Lettera a una RSA mai nata
I manager hanno la responsabilità di svolgere un ruolo propositivo nelle imprese e nella società. Esiterà una rappresentanza in grado di assumere un ruolo autorevole nei riguardi dei colleghi ed essere credibile nei rapporti con i vertici aziendali ?
Luciano Ferrante
Già Presidente Federmanager Varese
Per tanti anni ho rappresentato i dirigenti della mia azienda, poi di tutte le aziende del Gruppo, finalmente anche di tutto l’Ente di Gestione, in cui l’azienda, in cui svolgevo la mia attività, era sicuramente la punta di diamante: eravamo nell’epoca delle Partecipazioni Statali, in cui i partiti della cosiddetta prima repubblica si spartivano le posizioni di vertice e demandavano alle stesse il tracciare le politiche industriali (puntualmente riviste e corrette a ogni elezione, cambio di coalizione governativa). Poi è venuto il tempo dello smantellamento degli Enti di Gestione, delle privatizzazioni anche con operazioni “spezzatino” e …. Questa è la storia del Sistema Industriale Italiano, di cui tutti si sono dimenticati, anche perché quei tempi sono stati attraversati da periodi sociali complessi e turbolenti, spesso sanguinosi. Da allora, nessun Governo e le relative Istituzioni si sono più impegnate a tracciare una pur semplice Politica Industriale, che permettesse di indirizzare cosa salvaguardare, cosa sviluppare, cosa abbandonare: eravamo i “cinesi d’Europa”, basando la nostra competitività sulla possibilità di svalutare la nostra liretta (e aumentando il debito pubblico: i nostri vecchi la definivano “la politica dell’allegra finanza”). Abbiamo, però, continuato a crescere, sviluppare le nostre PMI, al grido di “piccolo è bello”, costituendo così la spina dorsale del sistema industriale, lasciando all’imprenditoria, senza grande supporto, il gravoso compito di mantenere la competitività del nostro sistema industriale e, per fortuna, che la creatività e la genialità non hanno mai abbandonato i nostri industriali.
Ma cosa ha a che fare tutto ciò, brevemente descritto, con il compito di una rappresentanza dei dirigenti? Allora, come rappresentanti del corpo dirigenziale (con il superato acronimo, di derivazione dallo Statuto dei Lavoratori), vista la variabilità dei vertici aziendali e forti del nostro ruolo di depositari della cultura aziendale, sognavamo di rispondere dei risultati aziendali, attraverso la condivisione o, almeno, la consapevolezza delle strategie aziendali (oggi, verrebbero chiamati “Vision” e “Mission”) e accettando la misurazione dei risultati raggiunti come singoli e come team. Non avendo avuto grandi possibilità di realizzare i nostri sogni, le Rappresentanze hanno ripiegato, poi, verso posizioni di mantenimento, salvaguardia di garanzie, spesso di garantismi.
Attualmente, siamo in piena quarta rivoluzione industriale, anche se il nostro sistema deve ancora, mediamente, affrontare la terza, con l’aggravante che lo dobbiamo fare in regime di globalizzazione (e, quindi, di elevata competitività) e con il depauperamento delle competenze manageriali a causa della lunga crisi economica, che ha colpito pesantemente il tessuto industriale.
Se questo è il quadro, come faremo a venirne fuori? Prima di tutto, sono certo che vinceremo la sfida, perché noi Italiani sappiamo affrontare e superare le sfide impossibili e perché il nostro management è preparato e rinforzato dagli anni della lunga crisi economica. Ma …
Dobbiamo rimetterci in gioco, abbandonare la difesa di posizioni consolidate e di comodo (non possiamo combattere una guerra di posizione, ma accettare la guerra di movimento: storicamente, è dimostrato che fa meno vittime!). Le rappresentanze del corpo dirigenziale debbono ritornare nella difesa, valorizzazione della cultura aziendale, sensibilizzare ognuno e tutti che, senza un’adeguata formazione continua, sarà sempre più difficile non cullarsi dei successi raggiunti e difendere posizioni consolidate, ma debbono accettare nuove sfide, essere ognuno leader nel proprio settore, facendo squadra con i colleghi (significa comprendere le necessità e le difficoltà del sistema azienda nella propria complessione): sembra facile, ma chi vuol assumersi l’onore e l’onere di rappresentare il corpo dirigenziale deve essere autorevole nei riguardi dei colleghi e credibile nei rapporti con i vertici aziendali: in fondo e in sintesi, la dirigenza ha l’onere di raggiungere gli obiettivi fissati e accettati, essendo camera di compensazione fra breve e medio termine, fra obiettivi aziendali e bisogni dei singoli collaboratori.
Esisterà mai una rappresentanza di tale spessore? Basta rimettere al centro la persona e sensibilizzare ognuno a interpretare il proprio ruolo con approccio innovativo, creativo, pronto a rimettersi in discussione ogni giorno e con spirito di squadra.
Altrimenti? Semplice: questa rimarrà una Lettera a una Rappresentanza mai nata!