La ripartenza è alla nostra portata, ma servono visione strategica orientata al futuro e concretezza
Il Fondo Monetario Internazionale stima per il 2020 una recessione del 4,9%: mai, negli ultimi 60 anni, il mondo aveva subito una contrazione di tale portata (nel 2008 era –0,1, oggi –4,9 vale a dire 50 volte superiore a quella seguita la Grande Crisi del 2008).
Bruno Villani
Presidente ALDAI-Federmanager
È prioritario favorire la ripartenza economica e, se da un lato questo significa far ripartire imprese ed esercizi commerciali, dall’altro parliamo anche di una nuova fase della nostra economia, caratterizzata da profondi processi di riconversione industriale, progetti strategici di modernizzazione e nuove realtà di impresa.
Una pre-condizione indispensabile per la ripartenza è però su tutte la capacità di guardare al futuro non solo con preoccupazione, ma anche con ottimismo, determinazione, forte motivazione e con idee di innovazione, rilancio e sviluppo. Se il mondo cambia, anche i Manager e le aziende devono cambiare. Ed è sul fronte dell’innovazione che dobbiamo tornare a giocare un ruolo decisivo e da protagonisti. Il nostro Paese ha guadagnato due posizioni nella Graduatoria del “Global Innovation Index”, ma rimane comunque al 28esimo posto davanti a Cipro, Malta e Spagna, ben lontano dalle capolista Svizzera, Svezia e Stati Uniti.
Per ripartire è necessario pianificare cosa si vorrà essere nel futuro e tracciare la strada per arrivarci: cogliere questo momento anche come un’opportunità di digitalizzazione di imprese e persone, combinando il potenziale tecnologico con il nostro solido tessuto industriale. È in quest’ottica, fortemente pragmatica, che si è posto il progetto “Sviluppo PMI” – organizzato e promosso con Confindustria Lombardia, Digital Innovation Hub Lombardia e Federmanager e con il supporto di 4.Manager – che offre a 100 PMI lombarde, in un anno, un assessment gratuito per individuare le aree di miglioramento competitivo e di crescita. Uno strumento oggi più che mai centrale per ogni impresa per tracciare le proprie linee guida. In Italia, le PMI rappresentano oltre il 90% delle aziende e impiegano l’80% dei lavoratori. A questo si aggiunge un bisogno di managerialità a cui non è più possibile sottrarsi. Dirò di più: viviamo in una fase in cui è necessario che il Manager agisca con sempre maggiore tempestività, evitando di incorrere in situazioni che rallentino il processo decisionale.
Essere Manager oggi significa soprattutto analizzare, valutare i rischi, concepire e prendere decisioni in modo veloce, assumendosene le responsabilità e declinando la strategia in azioni. Il mondo dell’impresa e quello del management sono chiamati a uno sforzo straordinario per recuperare nei prossimi mesi la pesante caduta registrata finora. La crisi economica nata dal Covid ci ha messo davanti alle nostre debolezze e a problemi finora latenti. Per questo non li possiamo più ignorare, dobbiamo affrontarli con resilienza, energia, visione strategica di lungo termine e pianificazione, ma anche con ottimismo e fiducia nelle nostre capacità e nei nostri mezzi, invocando in questa ottica il concetto di distruzione creativa di Schumpeter. Il Paese ha bisogno di ripartire, servono messaggi positivi per ridare quella fiducia che è andata scalfita da mesi di lockdown, fondamentale per far ripartire l’economia. La riapertura dei cantieri, con risorse stanziate da tempo, unitamente a una sempre più invocata sburocratizzazione, potrebbe essere un punto di svolta per operatori e famiglie per rilanciare i consumi, un vero segnale di concretezza. Lo smart working è un’occasione per ripensare l’azienda, guadagnare produttività e umanizzare il lavoro. È un percorso di innovazione, un cambiamento che prima di essere economico, è soprattutto sociale e culturale, in cui si costruisce un legame di fiducia basato su maggiore libertà del lavoratore, coinvolgimento e più responsabilità. È necessario ripartire dalla persona, puntando su motivazione, team e innovazione quali fattori critici di successo. Puntare sulla ripartenza del sistema Italia potrebbe essere un’occasione unica per rendere il nostro Paese nuovamente attrattivo anche per quella generazione Erasmus in fuga all’estero. Secondo una ricerca condotta da Centro Studi PWC, infatti, lo Stato spende indicativamente 13 miliardi di euro che sono circa l’1% del Pil per formare quei giovani studenti che poi scelgono l’estero perché non trovano opportunità nel nostro Paese.
È necessario che politica, imprese e università dialoghino e mettano in atto misure concrete perché questa migrazione di ritorno avvenga. Il ritorno sull'investimento nelle competenze non è mai stato così alto e senza un adeguato know-how manageriale le aziende non saranno in grado di sfruttare appieno l'era post-crisi. Managerialità e innovazione rappresentano un binomio che solo se imprescindibile e indissolubile può risultare vincente e costituiscono le basi di un patto prioritario per ciascuno di noi. Un patto che si chiama futuro.
01 ottobre 2020