Riflessioni sulle proposte della VI Commissione Finanze per la riforma dell’IRPEF

L’articolo sintetizza i commenti dei componenti milanesi del Gruppo di Lavoro Fiscalità sull’indagine conoscitiva della VI Commissione Permanente Finanze sulla riforma dell’imposta sul reddito delle persone fisiche ed altri aspetti del sistema tributario, pubblicata il 30 giugno 2021

Gruppo di Lavoro Equità Fiscale 

Contributi di: Pasquale Ceruzzi, Lidano De Cesari, Antonio Dentato.
Il documento conclusivo della Sesta Commissione Permanente è stato approvato il 30 giugno 2021 nella forma definitiva che dovrà essere presentata al Parlamento nelle prossime settimane. Come già commentato a proposito del Webinar del sole24ore di fine giugno il documento è estremamente importante perché identifica una serie di linee guida su cui basare il futuro del sistema fiscale italiano. 

Il documento richiama una riforma o cambiamento dell'attuale struttura dell'IRPEF e di altre imposte quali IRES, IVA, IRAP ecc....al fine di ottenere una maggiore crescita economica (del PIL) del paese. Giustamente si evidenzia che il nostro paese cresce meno di altri paesi di riferimento dell' Europa da almeno 30 anni (ben prima della realizzazione dell'Unione Monetaria). Attribuire ad una struttura di imposta il potere di determinare questa crescita è però eccessivo. Ci sono anche altri fattori che determinano la crescita produttiva di un paese quali la competitività, la produttività, i costi dell'energia, l'innovazione tecnologica, l'organizzazione del lavoro, la qualità del capitale umano e soprattutto investimenti ben calibrati in settori in grado di esprimere valore aggiunto per l'impresa e il paese. Manca nel documento ogni accenno ad una politica industriale. Quest'ultima manca da troppo tempo in quanto la politica non se ne è fatta carico. 

Il fine di una riforma del fisco sia essa parziale o integrale non può essere solo un "obiettivo di alto livello" condivisibile quanto si voglia, ma in fondo banale (la crescita economica). La si fa in generale per aumentare, diminuire o lasciare invariato il gettito dello Stato. La si può fare a fini redistribuitivi o per eliminare distorsioni palesi delle dinamiche del mercati e delle scelte di persone e imprese determinate dalla struttura e dal disegno delle imposte. Nell'indagine tutto questo rimane non esplicitato.

In tutta franchezza il documento è un po’ deludente in termini di visione, mentre l'analisi della realtà costituisce un punto di partenza per le valutazioni politiche. Una serie di commenti espressi nei dibattiti degli ultimi due anni sono stati inclusi e sono state identificate buona parte delle ragioni dell'inefficienza e dell'ingiustizia dell'attuale sistema fiscale. 

Il documento non presenta proposte normative ed operative che saranno definite a seguito del dibattito politico, che pone non pochi timori sul coraggio e i tempi nell'affrontare i temi reali dell'equità per lo sviluppo del Paese. 

Tuttavia il suggerimento di elevare a rango costituzionale alcune parti dello Statuto del contribuente appare lodevole e necessario. In particolare quelle parti che si richiamano ai principi di chiarezza, semplicità e irretroattività delle disposizioni tributarie. 

Di fatto vengono implicitamente proposti alcuni interventi di seguito commentati.

IRPEF

Riduzione nel terzo Scaglione e introduzione di un minimo esente (speriamo identico per Dipendenti, Autonomi e Piccoli Proprietari immobiliari): si tratta di misure appropriate, ma di sicuro di effetto limitato sulla principale ingiustizia del nostro sistema e cioè il caricare sui lavoratori dipendenti e pensionati (dirigenti in particolare) tutto il carico della redistribuzione delle risorse all'interno della nostra società. 

In particolare, a proposito dei pensionati, va tenuto conto che il carico dell’Irpef diventa più pesante quando vengono attuati, in aggiunta, provvedimenti riduttivi della pensione mediante forme surrettizie d’imposizione. E, pertanto, come è stato autorevolmente detto dalla Corte dei Conti, in una fase di revisione strutturale dell’Irpef non dovrebbero essere estranee anche queste forme di prelievo che nel tempo sono state applicate fuori dal perimetro dell’Irpef, ma che si sono poste come complementari ad essa. Anche perché si tratta di misure che “prevedono comunque alterazioni delle aliquote marginali di prelievo per le fasce di reddito interessate”. Peraltro applicate, il più delle volte, contemporaneamente a modifiche peggiorative del sistema perequativo delle pensioni. 

Lavoro Autonomo 

Viene proposto il mantenimento, anzi l'ulteriore perfezionamento dell'attuale regime forfettario (in pratica l'attuale flat). Viene inoltre raccomandata ulteriore facilitazione nel caso di dichiarazione dei redditi in aumento giustificata come un supporto alla crescita dimensionale delle piccole e piccolissime imprese.

