La presenza criminale in Lombardia e Veneto
In Nord Italia - Lombardia e Veneto - si confermano aree molto appetibili per le mafie
Paola Pastorino
Consigliere ALDAI-Federmanager e Presidente Associazione Manager WhiteList
Luca Cotecchia
Associato Federmanager Treviso-Belluno e Co-Fondatore di Circular Fiber, Start-up Innovativa Mise
Analizzando le Regioni del Nord Italia si nota una sistematica e progressiva crescita di Comuni nel cui territorio insistono beni interessati da procedimenti giudiziari con relativi sequestri e confische di patrimoni illeciti.
In Lombardia nel 27% dei Comuni sono presenti beni oggetto di misure patrimoniali (più di uno su 4), la ‘ndrangheta ha ormai colonizzato un insieme di settori industriali.
Nel panorama delle regioni del Nord molto appetite dalla criminalità c’è il Veneto.
Infatti, se consideriamo il numero dei beni immobili e aziendali che nei comuni sono oggetto di sequestri e confische come un buon indicatore della penetrazione della criminalità organizzata, riscontriamo come nel Veneto circa il 14% dei comuni è coinvolto in questi fenomeni e quindi poco più di uno su 7 è interessato da procedimenti giudiziari.
Da sottolineare come il numero di nuovi Comuni interessati da beni sequestrati e confiscati alla criminalità ha avuto, ultimamente, un incremento pari al 35%. Siamo cioè partiti da 44 Comuni con beni sequestrati o confiscati che, con un incremento del 79%, sono passati a 77 (sui 563 comuni che conta il Veneto).
Queste informazioni sono indicate nella tabella sotto riportata. Si può certamente affermare che il Veneto sia una regione sulla quale porre molta attenzione…
Le mafie in regione Lombardia1
Alcune importanti inchieste degli ultimi decenni hanno permesso di ricostruire la rete strutturale dell’organizzazione della ‘ndrangheta (calabrese) in Lombardia, Regione nella quale questa organizzazione criminale gioca un ruolo predominante rispetto a Cosa Nostra (siciliana) e Camorra (campana).
Attraverso le operazioni di polizia è stato infatti possibile documentare l’esistenza e il radicamento nelle province lombarde di compagini riconducibili alla criminalità organizzata calabrese. Quest’ultima risulta attiva mediante le proprie strutture organizzative a partire da quella di coordinamento c.d. camera di controllo “la Lombardia” sovraordinata ai locali presenti nella Regione e in collegamento con la casa madre reggina. La mappa riportata successivamente è rappresentativa dei locali di ‘ndrangheta emersi nel Nord Italia nel corso degli anni in attività giudiziarie ed è emblematica della forza espansionistica delle cosche e della loro vocazione a replicare fuori delle aree di origine lo schema tipico delle organizzazioni calabresi. In totale sono emersi 46 locali di ‘ndrangheta, di cui 25 in Lombardia, 16 in Piemonte, 3 in Liguria, 1 in Veneto, 1 in Valle d’Aosta ed 1 in Trentino-Alto Adige.
Le 25 locali di ‘ndrangheta in Lombardia sono nelle province di Milano (locali di: Milano, Bollate, Bresso, Cormano, Corsico, Pioltello, Rho, Solaro e Legnano), Como (locali di: Erba, Canzo-Asso, Mariano Comense, Appiano Gentile, Senna Comasco, Fino Mornasco e Cermenate), Monza-Brianza (locali di: Monza, Desio, Seregno, Lentate sul Seveso, Limbiate), Lecco (locale di: Lecco e Calolziocorte), Brescia (locale di Lumezzane), Pavia (locale di Pavia e Voghera) e Varese (locale di Lonate Pozzolo).
