Quale futuro per le criptovalute dopo il fallimento di FTX?

La crisi di FTX causerà la crisi di un intero settore?

Pasquale Antonio Ceruzzi

Componente del Gruppo Cultura e del Comitato di Redazione Dirigenti Industria
È cronaca delle scorse settimane il clamoroso rovescio di FTX, una delle maggiori società di gestione di criptoattività (tokens e valute) del mercato americano e internazionale che fa richiesta di fallimento e protezione dai creditori avvalendosi della legge americana nota come Chapter 11 bankruptcy

FTX, a dire il vero, non è la prima società a fallire in questo business delle criptovalute. Infatti, prima di essa, possiamo ricordare i casi di Three Arrow Capital, Bitgrail, Onecoin, Mt.Gox, Terra USD e altre che, come FTX, finirono per invocare il soccorso della procedura Chapter 11 dopo aver creato buchi di bilancio miliardari bruciando, in men che si dica, il risparmio di milioni di investitori in tutto il mondo. 

FTX cattura i riflettori, più di altri, perché rappresenta un case study unico, molto interessante per imprenditori specializzati in criptoattività, investitori, istituzioni finanziarie, banche centrali, politici, legislatori e governi. Inoltre, rende evidente, con cinico realismo, tutto quello che non avremmo voluto vedere e sentire a proposito delle criptovalute. E pensare che non più tardi di qualche mese fa, era FTX che si permetteva di fare il bail out (salvataggio) di società del suo stesso settore in crisi di liquidità e sull’orlo dell’insolvenza (BlockFi Inc e Voyager Digital) valutando, correttamente, quanto fosse importante da un lato spegnere sul nascere incendi che potevano diffondere dubbi sulla solidità e sull’immagine di questo settore e, dall’altro, la certezza sull’effetto “contagio” che la crisi finanziaria di una avrebbe sicuramente riverberato sulle altre (vedere gli studi in materia di Douglas Diamond e Philips Dybvig premiati con il premio Nobel all’economia per il 2022). Il caso FTX inizia martedì 8 novembre quando il mercato delle criptovalute affonda dietro la notizia che i dati di bilancio di Alameda Research sono pessimi (Alameda Research è la società di trading di FTX ed è controllata dallo stesso proprietario - Sam Bankman Fried). Gli investitori vendono cripto asset ma non sono soli. Vendono anche alcune società concorrenti di FTX tra cui Binance USD (la quarta società per dimensioni di cripto asset) che quel giorno vende 530 milioni di dollari di token FTT. 
In sostanza un giorno “tragico” di vendite sul mercato con tanto di effetto contagio che inizia a dispiegarsi vistosamente. Nei giorni seguenti le cose non migliorano perché il panico tra investitori e operatori diventa virale e si manifesta una corsa a vendere criptoattività e a recuperare i propri capitali (effetto bank run) che, ad oggi, non si è ancora arrestato. Per fornire una dimensione quantitativa della caduta di valore delle criptoattività basta considerare la seguente tabella.

Mentre, relativamente alla capitalizzazione di mercato di tutte le criptovalute, siamo passati da 2,5 trilioni di dollari a 840 miliardi (vedere figura in basso). 
La crisi di FTX determina inevitabilmente la crisi di tutte quelle società e asset che finanziariamente erano dipendenti da essa (Alameda, Serum, Solana, BlockFi, Voyager Digital, MAPS ed altre), ma questo è riduttivo perché, probabilmente, innesca la crisi di un intero settore. Infatti, Binance USD ritratta dopo pochi giorni la sua intenzione di bailing out di FTX e di altre parti correlate dopo aver meglio valutato le dimensioni del “buco di bilancio” di FTX. Sam Bankman Fried (proprietario di FTX e società/attività correlate) le tenta tutte per salvare almeno in parte le sue attività (e forse l’intero settore) chiedendo soccorso a colossi del settore finanziario quali Sequoia Capital, Apollo Global management, TPG, Saudi Arabia Public Investment Fund e Nomura senza, al momento, approdare però ad un esito accettabile. 

