Dirigenti nella tempesta globale

Nel corso degli ultimi due anni siamo stati provati anche da una situazione pandemica complessa che ancora presenta i suoi strascichi, oggi dobbiamo lavorare insieme per uscirne

 Manuela Biti

Presidente ALDAI-Federmanager

Stiamo assistendo all’evolversi di uno scenario imprevedibile e drammatico: alla disgrazia della pandemia che da più di due anni sconvolge le nostre esistenze, si sovrappone ora la tragedia del conflitto in Ucraina con una situazione di tensioni e di emergenza umanitaria. Mentre scriviamo queste righe ogni giorno siamo raggiunti da immagini e notizie sconvolgenti. 

Seppur in un contesto dove più fatti si rincorrono, e in molti fatichiamo forse a distinguere ciò che è vero quando altri dicono che non lo sia, rimane l’aggressione ai danni della popolazione ucraina, e non solo, che sta generando un numero elevatissimo e drammatico di perdite, di milioni di persone gettate nel terrore e nello sconforto, e distruzioni incommensurabili. Come ha recentemente dichiarato il Presidente della Repubblica, “l’aggressione compiuta contro l’Ucraina, contro la libertà e la stessa vita dei suoi cittadini, da parte del governo della Federazione Russa, costituisce una ferita che colpisce la coscienza di ciascuno e la responsabilità degli Stati”.

Per loro propria natura i dirigenti dovrebbero essere “costruttori”: di contatti, di relazioni, di scambi, di progetti, di commerci, di benessere e di rapporti dignitosi e corretti. I dirigenti sono chiamati a costruire un mondo futuro che sappia meglio conciliare esigenze talvolta contraddittorie, ma fondate sul “fare positivo”. Forse per questo è così intollerabile per tutti noi assistere a immagini così piene di sofferenza e dolore. Non possiamo, anche noi, che gridare forte che così non può essere, e che il nostro dovere è quello di opporci e contrastare per come possiamo le vicende dolorose che si susseguono ai nostri occhi.

Nel volgere di poche settimane tutto sta cambiando con un’inattesa velocità, cambiano le priorità economiche, cambia lo scenario industriale, qualcuno ora ipotizza la “fine della globalizzazione”.

Nel nostro Paese ci si domanda come potrà evolvere il vasto programma d’investimenti che era previsto, come saprà reagire il mondo industriale a nuove situazioni, a difficoltà di approvvigionamento energetico e materiale, a nuove barriere e vincoli ad un commercio internazionale che ci vedeva soggetti attivi e intraprendenti.

Confidiamo nella costruzione europea, a cui lavoriamo da tempo e a cui molti attribuiscono tante speranze, seppur fino ad ora il contesto sembra far emergere la fragilità di una coesione internazionale in grado di poter garantire il rispristino di una condizione pacifica duratura e solida.

Certo è che il perpetuarsi di questa situazione rappresenta un intollerabile passo indietro della storia e della convivenza civile.
Tutto è in fase di ripensamento, dovremo accettare che certi cambi epocali che avevamo immaginato e a cui stavamo lavorando non saranno gratuiti, e forse saranno ben più lunghi e sofferti di quanto non ci abbiano finora prospettato.

Difficilmente si potrà tornare in breve allo “status quo ante”: stiamo persino riscoprendo un fenomeno ormai dimenticato, e sconosciuto forse ai più giovani, l’inflazione.

Come manager ma prima ancora come persona, credo sia importante che ognuno di noi faccia la propria parte: abbiamo delle responsabilità e solo insieme, come persone e come categoria, possiamo impegnarci per cambiare il corso della storia, ripartire da un futuro che sia da costruire e non da distruggere, che riveda al centro il lavoro, le imprese, i manager. Per farlo dobbiamo essere in grado di far pesare la nostra voce all’interno della classe politica.

Nel corso degli ultimi due anni siamo stati provati da una situazione pandemica complessa che ancora presenta i suoi strascichi: ieri come oggi noi manager siamo chiamati a grandi responsabilità e così come ieri abbiamo messo in campo tutte le nostre forze per trainare le nostre aziende, confido che oggi più che mai lavoreremo insieme, donne e uomini di impresa, per uscire anche da questa crisi.
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