Antonello da Messina, epicentro del Rinascimento europeo
La mostra che si è da poco aperta a Palazzo Reale, su Antonello da Messina, non è molto ampia, ma proprio grazie a questa sua esigua dote porta ad avere un prezioso approccio alla vicenda artistica di colui che è unanimemente considerato il più grande ritrattista del Quattrocento (e forse anche di qualche secolo in avanti).
Silvia Bolzoni
L’esposizione si avvale di un allestimento che mira ad esaltare – isolandole – le opere, invitando il visitatore ad avvicinarsi alle tavole, in un muto colloquio che non può non far percepire a ciascuno la grandezza di ogni minimo particolare.
Un autore che verrebbe da definire “facile” per la capacità intrinseca di ogni singolo pezzo di parlare a tutti, siano essi cultori della materia o siano persone che per la prima volta scoprono la sua arte. E difficile, per la ricchezza dei rimandi non solo testuali, ma anche tecnici che le opere intessono con esperienze assai diverse fra loro, trovandosi quindi in un punto di congiunzione tra arte catalana, provenzale e fiamminga.
Punto di congiunzione geografico, del resto, lo era anche Messina: al centro del mediterraneo, crocevia commerciale e culturale. Una convergenza che si è iscritta nel dna stesso del lavoro dell’artista.
Di lui sappiamo poco: pochi documenti, un catalogo esiguo che varia tra le 35 opere dei più duri censori ad un massimo di 45 accertati su base attribuzionistica, un autoritratto estremamente contestato e tanti aneddoti che già a pochi anni dalla morte infiorettano le biografie, a partire da quella vasariana.
Nella prima edizione, Vasari racconta di un Antonello discepolo di Van Eyck, dal quale avrebbe appreso i segreti della pittura a olio e di una rivalità con l’altro gigante del Quattrocento, Giovanni Bellini. Una rivalità mai accertata nonostante autori barocchi tramandassero un Bellini entrare quasi furtivamente nello studio veneziano di Antonello per carpire a sua volta i segreti di quelle velature che modificheranno radicalmente l’arte rinascimentale, novelle buone per la fortuna romantica di questi artisti. Il dato certo fu un do ut des fra i due, uno scambio fecondo percepibile nelle tematiche delle Madonne con Bambino, Pietà ed Ecce Homo, l’assoluto cavallo di battaglia di Antonello. Tra le informazioni documentarie attendibili, infatti, vi è la sua presenza in laguna fra il 1474 e il 1476, anni intensi anche per la crescita stilistica di Bellini. Ben raffrontabili sono i debiti reciproci in dipinti come la Madonna Benson o la Pietà Correr, in questi mesi esposti a Palazzo Reale. Insieme a questi pezzi, ad accompagnare il visitatore e veri interlocutori delle opere del messinese, sono gli appunti e i disegni di G. B. Cavalcaselle, il quale non solo ebbe il merito di essere il primo studioso ad approntare un coerente catalogo delle opere di Antonello, ma anche uno dei primi a fondare la moderna critica d’arte. Assente per il grande pubblico la Pala di San Cassiano, punto di cesura sia nella vicenda artistica personale sia rinascimentale, compensata dai grandi prestiti nazionali e internazionali che da soli varrebbero la visita, da San Gerolamo all’Annunziata, dal ritratto Borghese all’Ecce Homo.
Non a caso, quindi, Jacobello, figlio del pittore, in umiltà e lungimiranza, appose alla propria firma: “filius non humani pictoris”.
L'incontro si terrà in ALDAI sala Viscontea Sergio Zeme
via Larga 31 – Milano
Giovedì 9 maggio 2019 dalle ore 17 alle ore 19
via Larga 31 – Milano
Giovedì 9 maggio 2019 dalle ore 17 alle ore 19