Gas e luce? Si, ci dica…
Usciamo dalla “maggior tutela” nel buio. Mai operazione fu più controversa per gli utenti
Giuseppe Colombi
Consigliere ALDAI-Federmanager e componente del Comitato di redazione Dirigenti Industria
Il titolo di queste noterelle si richiama a una fortunata trasmissione di una radio milanese molto seguita, che in anni ormai lontani si sforzava di supportare un’utenza spesso smarrita nelle complicazioni delle bollette.
Bollette scritte in cirillico?
Anche oggi, chiunque, con pazienza e buona volontà, si avvicini alla lettura consapevole delle bollette relative alle nostre utenze di gas ed energia elettrica, si trova di fronte a un manicomio.
Non c’è laurea specialistica che tenga, non c’è attenzione e propensione alla lettura consapevole: venirne a capo è impossibile, e da questo punto di vista persino l’agenzia Arera, che sovraintende alla partita con azioni sempre necessarie e talvolta benemerite, lei stessa, prima vittima della complicazione introdotta magari per supposte esigenze di “trasparenza”, ha fallito il suo compito di “alfabetizzazione” dell’utenza.
Arera si è quantomeno piegata ad avallare un sistema tanto bizantino da risultare del tutto improponibile e incomprensibile, ma si potrebbe anche pensare, vista la sua reticenza, che ne sia corresponsabile.
Sembrerebbe invece facile: una bolletta dovrebbe dire al suo destinatario: “Nel periodo tu hai consumato X unità (siano esse Kwh di elettricità o metri cubi di gas), il costo unitario dell’unità è Y e le spese fisse della tua utenza per il periodo valgono Z. Quindi X per Y più Z è la somma che tu devi pagare”. Nel caso dell’elettricità si aggiunge poi, in alcuni casi, l’eventuale rata del canone TV.
Tutto semplice e immediato, ma troppo bello per essere vero, basta fare la prova.
La tariffa può essere differenziata per orario (e questo ci può stare), per area geografica, e oggi per fornitore, dato che queste sono le gioie del “libero mercato”. Ma è sulle spese fisse che succede di tutto…
Il risultato è che il costo finale del consumo è ottenuto da moltiplicazioni e addizioni di numeri con almeno 6 decimali diversi per area geografica, coefficienti, balzelli fissi, percentuali di tassazione e altre amenità che rendono del tutto incomprensibile il cammino verso il numero conclusivo addebitato.
Fine del regime di “maggior tutela”
Da molti anni ormai, anche quando questo non era ancora vero, la stampa ha informato insistentemente l’utenza che “il regime tutelato sta per finire”, e che dunque ciascuno si sarebbe dovuto orientare a scegliere un fornitore sul libero mercato. Chi scrive queste note sospetta che gli estensori di quegli articoli giudiziosi non abbiano avuto in genere né l’autonomia né la competenza necessarie a valutare la bontà dei loro suggerimenti.
A titolo esemplificativo, riportando un’esperienza personale, si può affermare che un contratto milanese di elettricità standard (3 KW di potenza) in regime di maggior tutela per un consumo annuo attorno ai 3000 KWh, per molti anni prima del 2022 totalizzava un costo di 500-700 euro annui, con un peso unitario “finito” del Kwh di 18-25 centesimi, salito a circa 50 centesimi nel 2022 e tornato a 37 centesimi nel 2023.
Quanto al metro cubo di gas, per molti anni il parametro di riferimento era quello di un prezzo finito, inclusivo di tutto, attorno all’euro. In questo ambito si può pensare che alcune aziende abbiano davvero esagerato con le spese fisse, per cui con consumi bassi (ad esempio per solo uso di cucina) il prezzo unitario perde di senso, in modo del tutto incontrollato/incontrollabile.
Ricordiamo che l’attuale prezzo all’ingrosso del Kwh non supera i 10-12 centesimi e quello del metro cubo di gas si aggira sui 40 centesimi, tasse comprese. Ognuno potrà farsi un’idea dei ricarichi che trova in bolletta, ma quanti si sono mai davvero informati su questi valori di riferimento?
Un diluvio telefonico inarrestabile
Per di più, specialmente nell’ultimo triennio, se si deve tenere conto dell’assalto di telefonate non richieste e spesso addirittura fraudolente volte a indurre la modifica dei contratti in essere a cui siamo stati tutti sottoposti, non si può pensare che questo sia avvenuto per offrire vantaggi agli utenti. O pensiamo di ricevere telefonate per pura disinteressata beneficenza?
