Ferie maturate e non godute al termine del rapporto di lavoro
La Cassazione riconosce che vanno monetizzate anche per il dirigente
Avv. Alberto Sbarra
Studio Legale Associati Sbarra Besi
Ci si domanda se il dirigente possa, al termine del rapporto di lavoro, monetizzare le ferie non godute negli anni precedenti a quello in cui si risolve il rapporto di lavoro. Evento non infrequente se si tiene conto che spesso il dirigente è costretto per il ruolo apicale che ricopre ad essere l’alter ego dell’imprenditore, con una presenza costante e continuativa in azienda, e proprio per questo sia costretto a non godere in pieno delle ferie essendo molto impegnato nella conduzione dell’azienda.
Di conseguenza è sorto il problema se il dirigente che sovente si auto organizza le ferie, possa monetizzare l’indennità sostitutiva nel momento in cui decide di dare le dimissioni dal rapporto di lavoro o quando venga licenziato.
Orbene, in linea generale in base all’art. 10 del D.lgs n. 66 del 2003, il lavoratore ha diritto ad almeno due settimane consecutive di ferie all’anno, e altre due settimane devono essere godute nell’anno di riferimento, oppure nei 18 mesi successivi al termine di maturazione, vigendo la regola che il predetto periodo minimo non può essere sostituito dalla relativa indennità per ferie non godute.
La norma è volta a tutelare i dipendenti, imponendo al datore di lavoro che il godimento delle ferie avvenga nell’anno di riferimento e non sia sostituito dalla relativa indennità, e questo per consentire il recupero delle energie psicofisiche depauperate nel corso dell’attività lavorativa svolta.
Vi è quindi un principio generale che vieta la monetizzazione delle ferie relative agli anni pregressi rispetto a quelli di risoluzione del rapporto di lavoro.
Questa regola però ha un’importante eccezione. Infatti la giurisprudenza da anni ritiene che se il mancato godimento delle ferie dipende da un comportamento inadempiente del datore di lavoro che non ha consentito il godimento delle stesse nell’anno di riferimento, il lavoratore non perde l’eventuale monetizzazione delle ferie residue.
Nei confronti del dirigente, sempre la giurisprudenza, per anni ha ritenuto che se questi ricopriva una posizione apicale o comunque si fosse auto-organizzato le ferie, il diritto alla monetizzazione veniva meno in quanto, non essendo imputabile al datore di lavoro la mancata utilizzazione delle ferie, queste non si poteva pretendere che venissero sostituite da un’apposita indennità (v. tra le tante Cass. 10 ottobre 2017 n. 23697).
Vi è da notare sul punto che il CCNL Dirigenti Industria nel rinnovo del 2019 aveva con lungimiranza inserito la previsione (art. 7, quarto comma) che nel caso in cui il dirigente non avesse usufruito delle ferie eccedenti le 4 settimane canoniche annue, il godimento delle stesse nei successivi 24 mesi doveva essere richiesto dal datore di lavoro e, in caso di rifiuto del dirigente a goderne, costui ne perdeva la relativa monetizzazione; viceversa se il datore non avesse fatto richiesta di godimento delle ferie, queste potevano venire monetizzate.
La normativa collettiva appariva assai opportuna se si tiene conto che in una recente sentenza della Suprema Corte (Cass. 6 giugno 2022 n. 18140) i Giudici hanno proprio seguito quest’impostazione, abbandonando definitivamente la pregressa giurisprudenza in precedenza citata.
Infatti, nella predetta sentenza, viene stabilito che il potere del dirigente di organizzare autonomamente il godimento delle proprie ferie non comporta la perdita del diritto alla cessazione del rapporto dell’indennità sostituiva delle ferie, se il datore di lavoro non dimostra di avere, in esercizio dei propri doveri di vigilanza ed indirizzo sul punto, formalmente invitato il lavoratore a fruire delle ferie e di avere assicurato altresì che l’organizzazione del lavoro e le esigenze del servizio a cui il dirigente era preposto non fossero tali da impedire il loro godimento.
Pertanto, nell’ipotesi in cui il dirigente apicale, ovvero comunque il dirigente che si sia organizzato le ferie in maniera autonoma nel corso dell’anno non usufruisca interamente dei giorni di ferie previsti dal CCNL Dirigenti, al termine del rapporto di lavoro, non perderà le ferie pregresse potendo monetizzare le stesse, salvo che il datore di lavoro dimostri di aver invitato lo stesso a goderne e questo si sia rifiutato.
In linea generale si può ritenere che l’orientamento poc’anzi descritto sposta l’attenzione sul fatto che il dirigente avrà diritto alla monetizzazione delle ferie se non sia stato messo nelle condizioni di poter usufruire delle stesse. In tal caso il datore di lavoro ha un obbligo di provare il contrario se non vuole pagare la relativa indennità.
Nella prassi comune il dirigente che rinuncia alle ferie non lo fa per sua spontanea scelta, ma per esigenze di servizio, e dunque mi pare che il recente orientamento della S.C. sia assolutamente da condividere, poiché diversamente sussisteva il paradosso di un lavoratore – ai massimi livelli – che per spirito di servizio si autolimitava le ferie per poi paradossalmente perdere la relativa indennità sostitutiva al momento della cessazione del rapporto di lavoro. Oltre il danno la beffa.
La S.C. è intervenuta per correggere questa evidente ingiustizia nel trattamento del dirigente con forti responsabilità nella conduzione dell’azienda, e ciò non può che essere considerato in senso positivo come un incremento delle tutele a suo favore.