Ma, puntando al cuore del problema, cos’è che continua a non funzionare nel settore delle cripto-attività/valute da qualche tempo? Analizzando gli effetti più evidenti di questa crisi quali le perdite in bilancio, la crisi di liquidità, l’insolvenza di FTX (e società correlate), la perdita di ingenti somme di denaro da parte degli investitori possiamo risalire alle cause determinanti. Le perdite in bilancio sono il frutto della cattiva qualità con il quale queste società costruiscono i loro bilanci. Da una parte al passivo ci sono i soldi che depositano gli investitori (come si fa, in genere, in una banca e questa affermazione non è casuale) mentre all’attivo mettono a garanzia un paritetico valore in criptoattività. Già in questo aspetto c’è una vulnerabilità e un’assunzione di rischio inaccettabile che mette a confronto, soldi veri (la “moneta fiduciaria”, accettata da tutti, stabile nel suo valore, garantita da una banca centrale che agisce, se serve, da pagatore di ultima istanza) con monete e asset virtuali (criptovalute e token) il cui valore di mercato è estremamente volatile, non universalmente accettate e soprattutto non garantite da nessun pagatore di ultima istanza. Un azzardo insopportabile perché tutti siamo in grado di comprendere che se le passività nel giorno (x) sono, ad esempio, 10 miliardi di dollari e sono controbilanciate all’attivo da criptovalute e token a valore di mercato di 10 miliardi è molto probabile che il giorno dopo (x+1) ai 10 miliardi di passivo corrispondano 9 miliardi di attivo perché il prezzo di mercato (mark to market) delle criptoattività subisce una perdita del 10%. Questo esempio, molto vicino alla realtà, causa una perdita del patrimonio netto di 1 miliardo di dollari (passivo – attivo = patrimonio netto). Questo negativo di bilancio si chiama in gergo “buco di bilancio”.  Andando oltre, i clienti che avevano depositato i propri soldi in un cripto exchange come FTX leggono notizie allarmanti sui prezzi delle criptovalute e chiedono indietro, ancora più allarmati, i loro soldi ma, nel frattempo, queste società (FTX e Co) hanno prestato da tempo i loro soldi ad altre società per assecondare le loro iniziative imprenditoriali o hanno comprato criptovalute o token (che nel frattempo si sono deprezzate significativamente). Quindi i soldi non potranno nè rientrare nè essere restituiti ai poveri investitori che li avevano inizialmente prestati. Nel giro di poche ore si è quindi creata una crisi di liquidità che non è stata risolta da interessati operatori di mercato (società operanti nelle criptoattività, hedge fund, ecc…) e tramutata rapidamente in insolvenza della nostra società (FTX e Co) con formale richiesta di attivazione del Chapter 11 bankruptcy

Non possiamo, poi, sorvolare sulle sottrazioni personali di Sam Bankman Fried e soci, che in casi come questi non mancano mai. Abbiamo quindi individuato nella gestione di bilancio (e societaria) una delle cause determinanti di tutti gli effetti negativi che abbiamo letto sui media ma questa, da sola, non basta. Alcune società di gestione di cripto asset, al fine di salvaguardare il settore dal rischio “contagio”, ormai inevitabile, invocano la nascita di un soggetto (pubblico o privato) che abbia le funzioni di “banca centrale”, quale pagatore di ultima istanza dei crediti in sofferenza. I termini “banca centrale” e “pagatore di ultima istanza” richiamano la funzione di banca ed evidenziano un’altra delle cause che alimenta, con continuità, scandali in questo settore giustamente circondato da abbondante diffidenza. Infatti, queste società, oltre che creare e commercializzare criptoattività, agiscono come se fossero banche in quanto raccolgono risparmio (passività a breve termine) ed erogano crediti (attività a medio-lungo termine). Ma, purtroppo per loro, non basta dotarsi di un pagatore di ultima istanza (banca centrale) per risolvere gli attuali problemi del settore e fornire garanzie a chi deposita soldi. Ci vogliono anche: 

  1. Bilanci corretti, conformi e trasparenti con attivi costituiti da titoli solidi e poco volatili 
  2. Riserve aggiuntive di liquidità o di titoli a copertura di rischi non prevedibili 
  3. Regole prudenziali specifiche per evitare conflitti di interesse e sovraesposizioni tramite iniziative rischiose
  4. Manager competenti, professionali e moralmente integri
  5. Aderenza alle leggi e alle regole nazionali e a quello settore bancario (Compliance)
L’attuale composito mix di genialità imprenditoriale, innovazione tecnologica e disinvolta gestione economico-finanziaria, senza i significativi cambiamenti di cui sopra, rendono il settore molto vulnerabile e probabilmente destinato a un rapidissimo showdown.

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