Politiche fiscali: iniziative in difesa del ceto medio

La Petizione "Salviamo il ceto medio", promossa da CIDA e Federazioni associate, ha evidenziato il malessere dei lavoratori e dei pensionati del ceto medio che si sentono penalizzati da un sistema fiscale iniquo. Il Rapporto finale Censis-CIDA "Il valore del ceto medio per l’economia" approfondisce queste problematiche. Tra le raccomandazioni, il Rapporto propone una riforma fiscale urgente per incentivare investimenti, lavoro e studio; e per ridurre la pressione fiscale sulle fasce di reddito medio-alte. Si auspica che il decisore politico accolga queste istanze per rafforzare il ruolo del ceto medio nell'economia e nella vita sociale del Paese

Antonio Dentato   

Componente Sezione Pensionati Assidifer - Federmanager
La petizione Salviamo il ceto medio ha raccolto oltre 52mila firme.
Dal punto di vista numerico è stato un successo, considerando che si è trattato del primo esperimento CIDA di trasferire una mobilitazione collettiva dai luoghi fisici alla “piazza virtuale”.
 
L'obiettivo è stato quello di invertire politiche che finora hanno aggredito i redditi del ceto medio, in particolare quelli di lavoratori dipendenti e pensionati. Le numerose sottoscrizioni sono state accompagnate da commenti che rivelano la profonda frustrazione di questa componente sociale che si sente vessata da un sistema fiscale iniquo. Non più sopportabile. 

Vale la pena ricordare qualche dato: quasi la metà degli italiani (il 47%) non dichiara redditi e, quindi, non paga neppure un euro di tasse; tra quelli che, invece, le tasse le pagano c’è un esiguo 13,94%, con redditi dai 35mila euro in su, che si vede caricato del 62,52% dell’Irpef (Cfr. La Regionalizzazione del Bilancio Previdenziale italiano. Entrate contributive e fiscali e spesa pubblica per welfare, Itinerari Previdenziali, Rapporto n.7/2023). E, non possiamo tralasciare l’altra “preziosità”: chi ha un reddito superiore a 50.000 euro ne restituisce più del 50% al fisco, in applicazione dell’aliquota Irpef del 43% e degli ulteriori prelievi praticati mediante addizionali comunali e regionali. Non è finita qui: i pensionati del ceto medio, a loro volta, vedono ridursi il potere d’acquisto dei loro assegni a causa della parziale o mancata applicazione del meccanismo di adeguamento al costo della vita. 

A leggere i commenti e a volerne cogliere le voci, sentiamo che dicono: abbiamo sempre pagato tutte le imposte, abbiamo versato alti contributi, abbiamo lavorato gli anni necessari per guadagnarci la pensione secondo il patto stabilito, ora basta; non possiamo continuare ad accettare passivamente tutte queste misure penalizzanti.  

C’è un altro aspetto che emerge chiaramente dai commenti. Il ceto medio si sente tradito da politiche che sembrano voler offrire ampie possibilità di fuga agli evasori.
È palpabile l'indignazione di chi osserva evasori e manipolatori di varia estrazione sottrarsi al dovere fiscale, continuando comunque a beneficiare di vantaggi, bonus e servizi pagati da chi quel dovere lo ha sempre rispettato, sia come lavoratore che come pensionato.
 
Sono commenti che si aggiungono a messaggi e dibattiti dove è diffuso il clima di sfiducia non solo nel presente, ma, ciò che è più inquietante, anche nel futuro. Un futuro che finisce per amplificare l’elevato preesistente stress indotto dalle tante difficoltà quotidiane

Lo sottolinea con perfetta analisi e informazioni numeriche il Rapporto Censis-CIDA Il valore del ceto medio per l’economia e la società, presentato alla Camera dei Deputati il 20 maggio scorso nell’Aula dei Gruppi parlamentari. Iniziativa che ha fatto seguito alla Petizione sopra richiamata e che ha avuto come obiettivo quello di portare all’attenzione del decisore politico il malessere diffuso del ceto medio: una fetta importante della popolazione che si sente incerta, spaesata, e che “si sta assottigliando, si sta impoverendo, sta perdendo speranza” come ha detto Stefano Cuzzilla, Presidente CIDA, nella Presentazione del Rapporto appena detto.  

È importante studiare questo documento per riflettere sulle osservazioni che formula riguardo a eventi e misure che hanno penalizzato il ceto medio, e rilevare indicazioni utili per politiche che riconoscano il ruolo e la centralità sociale di questa fascia sociale. Così è, ad esempio, quando segnala il declino del tenore di vita delle famiglie di questa classe per effetto di fatti economici e carenze politiche; così è, ad esempio, quando configura “il ceto medio non come una categoria astratta o un residuo del passato ma il quotidiano sentire di una maggioranza di italiani che è tempo di tornare a supportare perché svolgono funzioni socioeconomiche e culturali decisive per il nostro Paese.”

