Piccoli uccelli che tengono nel massimo conto la difesa dei “compagni” di volo che stanno ai bordi, perché questo costituisce una imprescindibile difesa anche per la sopravvivenza di quelli che stanno al centro dello stormo. Un comportamento istintivo che può valere come similitudine per i popoli del mondo confrontati, come sono, a minacce ripetute e globali: le pandemie, le crisi economiche e sociali… E, ora, il disastro di una guerra di aggressione ai bordi dell’Europa.
Di fronte a rischi di più vasti conflitti, la geopolitica affanna nella ricerca di ricomposizione e pacificazione. Intanto, a livello UE, diventa sempre più urgente rafforzare la solidarietà, intraprendere una nuova politica energetica e attivare un sistema difesa comune
Antonio Dentato
Componente Sezione Pensionati Assidifer - Federmanager
Chi può dire di non essere rimasto incantato dallo spettacolo? Sono "coreografie" che staresti a guardarle per ore. Torme di uccelli che volano compatti ne notiamo spesso nei cieli delle nostre città, ma solo gli storni mostrano la stessa coordinazione, solo questi uccelli creano quelle forme complesse, sempre diverse e impreviste, e tuttavia sempre perfette. Ornitologi ne hanno scritto: spiegazioni dettagliate: perché? Come? Anche fisici si sono cimentati nella ricerca con strumentazioni più o meno sofisticate, fotografando, utilizzando videocamere sincronizzate. Verso la fine dell’anno scorso il professore di Fisica teorica alla Sapienza di Roma, Giorgio Parisi, premio Nobel per la Fisica 2021, ci ha fatto conoscere i suoi studi sugli storni e le “immagini fantasmagoriche” che riescono a creare. Nel libro (Ed. Rizzoli, nov. 2021), intitolato “In un volo di storni. Le meraviglie dei sistemi complessi”, Parisi va oltre la descrizione di questo fenomeno osservato nei cieli di Roma; raccoglie e sviluppa i temi legati alle motivazioni del premio Nobel che ha ricevuto nell’ottobre 2021. Il libro è una sintesi di alta scienza: dagli studi pionieristici sulle particelle all'interesse per fenomeni enigmatici come le trasformazioni di stato, i "vetri di spin”; dalle riflessioni su come nascono le idee a quelle sul senso della scienza nella nostra società. Parla delle idee che “spesso sono come un boomerang: partono in una direzione ma poi vanno a finire altrove. Se si ottengono risultati interessanti e insoliti, le applicazioni possono apparire in campi assolutamente imprevisti". Realtà sperimentali che sembrano sfuggire a ogni legge; ricerche che portano a scoperte che sorprendono lo stesso ricercatore.
La strategia degli storni
Qui facciamo riferimento al primo capitolo del libro. Lo studio è concentrato “su come ogni componente dello stormo riesca a comunicare per muoversi in modo coerente, producendo un’unica entità collettiva e multipla”. Sono descritte le complesse evoluzioni degli storni; tecniche di difesa contro le incursioni del nemico che vuole ucciderli e cibarsene: il falco pellegrino. Ma gli storni non sono preda facile. Se il falco entrasse nello stormo, con la velocità di volo superiore a 200 all’ora, rischierebbe una collisione, potrebbe spezzarsi le ali. Allora va a caccia degli “esemplari isolati ai bordi”. E qui entra in gioco la difesa degli storni: si avvicinano uno agli altri “serrando i ranghi, e cambiando velocemente la loro direzione per sfuggire all’artiglio fatale”. “È probabile che molti comportamenti degli storni siano dovuti proprio alla necessità di sopravvivere a questi terribili assalti”. È una strategia di difesa, naturale, istintiva.
Questi piccoli animali (peso fra i 60 ed i 100 gr.) sanno che possono averla vinta solo con una lotta comune contro l’antico aggressore che li attacca nei loro cieli. Hanno intuito che stare agganciati allo stormo, non staccarsi mai dal bordo, costituisce difesa contro il pericolo. L’informazione sul falco in prossimità si trasmette attraverso tutto lo stormo, che, percepita la minaccia incombente, inizia a deviare, riducendo così il successo del predatore. Senza questa percezione, l’esito è la morte.
In effetti, “In questi problemi fisici - continua Parisi - riusciamo a capire in maniera quantitativa come il comportamento collettivo emerga partendo da semplici regole d’interazione tra i singoli attori”.
Il nuovo “falco pellegrino”
Non solo il nostro Paese, ma il mondo intero resta sotto l’attacco di quest’altro “falco pellegrino” che, per il genere umano, ora è il “nuovo coronavirus", meglio noto con la sigla di COVID-19. Gli scienziati dicono che il virus può attaccare quasi tutto il corpo con conseguenze devastanti. Spesso uccide. E va oltre. Fuori. I rapporti degli studiosi e di enti internazionali informano sui devastanti effetti collaterali: nell’economia, nel lavoro, nella cultura. Fa strage dovunque le fragilità sono più esposte. Ai bordi del contesto sociale. Dove le persone più vulnerabili rimangono ai margini dai sistemi di protezione, isolate; dove i sistemi produttivi sono meno difesi; dove i lavoratori operano in condizioni di minore tutela; dove l’insegnamento, anche da “remoto”, non riesce a supplire il valore di quello “in presenza”. Ne pagheranno le conseguenze le attuali giovani generazioni, cui (prendendo ancora a prestito le parole di Parisi) sarà mancato l’insegnamento “di cos’è la scienza, di come la scienza e la cultura si intreccino l’una con l’altra, sia nel loro sviluppo storico sia nella pratica dei nostri giorni”.