Al contrario, è ragionevole sospettare che si tratti di azioni volte a conquistare contratti più onerosi ai danni degli utenti meno preparati.
Nel frattempo, i contratti “di maggior tutela” nel caso del gas sono scaduti, e volgono al termine anche per l’elettricità.
Tutti nelle gioie del libero mercato?
Qual è il risultato? Ecco che cosa scrive all’inizio di gennaio 2024 l’Ageei, Agenzia di stampa sull'energia e le infrastrutture:
“A Roma, per il gas, ci sono appena 3 offerte del mercato libero più convenienti sia della PLACET che della vulnerabilità su un totale di 458 offerte, lo 0,66%. Anche a Milano sono solo 3 su 479 offerte, appena lo 0,63%”.
Dunque il passaggio al “libero mercato” si configura essenzialmente come un’operazione di aggravio ingiustificato nei confronti dell’utenza, come lo è il contemporaneo ritorno dall’Iva agevolata all’Iva standard al 22% sulle bollette.
Quello che Arera non dice con chiarezza, forse per timidezza, è che le offerte Placet, ovvero quelle a cui, in mancanza di scelte diverse, sono indirizzati gli utenti che erano ancora in regime di maggior tutela e non hanno fatto nulla per cambiare, rimangono le meno “pericolose”. La “vulnerabilità” si riferisce invece a categorie protette quali gli “over 75” o i redditi più bassi che, guarda caso, rimangono in “maggior tutela”.
Insomma, se l’obiettivo del mercato libero era quello di ridurre i costi per effetto della concorrenza, la prosecuzione del mercato tutelato solo per gli utenti disagiati sembra dimostrare il contrario: il mercato libero si è trasformato in un maggior costo che pesa in particolare sul solito ceto medio, che vulnerabile non viene considerato.
Se prima c’era il sospetto che le bollette fossero care, almeno erano uguali per tutti, mentre adesso c’è il timore, se non la certezza, di essere fra i più “gabbati”.
Per inciso, in anni lontani le tariffe nazionali erano differenziate per livelli di consumo: il cliente “risparmioso” godeva di un incentivo alla riduzione dei consumi. Invece questo si è totalmente perso oggi, proprio quando le crescenti preoccupazioni ambientali più dovrebbero penalizzare gli sprechi di energia. Si è detto che la fine della condizione di “maggior tutela” fosse dovuta alla solita Europa di Bruxelles, in cambio dell’attivazione dei finanziamenti PNRR. C’è da rimanere perplessi: che l’Europa, a partire dal diametro delle vongole, sia spesso chiamata in causa per una certa propensione a regolazioni demenziali è un fatto, ma in questo caso si tratterebbe di pregiudicare la tutela degli utenti. Possibile?
La conclusione almeno provvisoria e una modesta proposta
Che fare? Verrebbe da azzardare una conclusione: “Quieta non movere” ovvero più volgarmente, “Lascia stare il can che dorme”.
Non fare nulla non espone a rischi particolari, è una scelta prudenziale sempre modificabile, ma in condizioni diverse da quelle attuali di grande pressione esercitata sull’utenza, per motivi più o meno inconfessabili.
Appare certa una cosa: a fronte di possibili aggravi a volte addirittura inconcepibili nascosti in certe tariffe “di mercato”, c’è dall’altra parte una remota possibilità di migliorare la spesa, ma solo di pochi spiccioli.
Una sensazione finale: la generale scarsa preparazione tecnica dei parlamentari (in maggioranza giuristi più familiari con le affabulazioni che con i computi) ha lasciato praterie aperte al galoppo dei molti predoni, ansiosi di azzannare un’utenza graziosamente resa disponibile sulla base del solito slogan: “Così vuole l’Europa”.
E forse non è nemmeno vero: se non fosse l’Europa a muovere i predoni, ma altre connivenze, che non necessariamente devono essere cercate fuori dai patri confini?
Per essere positivi, potremmo lanciare l’idea di ottenere piena trasparenza rovesciando l’approccio: e se un gruppo di volonterosi in Aldai formulasse una richiesta d’offerta basata sui prezzi variabili all’ingrosso di luce e gas a tariffa monoraria, costi di vettoriamento per unità consumata, tasse, costo fisso annuo di contatore e altre spese, margine di profitto riconosciuto al fornitore, condizioni fisse (solo le condizioni) per un quinquennio, potremmo riuscire a dipanare la matassa?