Manager nell’era della Digital Transformation
Un dovere preciso, riavviare il Paese connettendo competenza e impresa. Alziamoci in piedi.
Associato ALDAI-Federmanager, Innovation Manager Certificato e Business Development Manager per YOURgroup
Manager in un Paese con troppe disattenzioni, non è semplice. Dalla old economy ci trasciniamo un cuneo fiscale che nessun Governo sembra prendere sul serio, e giochiamo la nostra partita nel digitale con molte ipoteche sul futuro. La Cina spende 7 mld € l’anno nell’artificial intelligence, gli Stati Uniti 4, la Germania 600 mln, noi 70. È chiaro che se non alziamo la palla, non la colpiremo mai. E scopriamo di essere 24esimi su 28 nell’indice del progresso digitale dell’Unione Europea, il Digital Economy and Society Index (DESI). Notizia che non ha creato shock né ai nostri politici, né a gran parte dei nostri giornalisti.
E allora c’è un ruolo anche sociale e istituzionale di chi è portatore di competenze per la crescita, lo sviluppo e l’impiego. Il nostro dovere di manager è innanzi tutto di presidiare, aggiornare ed espandere le nostre competenze e di metterle in gioco. Perché questa stelletta brilli ad ogni giorno e ad ogni tavolo. Visionario il Presidente Stefano Cuzzilla, che ha dato impulso, col Direttore Mario Cardoni, al percorso di certificazione per Innovation Manager sulle nuove competenze Industry 4.0, connettendolo a Confindustria, realizzato in modo esemplare dalla struttura della nostra Academy, grazie a Fabio Mioni e al suo team. Riproposto e rinnovato quest’anno è la straordinaria occasione per contribuire all’industria e alla società. Sostenuto dalla misura del voucher, in decreto attuativo.
Ci siamo alzati in piedi all’assemblea nazionale di Federmanager a Roma il 10 maggio, quando Cuzzilla ha fatto suonare l’Inno Nazionale, alla presenza di Vincenzo Boccia. Ma credo che dobbiamo alzarci in piedi di nuovo e forse ogni giorno. I media devono focalizzarsi sui contenuti della crescita, non sul Bartali e Coppi governativo. E l’Esecutivo deve emettere i decreti attuativi, e ridurre le distanze dagli altri Paesi per debito, investimento, efficienza.
Il ruolo dell’Innovation Manager è fortemente sociale. Aiutare l’impresa a scegliere il giusto mix di business e tecnologia. Peter Sondergaard dice che non esiste più confine tra queste due parole. Una volta esisteva il padrone, che sapeva fare tutto in fabbrica, sostituendosi ai suoi operai e conoscendone il lavoro. In tempi di Digital Transformation bisogna tornare a rimboccarsi le maniche, ma questa volta nel digitale. Occorre un nuovo approccio che mescoli orizzontalità e verticalità. Non possiamo parlare di artificial intelligence senza saper scrivere una riga di coding. Non possiamo essere manager senza essere almeno un po’ Innovation Manager. Non possiamo essere Innovation Manager senza saper metter le mani su ciò che produce Digital Transformation, su ciò che porta valore oggi e lo porterà nei prossimi anni. A Vittorio Colao durante un incontro della Harvard Business School è stato chiesto quale fosse il suo primo intendimento dopo Vodafone, e la risposta è stata “fare un corso di Machine Learning”. Non si studia solo per crearsi una categoria dell’io, ma anche per darsi un futuro professionale e dare una direzione al Paese. Ci vuole anche un modello diverso di formazione, che contamini management e tecnologia, hard skill e soft skill. Sicuramente a macchia di leopardo perché tutto non è possibile, ma il mestiere è diventato sempre più quello di unire i puntini, più che di tirare linee.
E questo pensiero è rivolto sia agli inoccupati, sia agli occupati. Perché il rischio oggi è di maturare obsolescenza proprio mentre si lavora. Sembra un paradosso il fatto che proprio nelle telecomunicazioni assistiamo a compressione di marginalità ed esuberi, quindi nessuno è garantito, ma tutti devono presidiare e aggiornare la propria professionalità attraverso formazione a vari livelli e networking.
L’Innovation Manager aiuta le aziende a ridefinire la propria business proposition all’interno dei pattern tecnologici. Può farlo utilizzando dei metodi di assessment, ce ne sono diversi, oppure partendo dal problema posto dall’imprenditore, magari in uno scarto continuo tra particolare ed universale. Il passaggio successivo è sulle scelte tecnologiche, tra i diversi standard, punti di maturazione delle tecnologie e tra i diversi fornitori. È fondamentale avere una mappa delle tecnologie in essere, per essere abilitatore tecnologico dell’Industry 4.0 e della Digital Transformation e incrociarlo con filiera e dimensione dell’azienda. E su quella intervenire in termini di profondità del servizio, dalla strategia alla messa a terra, al set up, alla formazione. Attraverso risorse proprie o partner di ecosistema.
L’Innovation Manager favorisce l’open innovation, ovvero il contatto tra azienda e vendor, non solo grandi e qualificati, ma anche PMI e start up, il cui valore può essere quello di rappresentare la tessera del mosaico mancante. Molte start up nascono nel B2B oggi, riempiendo spazi di mercato nei processi delle multinazionali, ovviamente nell’high-tech. AppForGood ad esempio fornisce soluzioni IOT per i progetti ad hoc di Samsung rivolti alla clientela industriale. Pikkart ha registrato brevetti che uniscono Artificial Intelligence e Augmented Reality e lavora per grandi marchi tra cui Generali, IBM, Ferretti. Argo Vision crea soluzioni di parcheggi intelligenti attraverso Artificial Intelligence e negozi in realtà virtuale con esperienze immersive. Sono alcune tra le aziende che sto aiutando a crescere, creando business model che si possano innestare tra livello Enterprise e un Paese che ha bisogno di svolte. Sono realtà alla costante ricerca del talento per i propri dipendenti.
L’Innovation Manager non si ferma al business e alla tecnologia, ma favorisce il cambiamento attraverso strumenti di finanza agevolata, che ne generano le risorse, change management organizzativo, ovviamente in proprio o giovandosi di specialisti, a seconda anche della sua estrazione. Si può infatti essere Innovation Manager di estrazione commerciale, organizzativa, amministrativa o tecnica, ciò che conta è fornire al cliente un inquadramento equidistante dalle soluzioni e saperlo accompagnare, giovandosi poi dei contributi del proprio ecosistema. Se il Paese ha bisogno di cambiamento, vuol dire che ci sono tutte le opportunità per fare un buon lavoro.