“Adottiamo” un manager

Il manager rappresenta una risorsa utile non solo all'impresa, ma anche alla società civile generando valore e lavoro. Abbiamo bisogno di iniziative innovative per evitare lo sperpero di competenze manageriali.

Pietro Varvello  

Executive Coach e consulente di carriera
Capita quasi tutti giorni di incontrare un manager (e non solo) che sta cercando un nuovo lavoro. Viene voglia istintivamente di aiutarlo e di condividere inizialmente almeno la parte emotiva di questa situazione. Se si decide poi di passare a quella razionale, allora si raccolgono informazioni sulle sue principali esperienze, le competenze, la capacità di gestire le risorse umane, ecc. e si costruisce una mappatura delle sue capacità di risolvere problemi di altre aziende. Capiamo allora che si tratta di una risorsa spendibile sul mercato del lavoro e utile per quelle aziende che desiderano sia coprire una funzione specifica, ma soprattutto arricchire i loro processi aziendali di nuove metodologie e procedure che il manager può portare in dote grazie alla sua esperienza e professionalità. 
Ma il mercato del lavoro, di fronte ad un candidato la cui data di nascita è antecedente il 1970 sembra perdere rapidamente interesse. Infatti pur avendo la necessità di nuovi collaboratori di qualità, le aziende in questo momento sono restie ad introdurre queste figure percepite come “ingombranti” o magari anche “obsolete” nel capire e gestire i nuovi mercati (soprattutto quelli a forte caratterizzazione digitale).

Allora perché non adottarli?

L’attuale mercato del lavoro deve essere rapidamente sbloccato e dobbiamo essere in grado di progettare nuove soluzioni che avvicinino domanda e offerta, creando nuove formule di interinato manageriale. Le aziende target sarebbero prevalentemente quelle di medie dimensioni, ma anche nuove realtà in start-up che richiedono professionisti di esperienza, aziende aperte all’estero che hanno un gran bisogno di acquisire nuove competenze per rilanciare la loro competitività, sia nella gestione commerciale sia in quella produttiva.
Questa adozione sarebbe limitata nel tempo, finalizzata a risolvere inizialmente un problema specifico, ma anche a “conoscersi” e per creare le basi per un rapporto win-win di lungo termine. Con l’adozione, il manager trascorre un periodo non eccessivamente lungo ma sufficiente per capire la realtà aziendale (sei mesi?) in cui dare il suo contributo per risolvere un problema/progetto (magari specialistico) che l’imprenditore/l’azienda vuole affrontare da tempo e di cui non dispone le competenze.
Alla fine di questo periodo, l’azienda, sulla base dei risultati conseguiti avrà la facoltà/possibilità di rinnovare il contratto, magari per un periodo più lungo, oppure mettere le basi per un rapporto di lavoro più strutturato.
Perché le società interinali non possono farsi carico di ingegnerizzare questo progetto? Perché Confindustria e Api non patrocinano questa “adozione” identificando i “bisogni” dei loro associati? Perché le Associazioni dei manager non iniziano a “mappare” le competenze dei loro iscritti? Perché in questo Paese nessuno fa nulla di concreto per questo problema!
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