Supportare, come? Dando riscontro alla domanda che viene dai tanti che, sottoscrivendo la Petizione, si sono espressi contro politiche che da oltre vent’anni stanno creando una sempre maggiore curvatura a danno delle famiglie del ceto medio. Su questo tema si leggono nel Rapporto le sfide cui, al presente, il ceto medio si deve confrontare. Fra queste, il sistema fiscale: per chi si sente di ceto medio e anche per la maggioranza degli italiani, dovrebbe operare come un motore che promuove talento, impegno, investimento individuale e collettivo. E, invece, opera in tutt’altro verso. 

In effetti, la questione dell’iniquità del sistema fiscale è stata più volte richiamata negli articoli apparsi in questa Rivista. Il Rapporto ora sviluppa numerosi altri aspetti: ne evidenzia le maggiori insufficienze e offre elementi di riflessione da cui muovere per domandare che sia profondamente riformato. Coglie il senso della sfida, lanciata da CIDA e dalle Federazioni aderenti, volta a modificare l’atteggiamento della politica nei confronti del ceto medio, che domanda un tangibile riconoscimento del suo rilevante contributo al rilancio del Paese. 
La petizione Salviamo il ceto medio ha raccolto oltre 52mila firme.
Dal punto di vista numerico è stato un successo, considerando che si è trattato del primo esperimento CIDA di trasferire una mobilitazione collettiva dai luoghi fisici alla “piazza virtuale”.
 
L'obiettivo è stato quello di invertire politiche che finora hanno aggredito i redditi del ceto medio, in particolare quelli di lavoratori dipendenti e pensionati. Le numerose sottoscrizioni sono state accompagnate da commenti che rivelano la profonda frustrazione di questa componente sociale che si sente vessata da un sistema fiscale iniquo. Non più sopportabile. 

Vale la pena ricordare qualche dato: quasi la metà degli italiani (il 47%) non dichiara redditi e, quindi, non paga neppure un euro di tasse; tra quelli che, invece, le tasse le pagano c’è un esiguo 13,94%, con redditi dai 35mila euro in su, che si vede caricato del 62,52% dell’Irpef (Cfr. La Regionalizzazione del Bilancio Previdenziale italiano. Entrate contributive e fiscali e spesa pubblica per welfare, Itinerari Previdenziali, Rapporto n.7/2023). E, non possiamo tralasciare l’altra “preziosità”: chi ha un reddito superiore a 50.000 euro ne restituisce più del 50% al fisco, in applicazione dell’aliquota Irpef del 43% e degli ulteriori prelievi praticati mediante addizionali comunali e regionali. Non è finita qui: i pensionati del ceto medio, a loro volta, vedono ridursi il potere d’acquisto dei loro assegni a causa della parziale o mancata applicazione del meccanismo di adeguamento al costo della vita. 

A leggere i commenti e a volerne cogliere le voci, sentiamo che dicono: abbiamo sempre pagato tutte le imposte, abbiamo versato alti contributi, abbiamo lavorato gli anni necessari per guadagnarci la pensione secondo il patto stabilito, ora basta; non possiamo continuare ad accettare passivamente tutte queste misure penalizzanti.  

C’è un altro aspetto che emerge chiaramente dai commenti. Il ceto medio si sente tradito da politiche che sembrano voler offrire ampie possibilità di fuga agli evasori.
È palpabile l'indignazione di chi osserva evasori e manipolatori di varia estrazione sottrarsi al dovere fiscale, continuando comunque a beneficiare di vantaggi, bonus e servizi pagati da chi quel dovere lo ha sempre rispettato, sia come lavoratore che come pensionato.
 
Sono commenti che si aggiungono a messaggi e dibattiti dove è diffuso il clima di sfiducia non solo nel presente, ma, ciò che è più inquietante, anche nel futuro. Un futuro che finisce per amplificare l’elevato preesistente stress indotto dalle tante difficoltà quotidiane

Lo sottolinea con perfetta analisi e informazioni numeriche il Rapporto Censis-CIDA Il valore del ceto medio per l’economia e la società, presentato alla Camera dei Deputati il 20 maggio scorso nell’Aula dei Gruppi parlamentari. Iniziativa che ha fatto seguito alla Petizione sopra richiamata e che ha avuto come obiettivo quello di portare all’attenzione del decisore politico il malessere diffuso del ceto medio: una fetta importante della popolazione che si sente incerta, spaesata, e che “si sta assottigliando, si sta impoverendo, sta perdendo speranza” come ha detto Stefano Cuzzilla, Presidente CIDA, nella Presentazione del Rapporto appena detto.  

È importante studiare questo documento per riflettere sulle osservazioni che formula riguardo a eventi e misure che hanno penalizzato il ceto medio, e rilevare indicazioni utili per politiche che riconoscano il ruolo e la centralità sociale di questa fascia sociale. Così è, ad esempio, quando segnala il declino del tenore di vita delle famiglie di questa classe per effetto di fatti economici e carenze politiche; così è, ad esempio, quando configura “il ceto medio non come una categoria astratta o un residuo del passato ma il quotidiano sentire di una maggioranza di italiani che è tempo di tornare a supportare perché svolgono funzioni socioeconomiche e culturali decisive per il nostro Paese.”

