Se ne ride chi abita i cieli
L’Abate e il Manager: lezioni di leadership fra le mura di un monastero. Riflessioni sul "leader" che si lascia interpellare per essere manager fuori e monaco dentro.
Giornalista addetto stampa Federmanager Bergamo
Recensione del libro "Se ne ride chi abita i cieli" di Monsignor Giulio Dellavite
Edizioni Mondadori Gennaio 2019
Disponibile on-line e nelle migliori librerie
Pagine 232 - euro 18,00
Le 9 di sera di un nebbiosissimo venerdì di febbraio. Un'auto sportiva, ultimo modello, sta percorrendo una sperduta stradina di campagna nella "Bassa lombarda", tra i fiumi Oglio e Adda. Improvvisamente, la vettura si guasta. E, come se non bastasse, nemmeno navigatore e smartphone funzionano più.
Ma… Parrebbe l’incipit del più classico thriller. Invece, è solo il prologo di un viaggio immaginario, durato meno di 24 ore, destinato però a durare il resto delle vite dei due principali protagonisti: Giorgio - giovane manager di una grande Compagnia, esperto di ‘problem solving’ oltre che di business development - incidentalmente finito in un ambiente lontano anni luce dal suo mondo quotidiano; e dom Ettore, l’abate di mezz’età che, con un manipolo di monaci benedettini, condivide una vita d’altri tempi.
Se il titolo del libro viene richiamato ripetutamente, già a cominciare dalle prime righe, per l'autentica spiegazione del suo intrinseco senso bisognerà attendere le ultime pagine. Per fortuna, ci pensa il sottotitolo ad illuminare il lettore.
Un “viaggio”, quello intrapreso da Monsignor Giulio Dellavite (bergamasco, sacerdote dal 1996 e Segretario generale della Curia diocesana di Bergamo dal 2011), tramite i suoi due principali protagonisti, all’insegna di una lenta, graduale, reciproca conoscenza sia degli uomini che sono, sia dei mondi di cui sono espressione.
Un processo di confronto che, prendendo il via dalla considerazione “che non tutti i manager sono leader e non tutti i leader sono necessariamente manager”, arriva a teorizzare (una volta richiamata l’omelia di inizio pontificato di Papa Francesco) che “Leader è chi si lascia interpellare per essere manager fuori e monaco dentro”. Secondo la secolare cultura monastica, infatti, “essere leader non è una questione di carisma o autorità, ma piuttosto porsi al servizio degli altri.”
Capitolo dopo capitolo – dove i luoghi-simbolo dell’abbazia (dalla cella alla biblioteca, dalla sala capitolare alla farmacia, dal refettorio all’infermeria, dall’orto dei semplici alla foresteria) fanno da sfondo a dissertazioni su temi universali (dalla Politica, all’Economia, dall’Ecologia alle Donne) – il lettore ha modo di interrogarsi ripetutamente su quale dei due protagonisti abbia più da dare/ricevere, insegnare/imparare in questo irreale, ma decisamente affascinante oltre che stimolante, confronto.
Che, svolto con dotto acume, sia dal punto di vista culturale sia da quello linguistico, fa comprendere ad entrambi i protagonisti che i rispettivi punti di vista possano essere ri-visti e ri-tarati sull’onda della reciproca contaminazione di conoscenze, idee e riflessioni.
Impreziosite, pagina dopo pagina, da numerose citazioni di stralci di interventi di Papa Francesco, da erudite spiegazioni linguistiche, da un’infinità di giochi di parole (“Si vive d’istinti e d’istanti, invece ci riduciamo spesso ad essere distinti e distanti” oppure la sottolineata differenza tra "Potere, sostantivo", e "Potere, verbo") e condite con dosi, tutt’altro che parsimoniose, di arguta ironia (“Lì fuori si ragiona con l’orologio, qui dentro [nell’abbazia ndr] c’è il tempo” oppure “Chi è senza peccato, mostri il suo WhatsApp”).
Un crescente avvicinamento che porta i due uomini, nel momento del congedo dopo che l'auto è stata riparata e la nebbia si è dissolta, a darsi del “tu”, lasciando intuire al lettore un possibile sequel.
01 febbraio 2019