La ‘ndrangheta si manifesta in Lombardia come un’organizzazione a spiccata vocazione imprenditoriale favorita dalle ingenti risorse economiche di cui dispone, derivanti dalle numerose attività illecite a cui è dedita che spaziano dal narcotraffico internazionale, all’infiltrazione negli appalti pubblici, alla gestione di impresa, alle estorsioni, al gaming e al business dei prodotti petroliferi. Le cosche calabresi sanno intercettare le opportunità offerte dai cambiamenti socioeconomici rimodulando con grande duttilità gli investimenti secondo una logica di massimizzazione dei profitti attraverso l’infezione di compagini societarie sane.
La malavita pugliese manifesta la sua presenza in Lombardia solo episodicamente e prevalentemente per reati connessi con il traffico di sostanze stupefacenti e rapine perpetrate con particolari modalità operative anche in “trasferta” dalla Puglia.
In Lombardia la Camorra è presente prevalentemente in due settori di attività: l’edilizia, attività storica di presenza nella regione, e con l’attività di ristorazione che, soprattutto nell’ultimo decennio, ha avuto un incremento esponenziale quanto a diffusione con l’apertura di molte attività, soprattutto pizzerie, nella città di Milano e nella sua provincia, nonché nelle città di Monza e provincia brianzola, e nella città di Como.
Cosa Nostra in Lombardia rispetto alle guerre di mafia si inserisce nei posti giusti per poter dialogare con le amministrazioni e crea o acquisisce attività economiche per riciclare e, al contempo, creare nuovi flussi di denaro
Accanto all’insediamento dei gruppi di criminalità organizzata tradizionale emergono quelli stranieri che risultano dediti principalmente a traffici di stupefacenti, reati predatori, immigrazione clandestina e tratta di esseri umani finalizzata allo sfruttamento della prostituzione e della manodopera.
Infatti, è consolidata la presenza di organizzazioni albanesi che risultano ben strutturate e attive nell’importazione e nella successiva vendita all’ingrosso di droghe. Analogamente si evidenzia l’operatività di gruppi maghrebini nel ciclo dello spaccio di stupefacenti. Le organizzazioni sudamericane utilizzano inoltre gli scali lombardi per l’importazione di cocaina.
Il sistema economico lombardo nel 2021 ha dimostrato ancora incertezze collegate all’emergenza sanitaria e ora alla situazione dell’Ucraina. Anche le ingenti risorse del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) si dovranno adattare e modellare su questo nuovo scenario ed è prevedibile che debbano essere fronteggiate emergenze precedentemente non previste. È di poche settimane l’erogazione della prima tranche del PNRR destinata all’Italia di 21 miliardi di €.
Attraverso il più cospicuo pacchetto di misure di stimolo all’economia sono avviati fondi europei per oltre 220 miliardi di euro, investimenti volti al rilancio delle economie dei Paesi membri. Tale straordinaria opportunità è altresì affiancata da una serie di monitoraggi e di contromisure a tutti i livelli istituzionali utili a contrastare il diffondersi di fenomeni corruttivi delle mire della criminalità organizzata che è attirata dall’imponenza di tali flussi di denaro.
Il PNRR dedica attenzione al problema richiamando l’applicazione dei protocolli di legalità, prefigurando il potenziamento della magistratura e della P.A. e rafforzando la filiera dei controlli e della tracciabilità della spesa.
Si ribadisce il rischio di infiltrazione da parte delle organizzazioni criminali mediante il tentativo di acquisizione delle commesse pubbliche ovvero con la gestione diretta o indiretta di imprese operanti in settori economici più attrattivi o maggiormente esposte al rischio di default. In particolare, ci si riferisce al comparto dei presidi medico-sanitari al quale si aggiungono i settori ecologico, immobiliare, edile, dei servizi di pulizia, tessile, turistico, della ristorazione e della vendita di prodotti alimentari, dei servizi funerari e dei trasporti, verso i quali occorre concentrare l’attenzione investigativa.
In tal senso è oramai evidente e noto il legame identitario tra i fenomeni criminali e l’economia nel Nord Italia. Questo è così forte da poter affermare che il concetto di “mafia imprenditrice” ha preso il sopravvento su qualsiasi visione di penetrazione del territorio.
