CIDA commenta i dati Istat sulla recessione economica e demografica
Il cambiamento del contesto, l’instabilità economica e l’invecchiamento della popolazione, richiedono un piano che superi le contingenze per costruire prospettive concrete.
A cura della redazione“Una doppia recessione, economica e demografica, che impone un’accelerazione dell’agenda politica sul fronte delle politiche attive del lavoro, di un welfare più moderno ed efficiente, di un sistema di formazione continua che accompagni il lavoratore in tutto l’arco del suo impegno professionale”: lo ha detto Mario Mantovani, Presidente CIDA, commentando il rapporto annuale dell’Istat, illustrato dal presidente Gian Carlo Blangiardo.
“L’analisi dell’Istat è realisticamente cruda e mette il Paese di fronte ad un bivio: il calo delle nascite, l’invecchiamento della popolazione, la perdita di residenti – ha aggiunto Mantovani – in assenza di significative misure di contrasto possono determinare ricadute negative sul potenziale di crescita economica, con impatti rilevanti sull’organizzazione dei processi produttivi e sulla struttura e la qualità del capitale umano disponibile. Se fino al secolo scorso la componente demografica ha mostrato segnali di vitalità e ha spesso fornito un impulso alla crescita del Paese anche sul piano economico – ha commentato Mantovani citando il Rapporto Istat – oggi potrebbe svolgere, al contrario, un effetto frenante. Correttamente l’indagine statistica sottolinea che la crescita della popolazione italiana degli ultimi vent’anni è avvenuta unicamente grazie all’aumento della componente di origine straniera, pari a circa 5,2 milioni di residenti (8,7% della popolazione), al primo gennaio 2019. In particolare, negli ultimi 10 anni una quota crescente di cittadini stranieri ha alimentato il flusso dei nuovi italiani divenuti tali per acquisizione della cittadinanza o per il peso relativo delle cosiddette seconde generazioni, molte delle quali formate da ragazzi nati sul territorio italiano."
“E’ evidente che di fronte a questi dati che rivoluzionano il mercato del lavoro e rendono in parte obsolete le politiche di welfare e quella sanitaria – ha aggiunto il Presidente CIDA– occorre uno sforzo di riprogettazione dello Stato sociale che oggi conosciamo. Uno sforzo che spetta in primo luogo alla società organizzata, che deve ispirare la politica, i partiti di maggioranza e di opposizione, con un impegno che ci auguriamo corale. Le forze sociali sono in grado di portare un ‘valore aggiunto’ di competenze e conoscenze in un progetto che deve ridisegnare lo Stato sociale che conosciamo e riprogrammarlo per un futuro ormai sempre più prossimo”.
"Chi propone forme di redistribuzione del reddito, sotto forma di somme di denaro concesse in modo più o meno incondizionato – ha sottolineato il Presidente di CIDA - credo sottovaluti un grande rischio. Una società segmentata in due classi con interessi opposti, i lavoratori che direttamente o indirettamente pagano tasse e i non lavoratori assistiti, è fortemente instabile e, dopo un possibile periodo in cui prevalgono idee di solidarietà, la contrapposizione diventa fortissima e ingestibile. Non è solo una questione di risorse economiche più o meno disponibili: qual è il futuro di quella parte di umanità resa inutile dall’assenza di lavoro e non indirizzata ad altre attività in grado di farla crescere ed evolvere organicamente? E’ sufficiente fornire alle persone una somma di denaro per sopravvivere o dobbiamo preoccuparci delle legittime aspirazioni a un ruolo nella vita e nella società? Vanno quindi chiariti, rinsaldati, sviluppati i legami tra le persone e la società di cui facciamo parte, ciascuno deve trovare il suo posto a tavola, non solo mangiare. La sfida degli economisti sta qui: costruire un modello che dia un nuovo significato al lavoro, che non si proponga utopicamente di eliminare ricchezza e povertà, ma ci aiuti a non precipitare nell’inutilità, nell’ostilità, nel degrado”, ha concluso Mantovani.
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