L’imposta sulle successioni e donazioni

Alcuni casi frequenti

Giuseppina De Nardis

Notaio in Cinisello balsamo e Milano

Nicola Fasano 

Avvocato tributarista in Milano




A differenza delle imposte sul reddito ove l’Italia è tristemente nota per essere uno dei Paesi europei con la pressione fiscale più elevata, nell’ambito delle imposte di donazione e successione il nostro Paese, paragonato ad altri (anche a noi molto vicini come per esempio Francia o Svizzera) per certi versi può essere considerato un “paradiso fiscale”, almeno per il momento.
Tali imposte originariamente disciplinate dal D. Lgs. 346/90 (TUS), sono state abrogate a partire dal 25 ottobre 2001 (dall’art. 13, L. 18 ottobre 2001, n. 383) per poi essere reintrodotte a partire dal 3 ottobre 2006, per quanto riguarda l’imposta di successione, e dal 29 novembre 2006, per l’imposta di donazione, secondo le disposizioni del previgente d. lgs. 346/1990, solo in quanto compatibili (ai sensi dell’art. 2 co. 47-54 del D.L.  3 ottobre 2006, n. 262, convertito con modificazioni nella L. 24 novembre 2006, n. 286).
Sono oggetto di imposta i trasferimenti per causa di morte, trasferimenti per donazione, costituzioni di vincoli di destinazione e trasferimenti a titolo gratuito.
L’imposta si applica: 
  • su tutti i beni, situati in Italia e all’estero, se il defunto/donante è residente in Italia al momento della morte/donazione; 
  • sui soli beni esistenti in Italia, se il defunto/donante è residente all’estero al momento della morte/donazione.
Le imposte sono determinate da aliquote (distinte in base al rapporto di parentela o affinità tra de cuius ed erede e tra donante e donatario) fissate in misura proporzionale e applicate sul valore complessivo netto dei beni conseguiti da ciascun beneficiario.
Alcuni soggetti (coniuge, fratelli, parenti in linea retta, altri parenti e portatori di handicap) godono di una franchigia, ossia una soglia di esenzione dal pagamento dell’imposta: la parte del valore dei beni fino alla soglia non vi è soggetta, mentre scatta la tassazione su quella eccedente (per aliquote e franchigie si veda tabella del Notariato).

Il coacervo

Al fine di ridurre l’imposta, in virtù della franchigia, si potrebbe pensare di abbassare l’imponibile dividendo le attribuzioni con più donazioni sotto la soglia. Il legislatore per evitare tale distorsione, ha predisposto lo strumento del “coacervo”, per effetto del quale le franchigie applicabili sono determinate maggiorando il valore delle singole quote ereditarie/donazioni dell’importo delle donazioni fatte in precedenza a ciascun erede o donatario.
Esempio: A dona al figlio B un immobile del valore di euro 500.000 e qualche anno dopo un altro del valore di euro 600.000. 
La prima donazione sarà esente da imposta, essendo la franchigia pari a euro 1.000.000. Non così la seconda, perché sommando i due valori si supera la soglia. L’aliquota applicata (4%, in questo caso) verrà calcolata solo sull’eccedenza (100.000 euro).
In seguito B riceve in eredità un patrimonio di euro 300.000. Avendo la somma delle precedenti donazioni già superato la franchigia, l’intera eredità sarà soggetta all’imposta indipendentemente dall’essere il suo valore inferiore alla soglia.
Il valore delle donazioni sarà il valore attuale ossia quello al momento dell’apertura della successione, tenendo presente che, per i beni donati per esempio con riserva di usufrutto, che si estingue con la morte del donante, il valore deve essere riferito alla piena proprietà.
Le donazioni pregresse, pertanto, non vanno a incrementare la base imponibile, ma incidono sul calcolo della franchigia.
Sul punto, peraltro, vi è un consistente contenzioso con l’Agenzia delle Entrate in merito alle donazioni fatte nel periodo in cui l’imposta era stata abrogata in quanto, secondo l’amministrazione finanziaria, di queste ultime si dovrebbe comunque tenere conto ai fini del “coacervo” in occasione di nuove donazioni o successioni avvenute ora che tali imposte sono vigenti. La Cassazione tuttavia, con diverse sentenze (fra le più recenti cfr. ordinanza n. 22738/2020, sentenza 727/2021), ha stigmatizzato tale impostazione, concludendo per l’irrilevanza, ai fini del coacervo, delle donazioni intervenute nel periodo in cui l’imposta di donazione era stata abrogata.