Si può parlare di welfare criminale per la presenza di un parterre di utenza di enorme interesse per le mafie (famiglie in crisi, lavoratori precari, aziende in crisi) sia in un’ottica di gestione delle attività facilmente accaparrabili, sia per il reperimento di manovalanza a basso costo, ma soprattutto come potenziale bacino di voti da utilizzare in prospettiva elettorale per la penetrazione degli apparati pubblici.
Anche i prestiti a tassi di usura e il loro recupero con modalità estorsive continuano ad essere reati di non facile e immediata rilevazione in Lombardia. A renderli impercettibili è la ritrosia alla denuncia da parte delle vittime. Il reato di usura rappresenta senz’altro un investimento capitalistico per le organizzazioni mafiose in quanto il provento delle attività illecite costituisce il capitale di partenza per generare ulteriori profitti senza trascurare la possibilità di riciclaggio mediante canali legali e illegali dei capitali illecitamente accumulati.
La tendenza è la realizzazione di un prestito che viene mascherato tramite false fatturazioni emesse da società di copertura. In tal modo i ricavi vengono contabilizzati all’interno dei bilanci societari andando a costituire un patrimonio apparentemente lecito. Inoltre, con l’usura l’organizzazione mafiosa può richiedere a un imprenditore insolvente, in cambio della somma a suo debito, la cessione di quote societarie o dell’intera impresa. Si tratta di uno schema classico e collaudato che consente ai sodalizi di mettere a punto la propria strategia di espansione nel perimetro dell’economia legale.
Gli usurai vogliono direttamente l’attività commerciale che la loro vittima non riesce più a mantenere, perché per loro è un presidio sul territorio, sul quartiere, più importante del denaro. L’usura è destinata a crescere con la crisi economica, la criminalità organizzata rileverà le attività economiche a prezzi fuori mercato.
Attraverso l’analisi di operazioni di Polizia Giudiziaria, unitamente al monitoraggio operato dai Gruppi Interforze presso le Prefetture lombarde, emergono evidenti elementi rivelatori che confermano il radicamento del fenomeno mafioso nel territorio regionale.
Ne sono la riprova anche i numerosi provvedimenti interdittivi emessi dagli uffici territoriali di Governo prevalentemente riferibili a contesti di ‘ndrangheta e in misura minore di criminalità organizzata di Cosa Nostra e di Camorra.
Vi sono stati particolari settori commerciali che hanno risentito per primi e ancora più degli altri gli effetti di una crisi economica. Il riferimento è alle strutture alberghiere, e a quelle assimilabili, le quali stanno subendo un incremento sensibile dei costi di gestione, con il concreto rischio di cessione dei propri esercizi; a queste si uniscono sale bingo, autodemolizioni, pompe funebri, attività commerciali.
Non meno critico è il futuro di bar, ristoranti, pub, che, oltre ad essere coinvolti nella spirale di crisi economica e di incremento dei costi di gestione simile a quella delle strutture alberghiere, anch’essi sono da sempre oggetto di particolare “attenzione” da parte della criminalità organizzata.
Si è pertanto ritenuto necessario implementare il sistema di controlli e verifiche antimafia con modalità più stringenti e soprattutto più efficaci, attraverso l’esame di tutte le autodichiarazioni delle segnalazioni certificate di inizio attività presentate presso i Comuni, nei settori sopra citati, con le quali il richiedente dichiara l’assenza di elementi ostativi antimafia, con conseguente emissione di provvedimenti interdittivi in presenza di condizionamenti criminali.”
Presso alcune Prefetture è stato costituito un Osservatorio per monitorare e contrastare i tentativi della criminalità organizzata di incrementare illegalmente i propri profitti insinuandosi nelle pieghe delle difficoltà economiche e finanziarie. L’Osservatorio mantiene un dialogo costante con la Camera di Commercio, con le Associazioni di Categoria. L’attività di monitoraggio si è intensificata e resa più efficiente anche grazie all’utilizzo di specifiche banche dati.
