Il licenziamento dei dirigenti

Dietrofront del Tribunale di Roma sul blocco

Alberto Sbarra

Studio Legale Associato Sbarra Besi










Nello scorso numero di questa rivista, ci eravamo lasciati con il commento alla sentenza del Tribunale di Roma dell’11 febbraio 2021 che, con decisione coraggiosa, aveva ritenuto illegittimo il licenziamento del dirigente in periodo di blocco, ed ecco che lo stesso Tribunale muta orientamento con una nuova sentenza del 19 aprile 2021 in cui sostiene esattamente l’opposto: non può valere la disciplina emergenziale sul blocco dei licenziamenti nei confronti dei dirigenti.

Nel precedente commento avevamo sottolineato come la decisione del Tribunale di Roma fosse sicuramente garantista, in quanto finalizzata a seguire lo scopo della norma emergenziale che era quella di bloccare i licenziamenti per tutti i lavoratori, non apparendo logico escludere una categoria rispetto ad un’altra da un beneficio che tenta di evitare conseguenze economiche negative uguali per tutti.

Con la successiva decisione di aprile 2021, invece, il Tribunale di Roma ha valorizzato innanzitutto il dato letterale della norma sul blocco ritenendo, altresì, come la filosofia che la sorregge non consenta di ritenere la figura del dirigente ricompresa in tale beneficio. Infatti la normativa emergenziale ha previsto che il datore di lavoro non possa recedere dal contratto per giustificato motivo oggettivo, ai sensi dell’art. 3 della L. n. 604/66, disposizione che pacificamente non si applica ai dirigenti.
Il dato letterale della disposizione, secondo la sentenza, è coerente con lo spirito che sorregge il blocco dei licenziamenti che ha, come contropartita, la possibilità per le aziende di ricorrere agli ammortizzatori sociali in modo da un lato di tamponare le perdite e, dall’altro lato, di permettere la tutela occupazionale.
Questa simmetria, secondo la sentenza, non può valere per i dirigenti perché a questi ultimi non è consentito di accedere agli ammortizzatori sociali. Di conseguenza nell’ipotesi in cui venisse esteso il blocco dei licenziamenti anche ai dirigenti, il datore di lavoro si ritroverebbe nella condizione di non poter reperire una soluzione sostitutiva, come per tutti gli altri dipendenti non dirigenti, che permetta loro di garantire reddito e tutela occupazionale senza costi aggiuntivi.

Orbene, l’argomentazione della sentenza del Tribunale di Roma, a mio avviso, non convince per due ordini di motivi.
Innanzitutto se il legislatore non ha esteso gli ammortizzatori sociali a favore del dirigente nel periodo della pandemia, non si capisce la ragione per cui si debba scaricare sullo stesso gli effetti economici della situazione emergenziale che stiamo ancora vivendo.
In secondo luogo non si comprende il motivo per cui, nel caso di licenziamento collettivo, valga il blocco dei licenziamenti anche nei confronti del dirigente e non nel caso di licenziamento del singolo. È ovvio che anche in quest’ultimo caso il datore di lavoro finisce per sopportare l’onere economico del costo del dirigente, in assenza di ammortizzatori sociali, senza che questo però abbia fatto sollevare obiezioni da parte delle organizzazioni imprenditoriali.

Nel caso in esame sussiste, quindi, un’evidente disparità di trattamento non solo tra dirigenti, sulla base della tipologia di licenziamento, ma anche tra lavoratori in base alla categoria di appartenenza.
Pertanto il fatto che le aziende possano beneficiare della Cassa integrazione anche in deroga per bilanciare il blocco dei licenziamenti, come principale giustificazione evidenziata dalla sentenza a favore dell’esclusione del dirigente dal blocco, appare francamente un modo per non risolvere il problema che, invece, la prima sentenza del Tribunale di Roma aveva tentato di affrontare.
Ragionando in questo modo simmetrico, ossia blocco solo se si può accedere agli ammortizzatori sociali, si è finito per penalizzare i dirigenti due volte: la prima trattandoli in modo diverso rispetto agli altri lavoratori dipendenti oggettivamente più tutelati; la seconda escludendoli da un ammortizzatore sociale come la Cassa in deroga che è stata estesa proprio a tutti i lavoratori, indipendente dal numero di addetti o del settore di appartenenza, con esclusione delle Colf.
In definitiva, una gestione degli armonizzatori sociali, in deroga alla precedente normativa, durante la pandemia senza aver ricompreso i dirigenti tra i beneficiari, si è tradotta purtroppo in una disparità di trattamento che ha inciso molto sulla categoria.

Ci si augura, a questo punto, che in autunno, quando la situazione emergenziale – si spera – dovrebbe gradualmente rientrare, il legislatore, quando dovrà deciderà di eliminare il blocco dei licenziamenti – ormai non più procrastinabile –, porrà in essere una serie di misure volte a tutelare la categoria dalle conseguenze della post-pandemia, in tutti quei casi in cui le aziende dovranno ricorrere ai licenziamenti individuali o collettivi che possano interessare anche i dirigenti.

Di seguito i testi delle due sentenze sopraccitate.

26.2.2021 tribunale di roma licenziamento dirigente

26.2.2021--tribunale-di-roma---licenziamento-dirigente.pdf

19.4.2021 tribunale di roma licenziamento dirigente

19.4.2021---tribunale-di-roma---licenziamento-dirigente.pdf

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