Supportare, come? Dando riscontro alla domanda che viene dai tanti che, sottoscrivendo la Petizione, si sono espressi contro politiche che da oltre vent’anni stanno creando una sempre maggiore curvatura a danno delle famiglie del ceto medio. Su questo tema si leggono nel Rapporto le sfide cui, al presente, il ceto medio si deve confrontare. Fra queste, il sistema fiscale: per chi si sente di ceto medio e anche per la maggioranza degli italiani, dovrebbe operare come un motore che promuove talento, impegno, investimento individuale e collettivo. E, invece, opera in tutt’altro verso. 

In effetti, la questione dell’iniquità del sistema fiscale è stata più volte richiamata negli articoli apparsi in questa Rivista. Il Rapporto ora sviluppa numerosi altri aspetti: ne evidenzia le maggiori insufficienze e offre elementi di riflessione da cui muovere per domandare che sia profondamente riformato. Coglie il senso della sfida, lanciata da CIDA e dalle Federazioni aderenti, volta a modificare l’atteggiamento della politica nei confronti del ceto medio, che domanda un tangibile riconoscimento del suo rilevante contributo al rilancio del Paese. 

Elementi ispiratori di un nuovo sistema fiscale


Fonte: nostra elaborazione su dati indagine Censis 2024,

Fonte: nostra elaborazione su dati indagine Censis 2024, "Il valore del ceto medio per l’economia e la società" -Rapporto finale, Censis -CIDA, 20/05/2024

Sintesi dal Rapporto citato e dalla relativa Conferenza di presentazione svolta del Presidente Stefano Cuzzilla.

  1. Sfida strutturale e strategie a lungo termine. La sfida richiede strategie orientate al lungo termine, basate sulla formazione e sulle competenze come risorse primarie.
  2. Riforma del fisco. Proposta: trasformare il fisco da ostacolo a leva che incentivi investimenti, creazione di lavoro e servizi; valorizzi impegno, studio.
  3. Non penalizzare i redditi medi. È importante che la riforma fiscale renda il sistema più semplice e non penalizzi chi ha un reddito medio, riconoscendo che con un reddito di 50mila euro non si diventa "super ricco". 
  4. Evasione fiscale. La piaga dell'evasione fiscale è la peggiore sciagura che si abbatte sulle spalle degli onesti. In nessun caso dovrebbe essere legittimata da un "fisco amico".
  5. Revisione del sistema Irpef. È urgente ridurre la pressione fiscale sulle fasce di reddito medio-alte, passando gradualmente da tre a due aliquote.
  6. Detrazioni e deduzioni. I redditi medio-alti subiscono una doppia penalizzazione: maggiori imposte e perdita di benefici fiscali. E questo significa pagare di più servizi come sanità, istruzione, ecc.
  7. Equità fiscale per tutti i lavoratori. Gli incentivi fiscali dovrebbero essere applicati a tutti i lavoratori, compresi i dirigenti, senza tetti retributivi.
  8. Protezione dei pensionati. È essenziale prevenire la povertà tra gli anziani incentivando una Silver Economy e garantendo la corretta indicizzazione delle pensioni.

Conclusione

Il sovraccarico fiscale sui redditi di quanti sentono di appartenere al ceto medio è stato denunciato e spiegato da CIDA e dalle Federazioni aderenti attraverso numerose iniziative di comunicazione. Un peso non più accettabile. 

Dalle forze politiche che hanno partecipato a quelle manifestazioni, pur con notazioni diverse, le richieste avanzate sono state condivise; e non sono mancate espressioni di particolare attenzione alla questione anche negli incontri svoltisi nelle sedi del Governo (Cfr. in questa Rivista CIDA a Palazzo Chigi). Tutte risposte, dunque, che sembrano voler prendere in buona considerazione le richieste formulate dalle nostre Rappresentanze ai fini di un’equa riforma fiscale che dia risposte anche alle aspettative del ceto medio.

Quando?  Chiare e precise le parole del  Presidente di CIDA:  "Proprio ora che la riforma fiscale sta procedendo, che si stanno definendo le normative di attuazione, è importante non perdere di vista l’obiettivo di semplificare e non penalizzare i redditi medi: chi guadagna dai 50mila euro in su non è 'un super ricco', anche se viene tassato come se lo fosse. Viene tassato al pari di quanto altri Paesi stabiliscono per chi dichiara redditi superiori ai 200mila euro. E continua a pagare per la pletora di evasori che […] rappresentano la vera piaga del nostro sistema. Oltre 90, 100 miliardi all’anno di evasione fiscale e contributiva che gridano vendetta. E che nessun 'fisco amico' dovrebbe mai legittimare.
.
La prima fase della riforma fiscale è già iniziata, con l'approvazione dei decreti d’attuazione emanati tra dicembre 2023 e il 2024. Con i prossimi auspichiamo che sia alleggerito anche il non più sostenibile carico fiscale che pesa sul ceto medio. Promesse. Attesa
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