Negli ultimi due anni, sono state emesse molte interdittive antimafia. Sono stati, altresì, precocemente individuati tentativi di elusione dei provvedimenti interdittivi con fittizi cambi delle compagini societarie. I provvedimenti interdittivi emessi hanno tutti retto il vaglio giudiziario sia del TAR che del Consiglio di Stato, con conferme della legittimità dei provvedimenti emessi nel 100% dei casi.
Ultima iniziativa in termini di tempo è stata la sottoscrizione, avvenuta il 13 maggio 2022, del “Protocollo d’intesa per l’adozione di iniziative congiunte a tutela della legalità e per il contrasto dell’infiltrazione mafiosa nell’economia locale”, sottoscritto dalla Prefettura di Milano, Regione Lombardia, Città Metropolitana di Milano, Comune di Milano, Camera di Commercio di Milano, Monza Brianza, Lodi, Procura di Milano, Politecnico di Milano e ANCI Lombardia. Il Protocollo intende attivare ogni utile sinergia per prevenire e contrastare i tentativi di infiltrazione della criminalità organizzata nel tessuto dell’economia legale dell’area metropolitana di Milano.
La presenza mafiosa nelle province lombarde
Dall’analisi complessiva degli esiti giudiziari e investigativi raccolti in un periodo di media ampiezza, sul territorio lombardo si possono individuare cinque aree sub-regionali ciascuna con diverse connotazioni socioeconomiche e manifestazioni di criminalità.
Area sub-regionale che coinvolge la città metropolitana di Milano e le province di Monza e Brianza e Como continuano ad essere caratterizzate dalla marcata presenza di diverse forme di criminalità organizzata, nazionale e straniera, che si manifestano attraverso attività illecite tradizionali quali estorsioni, usura, stupefacenti, sfruttamento prostituzione, armi, contraffazione, immigrazione clandestina, nonché reati fiscali, infiltrazione negli appalti, riciclaggio, reati ambientali, corruzione.
Area sub-regionale coinvolge Brescia e Bergamo che mostrano caratteristiche similari, ma con dimensioni più moderate rispetto al capoluogo di Regione e alle province già citate. Accanto ad insediamenti di gruppi di criminalità organizzata tradizionale riferibili in particolare alla ‘ndrangheta e alla camorra emerge l’operatività di gruppi stranieri, dediti principalmente a traffici di stupefacenti, reati predatori, immigrazione clandestina, tratta di esseri umani finalizzata allo sfruttamento della prostituzione e della manodopera clandestina.
Area sub-regionale le province di Mantova e Cremona che, accanto a manifestazioni di criminalità diffusa negli ultimi anni è stata conclamata da diverse sentenze la presenza attiva di propaggini della criminalità organizzata calabrese in particolare della cosca GRANDE ARACRI di Cutro (KR). Tra le condotte illecite gli indagati devono rispondere a vario titolo di associazione mafiosa, reati tributari quali l’omessa dichiarazione, occultamento o distruzione di documenti contabili e sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte. Tra gli indagati e destinatari del provvedimento di sequestro figurano anche un ex consigliere del Comune di Viadana (MN) e altri soggetti per lo più di origini calabrese residenti a Viadana e Cremona.
Area sub-regionale di Varese e Lecco, ove operano da diversi decenni sodalizi collegati alla ‘ndrangheta, i fenomeni riguardano prevalentemente i comparti illeciti degli stupefacenti, del riciclaggio, del traffico di armi, dello sfruttamento della prostituzione e in modo crescente soprattutto a opera della componente allogena non integrata di reati predatori, dell’immigrazione clandestina e di altre manifestazioni di criminalità diffusa. In particolare, nella provincia di Varese da attività investigative riprendono indagini del passato, si manifesta con particolare resilienza l’operatività della locale di ‘ndrangheta che estende la sua influenza nella provincia di Milano, propaggine della cosca di Cirò (KR).
