La prescrizione del credito del dirigente decorre dalla cessazione del rapporto di lavoro

La protezione data dalla giurisprudenza ai lavoratori che temono di poter perdere il posto di lavoro se fanno valere i propri diritti appare più che mai opportuna

Avv. Alberto Sbarra

Studio Legale Associati Sbarra Besi
Un’interessante tutela che ha il dirigente è quella della prescrizione quinquennale dei propri crediti che decorre dalla cessazione dal rapporto di lavoro.
Infatti, in generale i diritti si estinguono per prescrizione quando decorrono dieci anni dal loro sorgere, qualora non vengano esercitati dall’interessato. Nel caso in cui però si debbano ricevere delle somme in modo periodico e continuativo come la retribuzione, la prescrizione, ai sensi dell’art. 2948 cod. civ., è quinquennale.
Seguendo questa regola la prescrizione dovrebbe decorrere in costanza di rapporto di lavoro con il risultato che se il lavoratore non fa valere il proprio diritto, decorsi cinque anni perde questa possibilità di agire nei confronti del datore di lavoro per ottenere il pagamento delle somme dovute.

La giurisprudenza però da tempo ha ritenuto che per quei lavoratori la cui stabilità del rapporto di lavoro non è garantita dalla normativa vigente in materia di disciplina dei licenziamenti, la prescrizione decorra dalla cessazione del rapporto di lavoro. 
Il motivo di questo orientamento è intuitivo: i lavoratori che non sono garantiti con l’applicazione dell’art. 18 Stat. Lav. (che prevede come noto la reintegra nel posto di lavoro in caso di licenziamento illegittimo) possono essere esposti ad eventuali ritorsioni nel caso in cui facciano valere i propri diritti; da qui la regola giurisprudenziale della decorrenza della prescrizione al termine del rapporto di lavoro.
Come noto il dirigente non ha una garanzia di stabilità del posto di lavoro, in quanto quando cessa il rapporto di lavoro in caso di ingiustificatezza del licenziamento ha solo la tutela risarcitoria, oppure in caso di mancanza di “giusta causa” si aggiunge anche l’indennità sostitutiva per il mancato preavviso, ma non è prevista la sua reintegra nel posto di lavoro se non nel raro caso di licenziamento ritorsivo o discriminatorio.  
Da ciò ne consegue che la prescrizione per il dirigente decorre dalla cessazione del rapporto di lavoro e questo implica delle importanti conseguenze.
Infatti, sovente il dirigente pattuisce dei bonus o comunque una parte variabile della retribuzione legata al conseguimento di obiettivi che, se non stabilito diversamente, andranno ad incidere sul Trattamento di Fine Rapporto, così come previsto dall’art. 24 del CCNL., al termine del rapporto di lavoro.

Qualora il bonus o l’emolumento variabile non dovesse venire corrisposto in costanza di rapporto di lavoro, il dirigente non ne perderà il diritto alla corresponsione e ne potrà chiedere il saldo e l’incidenza nel TFR al termine del rapporto di lavoro.
Inoltre la parte variabile della retribuzione andrà ad incidere anche sull’indennità sostitutiva per il mancato preavviso e sulla tredicesima mensilità, voce retributiva che non è disciplinata dal CCNL, ma usualmente corrisposta al dirigente anche se l’incidenza era relativa a mensilità già maturate come diritto alla corresponsione.
Inoltre, vi sono alcune indennità come quella prevista dall’art. 10 del CCNL relativa al rimborso delle spese non documentabili per ogni periodo di trasferta superiore alle 12 ore, che se adeguatamente documentata dal dirigente, potrà essere pretesa alla cessazione del rapporto di lavoro anche se risalenti nel tempo, oltre i canonici cinque anni di prescrizione.

Altra indennità che si può pretendere alla cessazione del rapporto di lavoro ancorché decorsi i termini di prescrizione “tradizionali” è quella di trasferimento ex. art. 14 del CCNL. Infatti la norma prevede un’indennità una tantum pari a tre mensilità e mezzo di retribuzione per il dirigente con carichi di famiglia, e di due mensilità e mezzo per il dirigente senza carichi di famiglia.

Non in ultimo occorre rilevare come l’eventuale risarcimento del danno per mancata stipula delle protezioni assicurative ex. art. 12 e 15 del CCNL, potranno essere anch’esse fatte valere al termine del rapporto di lavoro ancorché il diritto sia maturato in tempi anteriori.
Anche in questi casi il dirigente può far valere il suo diritto anche se risalente a diversi anni prima dalla cessazione del rapporto di lavoro.
Ovviamente una raccomandazione è quella di conservare le buste paga e tutti i documenti, soprattutto quelli relativi alle trasferte, per documentare i propri diritti.
La protezione data dalla giurisprudenza ai lavoratori che temono di poter perdere il posto di lavoro se fanno valere i propri diritti appare più che mai opportuna, soprattutto nel caso del dirigente che con la sua posizione apicale è esposto ad eventuali reazioni del datore di lavoro nel caso in cui faccia valere i propri diritti.
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