Italia a rischio povertà energetica

Articolo scritto a gennaio e diventato d'attualità con il conflitto in Ucraina, per il quale esprimo solidarietà nei confronti delle vittime e di sostegno nei principi di libertà e fratellanza fra tutti i popoli. L’importazione di petrolio, gas e di elettricità espone il Paese alla crescita dei prezzi e al rischio sostenibilità, in particolare per le imprese industriali. Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza dovrebbe investire in energie rinnovabili nazionali - fotovoltaico, eolico, dal mare e dal nucleare sicuro di nuova generazione - per ridurre quanto possibile la dipendenza dall’estero; senza se e senza ma.

Franco Del Vecchio

Consigliere ALDAI-Federmanager - franco.del.vecchio@tin.it
I consumi di energia elettrica in Italia oscillano negli ultimi venti anni fra i 300 e i 330 TeraWatt ora (TWh, cioè milioni di MegaWatt ora) con riduzioni in corrispondenza delle crisi come nel 2008, e con un calo di circa 18TWh nel 2020, pari al 6,3% rispetto il 2019.

L'industria utilizza quasi metà dell'energia elettrica

I consumi per settore sono stati nel 2020 in ordine di importanza:
  1. l'industria, che rappresenta il 44% dei consumi con 125TWh e una riduzione del 2,7% rispetto all'anno precedente;
  2. I servizi, che rappresentano il 30% dei consumi con 85TWh e una riduzione del 15,2% rispetto al 2019;
  3. il settore domestico che rappresenta il 23% con 66TWh e un incremento dell'1% dei consumi rispetto all'anno 2019 (senza Covid);
  4. l'agricoltura, che rappresenta poco più del 2% dei consumi di elettricità con solo 6TWh.
Analizzando i dati di consumo pubblicati da Terna, i settori che hanno subito le maggiori variazioni dei consumi di energia elettrica nel 2020 rispetto al 2019 sono:
- 29% servizi per l'istruzione
- 25% fabbricazione apparecchiature elettriche ed elettroniche
- 22% servizi degli alberghi, ristoranti e bar
- 15% tessile, abbigliamento e pelli 
- 13% servizi di trasporto e magazzinaggio
- 10% trattamento coke e prodotti derivanti dalla raffinazione del petrolio 
-   6% metallurgia
+  6% alimentari
+  7% farmaceutica
+ 13% macchinari e apparecchiature
+ 15% stampa

Analizzando in dettaglio i consumi di elettricità nell'industria si notano i settori "energivori", maggiormente dipendenti dalla disponibilità e dai costi dell'energia elettrica: metallurgia,  industrie alimentari, fabbricazione di prodotti chimici, metallici, plastici, di carta e molti altri.

Sono settori di grandi, medie, piccole e piccolissime imprese che generano occupazione e contribuiscono significativamente all'economia e al benessere sociale.

L'energia elettrica è essenziale per l'industria italiana, per non perdere la nostra seconda posizione manifatturiera europea e sostenere lo sviluppo.
Ma l'energia elettrica non è fondamentale solo per l'industria, che rappresenta il 44% ( il commercio ne utilizza oltre il 7%; gli alberghi, ristoranti e bar che sono collegati al turismo quasi il 4%), è infatti strategica soprattutto in considerazione della transizione ecologica, che aumenterà i consumi per le auto e i mezzi di trasporto elettrici, tenendo conto che il settore ha assorbito nel 2020 meno del 4%, e che si spera diventi a doppia cifra.

I rincari dell'energia elettrica e del gas rischiano di bloccare le imprese, come indicato dal comunicato del Centro Studi Confindustria del 17 gennaio 2022, secondo il quale "I settori manifatturieri italiani si trovano a fronteggiare un drammatico aumento dei costi delle commodity energetiche, con particolare riferimento al prezzo del gas naturale e dell’elettricità. Il prezzo dell’energia elettrica continua a registrare valori record: nel mese di dicembre ha raggiunto la media mensile più elevata da quando la borsa italiana è stata costituita superando 280 €/MWh con un +450% rispetto al valore di gennaio 2021".