Area sub-regionale di Pavia e Lodi, risentono sempre più della migrazione di soggetti giunti nel capoluogo negli scorsi decenni e che privilegiano città periferiche ritenute più idonee ad una gestione defilata delle proprie attività. Tuttavia, indagini condotte da organi investigativi calabresi, hanno evidenziato in provincia di Pavia la presenza di cellule criminali collegate rispettivamente alla locale di Locri (RC) e - anche in provincia di Lodi - alla cosca di Sinopoli (RC). Sotto il profilo dei reati-scopo si conferma la tendenza alla consumazione di reati di tipo tributario quali: fatture per operazioni inesistenti, false compensazioni di crediti tributari realizzati attraverso società in alcuni casi appositamente costituite. Ultimamente sono saliti alla ribalta televisiva illeciti connessi al ciclo dei rifiuti e al correlato fenomeno degli incendi in questa area geografica.
Il fenomeno mafioso nel Veneto
Il Veneto rappresenta una delle regioni italiane più ricche con infrastrutture moderne e uno sviluppo manageriale serio ed efficiente. Secondo gli ultimi dati economici, il PIL della regione nel 2021 ha visto un +6,9% rispetto alla variazione nazionale del +6,5%, risultando la regione con crescita lorda più alta. In accordo con le statistiche europee (ec.eurostat.eu) il Veneto è settima Regione dell’UE per valore aggiunto nei settori manifatturieri e industriali.
La regione è una delle più virtuose in Italia e da anni oggetto di interesse da parte della criminalità organizzata che cerca di infiltrarsi in maniera “silente” nel tessuto economico legale. La relazione semestrale della DIA illustra gli sforzi della criminalità organizzata sul territorio nel promuovere, a volte con scarsi risultati, attività illegali.
L’imprenditoria del Veneto è fatta, in prevalenza, da micro o piccole imprese con una media di 2,7 addetti (Fonte ISTAT). Questo fenomeno negli anni ha fatto da barriera alle infiltrazioni criminali in quanto aziende così piccole sono di difficile penetrazione per attività illegali.
Sono solo 150 i grandi gruppi imprenditoriali del Veneto che fatturano oltre i 5 milioni di euro netti.
Negli ultimi anni la DIA ha registrato attività di singole cellule affiliate a clan calabresi e campani per estorsioni, rapine, usura e riciclaggio. Proprio l’attività di riciclaggio è quella che ha interessato di più il fenomeno criminale mafioso con acquisti di immobili a Venezia utilizzando denaro non legale.
Questo fenomeno è ben descritto dal professor Antonio Parbonetti del Dipartimento di Scienze economiche e sociali dell’Università di Padova, autore di uno documento, presentato anche al Parlamento italiano, sulla presenza delle organizzazioni criminali di tipo mafioso con focus sul «caso Veneto».
Come possiamo notare dalle tabelle sottostanti:
- I settori di attività criminale in Veneto sono principalmente quelli di edilizia, commercio e manufatturieri.
- Attività immobiliari ed edilizia sono in % sopra la media nazionale.
- Gestione dei rifiuti rimane il settore con più investimenti in Italia,
- I ricavi della gestione rifiuti arrivano al 40% di tutti i settori commerciali coinvolti in Italia.
La Mala del Brenta e l'Osservatorio Antimafia nel Veneto
Gran parte delle vicende criminali in Veneto riguarda la famosa Mala del Brenta, cioè una mafia autoctona comandata dal boss Felice Maniero, detto Faccia d'angelo.
All’inizio degli anni ’80 si afferma nelle province di Padova e Venezia una banda criminale che spaziava dai sequestri di persona alle rapine, dal traffico di sostanze stupefacenti al traffico d'armi, dal riciclaggio di danaro agli omicidi.
