigenze, quelle del team e quelle di ogni singolo individuo. Secondo una ricerca Ricoh del 2022, un terzo degli intervistati (34%) riceve pressioni da parte del proprio manager affinché rientri in ufficio, mentre oltre la metà (55%) vorrebbe poter scegliere individualmente se lavorare in presenza.
Il lavoro ibrido permette una grande flessibilità, per quel che riguarda il “dove” lavorare, ma anche il “come” eseguire i propri compiti. Questa matrice di Gartner (2021) rappresenta le 4 opzioni tra cui, manager e collaboratori, devono scegliere.
Come scegliere? Devo frequentare un corso online? Meglio farlo da remoto per non essere di disturbo o disturbati dai colleghi. Devo riprendere i contatti con colleghi di altre funzioni? Meglio progettare qualche giornata in ufficio.
Sono tutte domande e decisioni nuove. Il manager deve aiutare i propri collaboratori ad analizzare il tipo di lavoro da svolgere e a esplorare nuove modalità per portare a termine i propri compiti.
Non sempre però le decisioni riguardano solamente l’individuo, ma devono tener conto anche altri fattori esogeni alla propria persona. E allora come procedere? Bisogna integrare, in modo diverso dal passato, tre punti di vista (con aspettative ed esigenze nuove e diverse):
Considerare queste tre dimensioni significa scegliere (e far scegliere) dove lavorare non solo partendo dalle proprie esigenze, ma includendo anche quelle dei propri responsabili, dei colleghi e dei clienti (interni ed esterni). Esigenze che sono profondamente mutate in questi ultimi 24 mesi, visto che al centro dell’intersezione non c’è più il “same working mode”, lo stesso modo di lavorare, ma la flessibilità.
- Noi e il nostro ruolo
- I nostri clienti
- Il nostro team
I manager, dunque, hanno la grande possibilità di disegnare nuovi “working concept”, cioè esperienze lavorative che mettono a confronto le esigenze di tutti e tre gli attori per trovare una sintesi tra performance (produttività e innovazione) e benessere.
2) Allenare tre competenze determinanti…
Oltre a nuovi strumenti di comunicazione tech-based, per gestire questa nuova, inattesa, esigenza di flessibilità, servono nuove o potenziate competenze che devono essere sviluppate da parte dei manager per poter agire da role model, essere cioè da esempio per i collaboratori in un contesto che necessita di inclusione consapevole. Queste nuove competenze sono:Intelligenza emotiva: sviluppare consapevolezza per il contesto e le esigenze degli interlocutori, e avere la giusta dose di empatia per essere capaci di relazioni efficaci, inclusive e produttive nel mondo ibrido; sviluppare maggior attenzione al proprio benessere e a quello dei colleghi.
Leadership e social influence: comprendere gli altri per indirizzarli verso obiettivi comuni da realizzare, sviluppare una leadership fra pari, assumendosi la responsabilità di decisioni e azioni, coinvolgendo gli altri per mantenere il livello di energia richiesto dalla situazione, aiutando a sviluppare le competenze di coloro che ne hanno bisogno per crescere o operare efficacemente.
Intraprendenza: agire in modo autonomo, prendere l’iniziativa e assumersi la responsabilità di proporre e supportare nuove idee e soluzioni, cercare, testare, sperimentare per trovare nuovi modi di fare le cose, co-disegnandoli con colleghi.