Clicca "Il rincaro dell'energia colpisce l'industria italiana" per leggere il comunicato "Congiuntura Flash di Gennaio" del Centro Studi Confindustria

Non si tratta di un campanello di allarme, bensì di una campana che suona forte e chiara, imponendo una svolta responsabile per una maggiore autonomia energetica, mettendo in secondo piano ideologie e timori, per evitare il declino e la povertà del Paese. 

Come investire in energia green

Il punto è quindi come assicurare in prospettiva energia elettrica "green" in autonomia, senza dipendere troppo dall'estero e dai rischi di carenza della stessa e aumenti dei prezzi che potrebbero mettere "in ginocchio" l'industria e a rischio le prospettive di sostenibilità del Paese.
Il grafico tratto dal documento Terna "Provisional data 2020 on operation of the Italian electricity system" indica una riduzione del 10% circa dei consumi elettrici nell'arco degli ultimi 10 anni, in buona parte dovuta ai minori impieghi del 2020 condizionati dal lockdown Covid.

L'assenza di crescita dei consumi elettrici nei nove anni precedenti potrebbe essere il risultato dell'impiego di dispositivi con migliori rendimenti energetici o la crescita "zero virgola" delle attività, fatto che richiederebbe serie riflessioni per il futuro.

Il grafico indica che per soddisfare la domanda di energia elettrica ogni anno importiamo mediamente il 14% di energia elettrica dall'estero. Nel 2020 l'importazione è risultata circa l'11% per minore richiesta di consumi e il documento Terna indica: 17 TWh di importazioni nette di elettricità dalla Svizzera, 13 TWh dalla Francia, 3 TWh dalla Slovenia, 1 TWh dall'Austria. 

Se il 14% di importazione media di energia elettrica dall'estero non costituisce al momento una dipendenza particolarmente preoccupante, bisogna verificare quale sarà l'impatto dell'aumento dei consumi di energia elettrica in prospettiva, ad esempio per effetto della diffusione di auto elettriche e forni elettrici per la siderurgia "green".

L'assenza di investimenti in idroelettrico e lo stop al nucleare hanno finora imposto l'uso di fonti non rinnovabili: carbone (sempre meno), petrolio, gas (sempre più) e solo nel periodo 2010 - 2015 si è aggiunto il contributo di circa il 15% delle fonti rinnovabili: fotovoltaico ed eolico che hanno raggiunto il 15,6% nel 2020.

Dopo il promettente inizio del 2010, e fino al 2015, la crescita delle fonti rinnovabili non ha proseguito nell'atteso sviluppo negli anni successivi, come si può notare dal grafico Terna seguente.
Ben 161,7 TWh, pari al 58%, sono stati prodotti nel 2020 da fonti termiche tradizionali di importazione, prevalentemente petrolio e gas che, insieme all'energia elettrica importata da altri Paesi, portano la nostra dipendenza energetica elettrica a superare il 70%.

Gli incentivi statali per le fonti rinnovabili sono stati nell'ultimo decennio più il frutto di sensibilità elettorali, che il risultato di un piano strategico di lungo termine per l'autonomia energetica del Paese.

L'energia elettrica in Italia già costava all'industria il 30% in più di altri Paesi europei, imponendo alle imprese che ne consumano molta - come le aziende della chimica, siderurgia, meccanica - di delocalizzare all'estero, nei Paesi Bassi, in Francia e nei Paesi dell'Est Europa.

Gli aumenti dei prezzi delle fonti energetiche di questo inizio 2022 ci hanno trovato totalmente impreparati e i tentativi di mitigare l'impatto con l'intervento statale, fino a 30 miliardi per compensare l'aumento dei prezzi utilizzando i fondi PNRR, costituiscono una iniziativa d'emergenza; un palliativo che non risolve il problema.

Alle aziende con costi di produzione dipendenti per oltre il 25% dal costo dell'energia elettrica, come le fabbriche di bottiglie, le industrie alimentari, tessili, chimiche e anche della fabbricazione di carta e dell'industria metallurgica, andranno in crisi senza alternativa alla chiusura, mettendo a rischio mezzo milione di lavoratori.