Nel passare degli anni, grazie anche ad accordi con altri gruppi criminali del territorio, la Mala del Brenta spostò i suoi interessi ai sequestri di persona, al controllo delle bische clandestine e dei cambisti del Casinò di Venezia, nonché al più remunerativo traffico di sostanze stupefacenti.
Con il tempo le vicende criminali del gruppo divennero più sanguinose fino a portare all’arresto del Boss Felice Maniero nel 1993.
All’epoca la Mala del Brenta aveva connessioni politiche e con organi dello Stato. Felice Maniero era anche amico del figlio del Presidente della Croazia, Franjo Tu?man, con il quale pianificò diverse tratte per il contrabbando di armi e per il traffico di droga.
Nel 1994 Maniero decise di collaborare con la giustizia aiutando la stessa a eradicare completamente la banda e i suoi componenti in quello che fu denominato un processo a carico di 54 imputati, accusati di associazione a delinquere di stampo mafioso, traffico internazionale di droga e di una ventina di omicidi. Il primo grado del processo si concluse nel 2008 con condanne per 539 anni e 8 mesi e il riconoscimento dello stampo mafioso, confermato in appello e in cassazione.
I casi di attività criminale sono sempre stato oggetto di discussione nel territorio Veneto, ma bisogna aspettare fino al 2020 per una Commissione antimafia in Consiglio regionale (su legge regionale del 2012).
Nel febbraio del 2020 nasce il Centro di documentazione e inchiesta sulla criminalità organizzata del Veneto. Il progetto si sviluppa sul fenomeno della mafia del Brenta e sulla presenza e l’attività, nell’ultimo decennio, della criminalità organizzata nella regione.
L’Osservatorio nasce per le seguenti attività:
- raccolta ed analisi di documentazione sulla presenza delle tipologie di criminalità organizzata e mafiosa italiana e internazionale nel territorio regionale, sulle infiltrazioni nel settore della gestione dei rifiuti e sulle iniziative pubbliche e private intraprese per contrastarla;
- elaborazione e proposta al Consiglio regionale di azioni idonee a rafforzare gli interventi di prevenzione e contrasto, con particolare attenzione alle misure per la trasparenza nell’azione amministrativa.
Le ambizioni del progetto iniziale erano sicuramente molto ampie sia per la raccolta di informazioni che per le possibili proposte al Consiglio Regionale interventi a favore della legalità.
Purtroppo, il poco appoggio della politica, la poca conoscenza del fenomeno criminale e la poca coesione dei gruppi coinvolti hanno provocato il fallimento del mandato di questo importantissimo organo di sorveglianza. Nella relazione di fine legislatura dell’Osservatorio si legge in maniera esplicita: “Negazionismo, rimozioni, disattenzioni, sottovalutazioni, concezioni fuorvianti sulle manifestazioni del
fenomeno mafioso in Veneto, forme di “collaborazionismo” di imprenditori e casi apparentemente circoscritti di consenso sociale e di collusioni politiche dimostrano da tempo l’esistenza nella regione di comportamenti in controtendenza rispetto alla tradizione culturale locale più genuina. Nel Veneto, in particolare, i segnali di adeguamento a mentalità pseudo mafiose si è già registrato non solo in esponenti del mondo imprenditoriale, ma anche in settori di amministrazioni pubbliche, determinando inchieste di grande rilievo mediatico, da ultimo la complessa e lunga indagine che ha riguardato Eraclea ed alcune amministrazioni pubbliche e comunali”.
La politica regionale veneta ha bisogno di conoscenze del fenomeno per poter mettere a punto strategie adeguate essendo la sola responsabile del fallimento dell’Osservatorio. L’episodio della relazione di fine legislatura mette in evidenza una classe politica poco attenta alla necessità di compiere uno studio tecnico scientifico delle organizzazioni mafiose con particolare attenzione alle infiltrazioni ed al radicamento al Nord del fenomeno stesso.
1 Rielaborazione dei report semestrali della Direzione Investigativa Antimafia, curata dall’Associazione Manager WhiteList