Il costo del fattore produttivo del lavoro viene associato ad un'unica categoria di soggetti (le persone fisiche). Tuttavia sappiamo che tra "lavoratori dipendenti" e "partite IVA" le differenze sono significative. Le partite IVA a differenza dei lavoratori dipendenti hanno una tassazione proporzionale e la possibilità di azionare un "regime forfettario" per redditi dichiarati sotto i 65.000 €. Pagano invece per intero i cosiddetti "oneri sociali" di cui la pensione obbligatoria INPS è la parte più cospicua. Porsi come obiettivo la riduzione del costo dei fattori produttivi è importate, ma inserirla nel contesto di una riforma fiscale può essere fuorviante. Meglio chiamare le cose con il loro nome e porsi come obiettivo la riduzione del costo dei fattori produttivi riducendo in generale gli "oneri sociali" per tutti (per i dipendenti, per le partite IVA, per le imprese) semplicemente con un provvedimento governativo di riduzione del "cuneo fiscale" (non c'è bisogno di scomodare una riforma del fisco per ridurre il cuneo fiscale).

Reintroduzione dell’Imposta sul Reddito di Impresa (IRI)

Nulla da dire sul lato tecnico, ma nulla viene detto sulla congruità o meno del gettito effettivamente realizzato oggi e sul possibile obiettivo di gettito futuro.

Redditi Finanziari

Da verificare i possibili effetti della semplificazione prospettata uniformando le regole di tassazione per i redditi da capitale (remunerazione dell’impiego del risparmio, vale a dire interessi e
dividendi) e i redditi diversi di natura finanziaria (plusvalenze
derivate dalla negoziazione delle attività finanziarie, nonché i prodotti derivati). Resta il fatto che il gettito effettivamente oggi realizzato è modesto rispetto alla tassazione sul lavoro e nulla viene detto su come operare sull'enorme enorme ricchezza finanziaria oggi accumulata. Avremmo gradito un'analisi più dettagliata dell'effettiva situazione italiana con ipotesi sugli interventi possibili.

IVA

Ci saremmo aspettati più spazio al tema dell'IVA, in particolare in ordine a due problemi:
  1. rispetto agli standard europei esiste nel nostro paese un sovraccarico fiscale per lavoro dipendente e pensionati ed una tassazione inferiore per alcune tipologie di consumi: nessuna parola per un eventuale riequilibrio a favore del lavoro; 
  2. l'evasione dell'IVA, (madre di molte evasioni); non è pensabile che la digitalizzazione da sola posso bastare per una riduzione significativa dell'evasione in tempi rapidi ed è necessario un cambiamento di attitudine. 
Sottolineiamo inoltre la sostanziale mancanza di obiettivi finanziari; ci sembra questa una rinuncia alla definizione del quadro di intervento fiscale di non poco conto che lascia alla politica ogni libertà e responsabilità.

Di fatto , il documento rispecchia gli equilibri politici italiani. Ma questo rispecchiare rischia di essere la scelta di non scegliere lasciando le cose come stanno e il carico maggiore sulle spalle, ancora una volta, di dipendenti e pensionati.

Non viene inoltre menzionata la situazione del catasto italiano: nonostante sembrino esistere gli strumenti informatici necessari ad un aggiornamento (OMI/DOCFA ) non sembra però esistere alcuna volontà di intervenire su una situazione che crea privilegi per alcuni e vessazione fiscale per altri, per di più in base a criteri arbitrari. Va ricordato che una rendita catastale sbagliata possa comportare per un appartamento in affitto il pagamento di IMU equivalente al 10-15% del canone totale che, sommato all’aliquota Irpef minima ( 23% ), aggiunte imposte di registro, Tari ed eventuali addizionali locali, può tranquillamente portare la tassazione di un piccolo proprietario immobiliare a livelli del 40%, assolutamente incomprensibile è insostenibile.

In conclusione

Pare che il principio fondamentale di Einaudi cioè l'IRPEF come sommatoria di tutti i redditi e come garanzia dell'equità orizzontale del sistema fiscale italiano sia ormai dimenticato (domandiamoci se questo è ineluttabile); abbiamo invece un groviglio di norme e normette che sarà difficile sciogliere.

Manca una valutazione di impatto sugli obiettivi e i risultati che si vorrebbero ottenere dalla nuova soluzione. In poche parole quali effetti redistribuitivi determina, aumenta o diminuisce il gettito dello stato e quindi crea o non crea nuovo deficit/debito per le finanze dello stato, chi va colpire e ancora prima qual è il mercato del lavoro e la composizione del reddito che si forma dal quale far scendere una riforma del fisco? 

Nulla viene analizzato da questo punto di vista per creare quelle basi utili a definire obiettivi e risultati auspicabili da una riforma del fisco che ha anche l'onere e la responsabilità di accompagnare e di essere elemento abilitante del nostro PNRR/NEXT Generation EU.

Se il documento della VI Commissione (sintesi scaricabile cliccando il documento pdf seguente) costituisce un riferimento e un punto di partenza della realtà italiana, molto resta ancora da fare prima di giungere ad una proposta che permetta di conseguire le aspettative di equità e crescita largamente condivise.

Indagine vi commissione finanze

indagine-vi-commissione-finanze.pdf

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