L’istinto e la razionalità
Anche la specie umana, come le altre specie animali e, quindi, come gli storni di cui abbiamo detto, ha come base l’istinto vitale della sopravvivenza. Istinto cui, nel corso del processo evolutivo, abbiamo affiancato numerose nuove componenti. Tra le quali la razionalità, la coscienza di noi e degli altri, la solidarietà. La solidarietà, in particolare, “… in funzione della coscienza di comuni interessi e finalità da perseguire” (Treccani). E pertanto, ci appaiono particolarmente istruttive le parole di Parisi quando dice: “I risultati (sullo studio degli storni in volo, n. d. r.) non sarebbero stati interessanti solo per l’etologia e la biologia evolutiva, ma su una scala di tempo molto lunga potevano portare a una maggiore comprensione nelle scienze umane dei fenomeni economici e sociali”. È su questi aspetti che ci pare utile portare qualche riflessione. Perché “In questi problemi fisici, - dice ancora lo scienziato - riusciamo a capire in maniera quantitativa come il comportamento collettivo emerga partendo da semplici regole d’interazione tra i singoli attori”.
Politiche di solidarietà
Dicevamo sopra: non solo nel nostro Pese il “virus” colpisce sia in maniera diretta che con gli effetti collaterali; ma fa strage dovunque. Ai “bordi” del mondo, nei Paesi meno sviluppati: alla povertà e alle ristrettezze sociali, si aggiungono le carenze delle strutture ospedaliere e dei vaccini, come di altri medicinali e strumenti sanitari di difesa. È in relazione a questa visione della diffusione pandemica che l’istinto di sopravvivenza umana deve diventare solidarietà, non solo come “principio di facciata” (Rodotà), ma come sistema delle politiche della solidarietà per una risposta ampia, che vada oltre la pandemia e metta nel conto le molte altre sfide cui siamo confrontati. Parliamo delle sfide globali: difesa del pianeta, redistribuzione delle risorse, sviluppo sostenibile, nuove probabili pandemie, lotta alla povertà (più diffusa e terribile quella che non fa rumore).
Entriamo appena, in punta di piedi, nel grande dibattito relativo alla lotta tra l’istinto e la razionalità con riferimento al comportamento delle persone, sia individualmente, sia nell’ambito delle forme organizzate: si tratta di materia che va spiegata con argomenti puntuali dagli specialisti di scienze umane. Noi qui ci limitiamo solo a considerare che le politiche della solidarietà dovrebbero, in qualche modo, tener conto anche dei modelli suggeriti dall’istinto di sopravvivenza. Per affrontare in modo nuovo il futuro: assumendo come insegnamento la pandemia che ha colpito il mondo; coscienti che quest’evento come altri possibili, catastrofici e globali, si abbattono ugualmente sui popoli delle aree più ricche del mondo come su quelli più poveri e svantaggiati. E che, pertanto, nessun Paese può farcela da solo, se non si adottano politiche che mettono al sicuro tutti.
Al riguardo ci pare appropriato concludere con un passaggio del libro di Parisi, dove leggiamo: “Un uccello isolato è una preda facile e più gli uccelli del bordo sono vicini tra loro, più è difficile essere catturati dal falco; gli uccelli al bordo tendono ad avvicinarsi come difesa ma quelli al centro non devono stringersi per sentirsi più sicuri: sono già difesi dai loro compagni sul bordo”.
Una conclusione che ci impegna in riflessioni che hanno bisogno di ulteriore svolgimento: vanno aldilà della pandemia, perché nella crisi sanitaria ancora in atto, frattanto, da quel drammatico 24 febbraio, è precipitato anche il conflitto che incombe sull’Est europeo, da dove le conseguenze investono l’intero mondo. Conflitto che ad ogni giorno si fa più minaccioso per il tragico messaggio che, appena soltanto evocate, annunciano le armi di distruzione di massa. Così le decisioni politiche della Commissione e del Parlamento europeo assumono un preciso valore, connotate come sono, dai parametri dell’urgenza.
- L’UE dà corpo a misure di solidarietà – nella misura e con criteri mai visti prima - nei confronti dall’Ucraina sotto attacco, Paese alle porte dell’Unione. La sua protezione è anche protezione dei Paesi centrali.
- Emergono con sempre maggiore evidenza le responsabilità relative alle scelte di politiche energetiche che hanno reso più dipendenti dal gas russo i Paesi delle aree periferiche dell’UE. In particolare e soprattutto, hanno indebolito sul piano politico i Paesi centro-orientali. Vanno ricordate, al riguardo, le proteste dell’Ucraina quando, per effetto di queste scelte, si vedeva tagliata fuori dal resto del mondo.
- Le due crisi parallele, sanitaria e bellica, domandano un impegno ampio e consapevole perché la loro combinazione non avvantaggi speculatori sulla salute e demagoghi e produttori di armi d’ogni tipo.
- L’idea di «adottare misure incisive, a tutela di «tutti gli Stati membri» dell’UE, volte a costruire «una gestione comune del mercato dell’energia», è ribadita con forza. Ribadita, ma non sempre del tutto condivisa nei fatti, se alcuni membri dell’Unione invocano tuttora la logica di mercato, come è nella fisiologia della pace, mentre, purtroppo, premono le eccezioni della guerra.
- Nel frattempo il Consiglio europeo ha approvato formalmente lo “Strategic Compass”, il documento che definisce il percorso per una politica militare dell’UE. Con questo atto, dopo anni di fumose discussioni e reticenze, gli intenti volti a realizzare un piano strategico per una difesa unitaria del territorio UE diventano sempre più concreti.