3) Essere consapevoli di un superpotere
“Empathy is the superpower in the future of work”, così viene definita l’empatia da molte fonti autorevoli nell’ambito dell’intelligenza emotiva. In particolare, l’empatia consentirà ai manager di superare il distance bias, cioè i pregiudizi che portano, inconsapevolmente, a valutare meglio i collaboratori/collaboratrici che vedono e frequentano rispetto a coloro che vedono meno o a intermittenza; a capire al meglio quale contesto (in presenza o a distanza, sincrono o asincrono) consenta al team di interagire e lavorare meglio in funzione dell’obiettivo da raggiungere; a organizzare riunioni scegliendo la modalità (in presenza o da remoto) più inclusiva per consentire a tutti/e di partecipare e contribuire; a utilizzare al meglio l’intelligenza del team ed evitare il group-thinking, sollecitando la partecipazione e l’esposizione di pensieri divergenti o controcorrente, o semplicemente coinvolgendo anche persone di altre funzioni.Il superpotere dell’empatia è fondamentale, inoltre, per occuparsi di una nuova priorità: “il benessere e la salute mentale” propria e dei propri collaboratori/trici. L’empatia verso se stessi, infatti, innalza l’attenzione sul self-caring come pratica manageriale fondamentale nel mondo ibrido (e post pandemico), oltre che in cambiamento continuo. Il benessere e la salute mentale dei leader sono infatti sempre più importanti perché per prendere decisioni nella complessità e nell'incertezza servono lucidità, apertura mentale e focalizzazione, impossibili da avere quando si è stanchi e sopraffatti.
Inoltre, non si possono condividere energie che non si hanno, energie che è fondamentale trasmettere in un mondo del lavoro ibrido. Il self-caring non è un lusso (quante volte abbiamo sentito: “non me lo posso permettere”) ma una pratica manageriale dei leader contemporanei che devono gestire le energie, “blindare” tempo per se stessi, concentrarsi sulle cose importanti e sviluppare/recuperare le relazioni importanti per noi e la nostra carriera.
Come fare? Una prima contromisura è la gestione oculata delle proprie energie. Sono molteplici le sfide, le difficoltà, gli imprevisti che affrontiamo e tutti ci risucchiano e ci tolgono energie. Un valido esercizio è tenere traccia di ciò che ci fa abbassare il livello di energia e ciò che invece lo alza: diventandone consapevoli possiamo fare leva e ripetere azioni o ricercare le occasioni che aiutano a riprendere tono e vigore, cercando così di neutralizzare i “ladri” di energia. Un must su tutti: dimentichiamoci il multitasking, è stata solo una narrazione favolistica, gli esseri umani non sono adatti a questa pratica che brucia tempo ed energia nel passare da un’azione all’altra perdendo in efficienza ed efficacia.
In secondo luogo dovremmo riprenderci il governo del nostro tempo, partendo dall’autorizzarsi a “blindare” slot in agenda per se stessi, concentrandosi sulle cose importanti per la nostra crescita ed il nostro benessere. Possiamo cominciare con un’ora la settimana, la “golden hour” da proteggere come in un caveau. Nel giro di un mese osserveremo già la differenza, il valore aggiunto su più fronti e considerando questo comportamento “di successo”, saremo indotti a replicare e consolidare la prassi in modo quasi automatico.
Occuparsi del benessere dei propri collaboratori è in definitiva alla base dell’engagement e della produttività.
4) Intraprendere una (vera) sperimentazione con analisi e riaggiustamenti
Come dicevamo in apertura, la formula per decidere dove e come lavorare massimizzando produttività, engagement e benessere, è individuale e in divenire. Sperimentare la propria formula includendo anche le esigenze organizzative, di clienti e di team è quello che chiamiamo “trasformazione ibrida”. Ma questa sperimentazione non è fatta una volta per tutte, è un processo molto più simile alla prototipazione veloce, al test&learn di cui sentiamo parlare in ambiti di innovazione. Serve un “growth mindset”, un approccio aperto alla ricerca di nuovi modi per mantenere performance (produttività e innovazione) e connessioni.Oggi, mentre navighiamo nel lavoro ibrido, le organizzazioni di tutto il mondo si affidano più che mai ai manager per aiutare i dipendenti a sentirsi supportati e responsabilizzati in un contesto in cui domina l'incertezza e il cambiamento. Non c'è dubbio che sarà impegnativo. Il lavoro ibrido indica un vero e proprio paradosso, dato che le persone richiedono la flessibilità del lavoro a distanza, ma anche la difesa dei legami e delle interazioni che si sviluppano meglio in presenza. Per questo un approccio unico (one-size-fits-all) per la gestione del mondo del lavoro ibrido non è semplicemente fattibile.
01 giugno 2022