Il licenziamento del dirigente per ragioni di età

Breve excursus sul licenziamento per raggiungimento dei limiti di età per l’accesso al trattamento pensionistico o per mere ragioni di età

Patrizio Melpignano e 

Marco Marzani

Avvocati Studio Legale Astolfi e Associati
A partire dagli anni settanta nel rapporto di lavoro con inquadramento dirigenziale al regime legale della libera recedibilità ex art. 2118 cod. civ. si è affiancato un regime contrattuale, fondato sulla necessaria “giustificatezza” del recesso con previsione di una penale per il caso di mancato rispetto di tale requisito. In tale quadro l’art. 22 CCNL Dirigenti Industria prevede che “nel caso di risoluzione a iniziativa dell’azienda, quest’ultima è tenuta a specificarne contestualmente la motivazione” (art. 22 CCNL Dirigenti Industria), di modo che nel caso in cui le motivazioni risultino ingiustificate al dirigente è dovuta un’indennità supplementare delle spettanze di cessazione del rapporto. 

Se, dunque, il licenziamento del dirigente è soggetto al principio della libera recedibilità, con l’unico limite della corresponsione dell’indennità supplementare nel caso in cui il recesso si presenti ingiustificato, lo stesso, a prescindere dalla motivazione addotta, trova, però, un limite invalicabile nel divieto di licenziamento discriminatorio (artt. 3 Legge n. 108 dell’11/5/90 e 2 e 3, comma 1, lett. b D.Lgs. n. 216 del 9/7/03) che è nullo anche rispetto al dirigente, con previsione della ricostituzione ex tunc del rapporto. 

Tra le cause di discriminazione, oltre al credo politico, alla fede religiosa, all’appartenenza al sindacato o alla partecipazione ad attività di natura sindacale, all’etnia, alla lingua, al sesso, a eventuali handicap, alla nazionalità, all’orientamento sessuale o alle convinzioni personali, vi è l’età, di modo che ogni qualvolta si dimostri che, anche a fronte di una diversa motivazione, la ragione della scelta di quel dato lavoratore, anche se con inquadramento dirigenziale, trovi fondamento nel dato anagrafico, interviene la tutela antidiscriminatoria, con dichiarazione della nullità del licenziamento. Tale previsione va, però, coordinata con la libera facoltà di recesso (ad nutum) riconosciuta al datore di lavoro dall’art. 4 Legge n. 108 dell’1/5/90 nel caso in cui il lavoratore abbia maturato il diritto al trattamento pensionistico di vecchiaia (oggi 67 anni con 20 anni di contributi) (Cass. Civ. n. 18662 dell’8/9/20). Il principio è confermato anche dall’art. 22 CCNL Dirigenti Industria, stando al quale l’obbligo di motivazione, fonte della valutazione di giustificatezza, “non si applica[...] nel caso di risoluzione del rapporto di lavoro nei confronti del dirigente che sia in possesso dei requisiti di legge per avere diritto alla pensione di vecchiaia ordinaria”. In assenza di recesso il rapporto prosegue regolarmente con diritto dell’azienda a recedere in qualunque momento, fatto salvo il preavviso, sempre dovuto sia dal datore di lavoro che dal lavoratore (Cass. Civ., sez. Lav. n. 521 dell’11/1/19; Cass. Civ., sez. Lav. n. 2339 del 6/2/04; Cass. Civ., sez. Lav. n. 10782 del 12/8/00). 

Il diritto di recesso non opera nel caso in cui il lavoratore, maturati i requisiti per l’accesso al trattamento pensionistico di vecchiaia, abbia esercitato formalmente l’opzione per la prosecuzione dell’attività fino al compimento del settantesimo anno (art. 24, comma 4 D.L. n. 201 del 6/12/11) e tale opzione non sia stata espressamente respinta dal datore di lavoro tramite intimazione del licenziamento (Cass. Civ. Sez. Lav. n. 20458 del 2/8/18). Al raggiungimento del settantesimo anno di età, invece, anche a prescindere dall’opzione per la prosecuzione del rapporto, il lavoratore è liberamente licenziabile, salvo che non abbia ancora maturato i requisiti per l’accesso al trattamento pensionistico di vecchiaia (Civ. Sez. Lav., n. 18662 dell’8/9/20). Per il personale dirigente, a fronte del principio legale della libera recedibilità, l’obbligo di giustificatezza, a prescindere dall’opzione per la prosecuzione del rapporto, permane solo fino alla maturazione dei requisiti per l’accesso alla pensione di vecchiaia. 

Va detto, poi, che il licenziamento ad nutum a seguito del conseguimento dei requisiti per l’accesso alla pensione di vecchiaia richiede che tali requisiti siano effettivamente maturati già al momento dell’intimazione, di modo che tutte le volte in cui il licenziamento, ad esempio a fronte del computo del preavviso, intervenga prima, lo stesso risulta illegittimo rispetto al personale non dirigenziale e ingiustificato rispetto ai dirigenti. Nel caso in cui, invece, l’azienda, prima della maturazione dei requisiti per l’accesso al trattamento pensionistico di vecchiaia, intimi il licenziamento del dipendente, sia esso anche dirigente, motivandolo solo con la vicinanza al trattamento pensionistico o sia, comunque, possibile dimostrare che l’unica ragione giustificatrice del licenziamento sia data dall’età del dipendente, il licenziamento è nullo, anche rispetto al personale dirigente, per violazione della normativa in tema di discriminazione connessa all’età, con conseguente ricostituzione ex tunc del rapporto di lavoro e corresponsione di tutte le retribuzioni non percepite. A ciò non osta l’accesso, nel frattempo, del dipendente al trattamento pensionistico, fatto salvo l’obbligo di ripetizione delle prestazioni previdenziali ricevute. 
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