Il caso delle liberalità indirette

Sotto questo profilo, preliminarmente, si deve ricordare che, sulla base della normativa civilistica, gli atti di donazione debbono essere stipulati (fatta eccezione per le donazioni di modico valore), a pena di nullità, in forma di atto pubblico.
Particolari questioni sorgono per le donazioni indirette, ovvero per gli atti di liberalità posti in essere tramite negozi o atti diversi dalla donazione. 
L’imposta sulle donazioni colpisce anche le liberalità indirette risultanti da atti soggetti a registrazione (art. 1 comma 4-bis Tus) che rientrano nell’ambito degli atti di liberalità diverse dalle donazioni, ai quali si applicano le norme sostanziali della donazione. Questo principio subisce un’importante deroga.
In particolare, le donazioni indirette sono escluse dall’applicazione dell’imposta se: 
  • collegate ad altro atto di trasferimento di un immobile o di un’azienda;
  • il collegamento tra donazione e atto di trasferimento sia dichiarato in quest’ultimo da parte del beneficiario;
  • l’atto è soggetto all’imposta di registro proporzionale o a IVA.
Frequente, per esempio, è il caso del genitore che paga il prezzo di acquisto della casa al figlio. L’esenzione si applica comunque anche se tra donante e donatario non vi è alcun vincolo di parentela o affinità.
Al di fuori delle ipotesi sopra esposte, una specifica disciplina è prevista per la tassazione delle liberalità indirette diverse da quelle contenute in atti soggetti a registrazione. Si pensi, per esempio, al bonifico fatto a titolo di liberalità dal padre al figlio: in tal caso, sotto il profilo civilistico, a pena di nullità, è necessario l’atto pubblico (sempre che non si tratti di donazione di modico valore), in assenza del quale tuttavia, sotto il profilo fiscale (sempre che non venga riqualificato, se del caso, come prestito con applicazione dell’imposta di registro nella misura del 3%) potrebbe trovare applicazione l’imposta di donazione al ricorrere di determinate condizioni. Infatti, per le liberalità indirette l'art. 56-bis del D. Lgs. 346/90 prevede (cfr. circ. 11 agosto 2015 n. 30, par. 1.2):
  • o la registrazione volontaria (con l'applicazione delle imposte con aliquote e franchigie ordinarie),
  • oppure una particolare disciplina per l'accertamento, con applicazione dell'aliquota massima oggi prevista, ovvero l'8%, e delle franchigie ordinarie se applicabili (in tal senso anche Cassazione ord. 27665/2020).
La citata norma dispone che l'accertamento di tali donazioni possa avvenire solo ove ricorrano congiuntamente le seguenti condizioni (che solitamente si verificano tipicamente in caso di accertamenti sintetici, come per es. il cosiddetto “redditometro”):
  • l'esistenza delle liberalità risulti da dichiarazioni rese dall'interessato nell'ambito di procedimenti volti all'accertamento di tributi;
  • le liberalità abbiano determinato, da sole o unitamente a quelle già effettuate nei confronti dello stesso beneficiario, un incremento patrimoniale superiore alle franchigie vigenti.

La donazione con riserva di usufrutto

Di frequente, si pensa a questo istituto per “ottimizzare” gli aspetti fiscali poiché in questa ipotesi, fermo restando una valutazione da fare caso per caso, ai fini delle imposte di donazione e successione:
  • la base imponibile è costituita dalla differenza tra il valore della piena proprietà e quella del diritto di usufrutto;
  • nessuna ulteriore imposta è dovuta al momento del cosiddetto “consolidamento” a seguito del decesso dell’usufruttuario1.
Esempio: A dona al fratello B un immobile del valore di 120.000 euro (piena proprietà), riservandosi un usufrutto del valore di euro 30.000.
Il valore della donazione è quindi di euro 90.000 e rientrando nella franchigia di 100.000 euro prevista per i fratelli, nessuna imposta sarà dovuta.
Se invece A avesse donato la piena proprietà, si sarebbe applicata l'aliquota (6%, in questo caso) su una base imponibile di 20.000 euro (120.000-100.000 di franchigia)

NOTE Tuttavia alla morte dell'usufruttuario, qualora la donazione dovesse essere considerata ai fini del coacervo, si terrà conto del valore della piena proprietà per calcolare l'imposta dovuta sugli altri beni "relitti"

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