Crepe nel sistema. La frantumazione dell'economia globale
L’ultima opera di un gentiluomo delle Istituzioni. Come ho anticipato all’amico Franco Del Vecchio, non avrei mai immaginato di dover recensire l’ultimo libro divulgativo dallo stile asciutto e rigoroso di Fabrizio Saccomanni, maestro e non solo di economia, all’indomani della sua improvvisa e prematura scomparsa in punta di piedi nel momento dell’annunciata preagonica crisi di governo.
Gianni Fossati
Recensione del libro di Fabrizio Saccomanni
Disponibile online e nelle migliori librerie
Pagine 208
Prezzo 19,00 € – e-book 13,99 €
L’avevo incontrato alla Fondazione del Corriere della Sera in occasione della presentazione del suo libro “Crepe nel sistema. La frantumazione dell’economia globale” ( Il Mulino - Saggi) che mi donò con una dedica sin troppo generosa.
In quella circostanza era amareggiato per essere considerato da taluni, con malcelata insofferenza, in quanto appartenente ad una “élite di economisti e di civil servant”: status indigesto alle formazioni sovraniste e populiste con leader che stanno sempre sul palcoscenico e ci stanno sempre più da soli, insofferenti alle domande scomode.
Eppure, Saccomanni, Direttore Generale della Banca d’Italia, Ministro dell’Economia e delle Finanze, per alcuni anni al Fondo Monetario Internazionale, banchiere centrale, docente alla LUISS di Roma, alla London School of Economics e alla Paris School of International Affairs, ha sempre avuto alto il senso dello Stato come intellettuale e uomo delle Istituzioni.
Di più, aveva sottolineato con il rigore dell’economista lo scontro egemonico tra Stati Uniti e Cina che avrebbe coinvolto l’Europa di fronte al progressivo venir meno della cooperazione multilaterale. L’eredità della crisi del 2008, scrive, è stata pesante: crescita inadeguata, disoccupazione, disuguaglianze nella distribuzione dei redditi, crollo degli investimenti pubblici. Le contromisure adottate dai governi sono state nel complesso inefficaci. Si è evitata l’implosione del sistema finanziario, ma si sono sottovalutate sia la natura strutturale della crisi, sia le gravi conseguenze sociali e politiche che essa avrebbe provocato.
Si sono date risposte tardive, parziali, non coordinate a livello internazionale, mentre si è aperta la strada al protezionismo commerciale e finanziario svilendo il ruolo e le funzioni delle istituzioni della cooperazione multilaterale. Con le incertezze generate dalle politiche nazionalistiche della nuova amministrazione americana, dall’attivismo internazionale della Cina. Dalle divergenze in seno all’Unione Europea, il rischio di frammentazione del sistema economico globale non è mai stato così elevato.
In questo scenario, che ruolo avrà l’Italia? Rischierà la marginalizzazione? Eppure, il nostro Paese è sempre stato con proposte al tavolo delle decisioni e nel 2021 toccherà a noi presiedere e ospitare il G20. Una cosa è certa, ci mancherà ulteriormente il contributo del “banchiere gentiluomo”.
In quella circostanza era amareggiato per essere considerato da taluni, con malcelata insofferenza, in quanto appartenente ad una “élite di economisti e di civil servant”: status indigesto alle formazioni sovraniste e populiste con leader che stanno sempre sul palcoscenico e ci stanno sempre più da soli, insofferenti alle domande scomode.
Eppure, Saccomanni, Direttore Generale della Banca d’Italia, Ministro dell’Economia e delle Finanze, per alcuni anni al Fondo Monetario Internazionale, banchiere centrale, docente alla LUISS di Roma, alla London School of Economics e alla Paris School of International Affairs, ha sempre avuto alto il senso dello Stato come intellettuale e uomo delle Istituzioni.
Di più, aveva sottolineato con il rigore dell’economista lo scontro egemonico tra Stati Uniti e Cina che avrebbe coinvolto l’Europa di fronte al progressivo venir meno della cooperazione multilaterale. L’eredità della crisi del 2008, scrive, è stata pesante: crescita inadeguata, disoccupazione, disuguaglianze nella distribuzione dei redditi, crollo degli investimenti pubblici. Le contromisure adottate dai governi sono state nel complesso inefficaci. Si è evitata l’implosione del sistema finanziario, ma si sono sottovalutate sia la natura strutturale della crisi, sia le gravi conseguenze sociali e politiche che essa avrebbe provocato.
Si sono date risposte tardive, parziali, non coordinate a livello internazionale, mentre si è aperta la strada al protezionismo commerciale e finanziario svilendo il ruolo e le funzioni delle istituzioni della cooperazione multilaterale. Con le incertezze generate dalle politiche nazionalistiche della nuova amministrazione americana, dall’attivismo internazionale della Cina. Dalle divergenze in seno all’Unione Europea, il rischio di frammentazione del sistema economico globale non è mai stato così elevato.
In questo scenario, che ruolo avrà l’Italia? Rischierà la marginalizzazione? Eppure, il nostro Paese è sempre stato con proposte al tavolo delle decisioni e nel 2021 toccherà a noi presiedere e ospitare il G20. Una cosa è certa, ci mancherà ulteriormente il contributo del “banchiere gentiluomo”.
01 dicembre 2019