Per colmare il gap competitivo serve la managerialità
Il cambiamento che stiamo vivendo è una vera e propria rivoluzione all’interno di uno scenario politico-economico sempre più complesso e articolato e forse per questo è ancora più difficile valutarne le dimensioni e gli impatti.
Bruno Villani
Presidente ALDAI-Federmanager
Il mondo del lavoro nei prossimi dieci anni vedrà un’incisiva trasformazione sulla quale tutti gli analisti di mercato sono concordi: già nel 2018, uno studio del World Economic Forum sosteneva come entro il 2020 si sarebbe registrata una perdita di posti di lavoro a livello mondiale di 7,1 milioni a fronte di 2 milioni di acquisiti nei nuovi profili del settore tecnologico: big data, blockchain, intelligenza artificiale, Industria 4.0. Con un saldo che si presupponeva essere negativo per circa 5 milioni. Ma lo scenario finale ha rivelato anche aspetti positivi ed è ora più che mai difficile tracciare un bilancio definitivo e netto.
La trasformazione che stiamo vivendo è infatti anche e soprattutto un’opportunità. La stessa Manpower spiega (Report “Skills Revolution”, presentato al World Economic Forum) che la domanda di competenze tecnologiche e digitali sta crescendo in tutte le funzioni e i datori di lavoro attribuiscono un valore crescente alle competenze umane e da qui a 10 anni (dato 2018) il saldo potrebbe essere positivo, con prospettive per l’Italia ben più rosee. A fine anno vedremo se queste previsioni saranno confermate.
Nel frattempo, che cosa possono fare le aziende e i Manager non solo per transitare senza troppi danni nel nuovo scenario, ma anche per raccoglierne la sfida e cavalcarne le opportunità?
Gli imprenditori intervistati per il rapporto “Capitale Manageriale e Strumenti per lo Sviluppo” condotto dall’Osservatorio Mercato del Lavoro e Competenze Manageriali di 4.Manager hanno dichiarato che nell’87% dei casi incontrano difficoltà nel reperire le figure manageriali con le competenze richieste.
L’Industria 4.0 ha necessità continua di inserire profili specializzati e offre infinite opportunità di carriera in quelle che sono considerate le discipline del futuro: big data analytics, machine learning, deep learning. Ma le competenze richieste si trovano con difficoltà, non a caso si parla sempre più spesso di talent shortage.
Una ricerca condotta a livello mondiale da ManpowerGroup evidenziava come nel 2018 il 45% degli employer (datori di lavoro) non trovava i profili di cui aveva bisogno, e il dato era il più alto dall’inizio delle rilevazioni nel 2006 (nel 2010 eravamo ancora al 31%). Il talent shortage è semplicemente la spia che ci fa capire come sia presente un gap competitivo nelle aziende che può essere superato solo investendo nella managerialità.
L’Italia, sotto questo aspetto, ha sicuramente urgenza di avviare politiche per recuperare competitività, considerando che nello stesso rapporto del World Economic Forum del 2018 si posizionava solo al 17° posto tra i Paesi europei.
La situazione è però più complicata: su quali fattori formativi ed educativi (i giovani) intervenire per disporre nel breve futuro di competenze affidabili e idonee alle sfide del mercato, quando lo stesso mercato, guidato in misura sempre più decisiva dalla tecnologia, è in continuo cambiamento?
Se è vero che la quarta rivoluzione industriale si caratterizza per la velocità con cui mutano ed evolvono gli scenari competitivi e richiede il coinvolgimento di una pluralità di soggetti per poter esser implementata e gestita in modo ottimale, a livello di risorse professionali sembra emergere un dato per certi versi “sorprendente”: che le aziende non ricercano solo competenze tecniche, tra le più difficili da trovare, ma un mix di capacità soprattutto manageriali come la resilienza, il complex problem solving, la visione strategica di lungo termine, la predisposizione all’ascolto e l’abilità di fare squadra. Insomma, quelle che si definiscono normalmente come soft skill. E sono proprio queste, secondo una recente ricerca AHK/Ipsos promossa anche da ALDAI-Federmanager, quelle più difficili da reperire sul mercato del lavoro.
Il progresso non si può arrestare, bisogna essere competitivi: per vincere questa sfida a cui aziende, Manager e imprenditori sono chiamati è necessario non solo dare impulso all’imprenditorialità aziendale e a nuovi modelli di leadership, ma anche generare una nuova cultura di impresa basata sulla managerialità.
Secondo il già citato rapporto “Capitale umano e strumenti per lo sviluppo” di 4.Manager, il principale ostacolo all’introduzione delle tecnologie abilitanti nelle aziende, quelle in grado, cioè, di colmare nel breve termine l’attuale gap competitivo, non è il costo economico, ma la disponibilità di competenze tecniche e manageriali. Il capitale umano e la qualità gestionale diventano i veri nuovi “fattori della produzione”. E il rapporto evidenzia ancora come change management, leadership, people management e soft skill siano “i contenuti verso i quali si sta muovendo la formazione dei Manager italiani”. Sottolineando come, in questo ambito, “gli organismi di rappresentanza assumono un ruolo di ‘guida’ sempre più evidente nello stimolare un cambiamento della cultura imprenditoriale e manageriale”.
Per quel che ci riguarda, posso assicurare ai nostri associati che anche nel 2020 ALDAI-Federmanager farà con perizia e determinazione la sua parte. Per favorire, con la crescita delle competenze e capacità manageriali, anche il rilancio delle nostre aziende e del sistema economico del Paese.
01 febbraio 2020