Non bisogna essere dei draghi per capire che l'utilizzo di risorse pubbliche per alleviare i costi energetici, scaricando il problema sulle nuove generazioni, sia un sollievo di breve durata che aggrava il problema in prospettiva.

Le risorse del PNRR vanno investite per migliorare e rendere resiliente il sistema energetico del Paese investendo fino all'ultimo euro in ricerca, fotovoltaico, idroelettrico, eolico, energia dal mare, fotosintesi per produrre idrogeno verde, insomma energie rinnovabili, senza se e senza ma, ideologici o di parte.

Ci stiamo giocando le prospettive del Paese e non possiamo accettare volubilità, burocrazie, ISEE e scadenze elettorali.

Su quali fonti energetiche puntare?

L'international Energy Agency BloombergNEF prevede una graduale sostituzione di sorgenti fossili con fonti energetiche rinnovabili per soddisfare gli obiettivi di transizione green, come si può notare nel grafico.
Con la velocità delle innovazioni in continua accelerazione non è però facile prevedere quali saranno le fonti energetiche fra 30 anni.

Alla necessità, ormai certezza, di dover rinunciare alle fonti energetiche fossili, petrolifere e poi anche del gas, non è altrettanto chiaro quali energie rinnovabili prevarranno, soprattutto nel nostro Paese.

Il nucleare "green" rappresenta la maggiore incognita che potrebbe sconvolgere il settore o continuare ad essere un sogno irrealizzabile.

L'altra incertezza è la velocita con la quale si investirà in energie rinnovabili (fotovoltaico, eolico, ecc.) che dipenderà molto dai costi delle fonti energetiche tradizionali. La crescita continua dei prezzi, così come avvenuto di recente, potrebbe imporre una vera corsa alle energie alternative "green".

Proprio per le grandi incognite che caratterizzano le prospettive energetiche future l'Agenzia Internazionale Bloomberg ipotizza tre possibili scenari.
Rispetto alla situazione energetica mondiale del 2019 dominata all'83% dalle sorgenti energetiche fossili, e solo il 12% da sorgenti rinnovabili e 5% dal nucleare, l'Italia parte da una situazione migliore in termini di energie rinnovabili, con il 34% rispetto al 12% indicato a livello mondiale, metà delle quali costituita da energia idroelettrica. 

In prospettiva 2050 gli scenari ipotizzabili secondo Bloomberg sono tre:
  1. una previsione conservativa "grigia" che non crede in grandi innovazioni nelle fonti energetiche, sebbene si preveda comunque l'incremento dal 12 al 42% delle fonti rinnovabili, la stabilità al 5% dell'energia nucleare e la riduzione dall'83% al 52% delle fonti fossili;
  2. una previsione che crede fortemente nella transizione verso le energie rinnovabili "green", che dovranno rappresentare l'85 delle fonti, per ridurre quelle fossili al 10%, considerando sempre un ruolo marginale del nucleare al 5%;
  3. il terzo scenario "rosso" si potrebbe verificare se la ricerca sul nucleare di nuova generazione, rispettoso dell'ambiente, riuscisse a concretizzarsi nei prossimi vent'anni, arrivando a rappresentare il 66% delle fonti energetiche, con una parte consistente - pari al 27% - di fonti rinnovabili e il 7% di residue fonti fossili.
Se gli aumenti dei prezzi delle materie prime spaventano e non piace lo scenario "grigio" bisognerà:
  • investire tutto il possibile in energie rinnovabili per ottenere la massima transizione verso le fonti "green";
  • partecipare alle iniziative sulle ricerca nucleare europea
Non è un argomento per pochi specialisti perché il costo dell'energia condizionerà il futuro dei giovani e del Paese. La notizia che vorremmo sentire dai TG non è quante risorse (a debito) il Governo metterà a disposizione per calmierare gli aumenti dei carburanti, del gas e dell'energia elettrica, ma piuttosto quale piano energetico sostenere per evitare l'impoverimento del Paese.
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