Lombardia fra i quattro motori d’Europa
La Lombardia con un valore aggiunto manifatturiero del 19,5% del totale regionale, il Baden-Württemberg (32,8%), la Catalogna (17,1%) e la regione Rhône-Alpes (15,4%) generano insieme l’8,6 % del PIL dei 28 Paesi dell’Unione Europea. La Lombardia da sola genera il 2,5% del PIL dei 28 Paesi e per crescere dobbiamo confrontarci con gli altri motori europei.
Stefano Cuzzilla
Presidente FedermanagerMi ha fatto piacere leggere dalla pagine del Corriere della Sera dello scorso 3 giugno l’articolo di Dario Di Vico intitolato “L’ascensore sociale non sale più perché nelle imprese mancano i piani alti”. È stata questa una delle riflessioni che abbiamo avviato durante il convegno “Dalla formazione al lavoro: un confronto tra i quattro motori d’Europa”, promosso con grande intelligenza da Assolombarda e dal suo direttore generale Michele Verna.
L’importanza di avere quelli che Di Vico ha definito “i piani alti” dell’edificio-impresa è una ragione che è stata condivisa anche dagli altri relatori seduti al mio fianco tra cui Maurizio Del Conte, presidente di Anpal, Stefano Scabbio, ad di Manpower, e Michel Martone, già Ministro al Lavoro.
Se vogliamo puntare alla crescita economica e sociale di questo Paese, dobbiamo avere l’ambizione di costruire grattacieli e conquistare vette più alte. Chi ricopre ruoli apicali in azienda con grandi responsabilità deve meritare fiducia ed essere premiato per i risultati che porta. Per questo non ha senso imporre tetti agli stipendi dei manager: è una misura “tappo” e deprimente per l’intero sistema economico, che pone limiti di principio e alimenta spirali demagogiche. Non ci stupisce che politiche del genere spingano i migliori a scegliere il mercato del lavoro estero, spostarsi altrove, prediligere contesti più competitivi.
Il processo di industrializzazione nel nostro Paese non è riuscito finora a dar vita a un numero sufficiente di medie e grandi aziende, con un conseguente impoverimento dei posti disponibili nelle categorie superiori e una riduzione delle chance di mobilità verso l’alto il cui prezzo, sempre maggiore, ricade sulle spalle delle generazioni più giovani.
Le nostre PMI sono dei meravigliosi “bonsai”, riconosciute per la qualità eccellente del prodotto, ma costantemente esposte al rischio chiusura per l’incapacità di realizzare una sana crescita dimensionale. E c’è un dato che parla da solo: su circa 300.000 imprese del settore industriale, soltanto 16.000 possono contare su un manager interno.
Su questo punto ho potuto constatare convergenza di opinioni con il direttore generale Michele Verna che, in questa e in altre occasioni, ha voluto manifestare disponibilità a una più stretta collaborazione con la nostra Organizzazione.
Il convegno di Milano ha avuto il merito di dimostrare che i cosiddetti quattro motori d’Europa, vale a dire le regioni in cui l’industria europea è storicamente più produttiva, sono tali tutt’oggi anche perché hanno costruito un sistema in cui education e avviamento professionale sono mondi adiacenti e dialoganti. In quel contesto, ho avuto modo di esprimere la prospettiva del management industriale che da sempre crede nell’importanza della formazione continua e on the job, sapendo bene che essa costituisce un asset fondamentale per lo sviluppo.
In premessa, va riconosciuto che la cultura della formazione deve ancora pienamente permeare il nostro tessuto produttivo. In aggiunta, e continuando il discorso dei “piani alti”, bisogna capire che la formazione manageriale ha delle sue specificità, che sono da esaltare. Non va omologata al resto della formazione normalmente erogata. Le esigenze formative di un manager sono diverse da quelle degli altri lavoratori e questo reale e specifico fabbisogno, se soddisfatto, genera un positivo effetto a catena su tutte le risorse umane impiegate in azienda.
Consapevole di questa capacità di moltiplicare valore, sottolineo l’eccellenza rappresentata dai nostri Fondi interprofessionali e l’importanza del ruolo delle Parti sociali in funzione di garanzia nella gestione delle risorse. L’equilibrio sotteso alla bilateralità consente di dare risposte che siano flessibili rispetto alla domanda di formazione manageriale in rapida evoluzione, ma anche oculate. Il fatto che i Fondi interprofessionali non abbiano finalità di profitto, poi, ci spinge a chiedere agli interlocutori politici uno sforzo per la semplificazione degli iter di finanziamento e l’abbattimento dei pesi burocratici che ancora rendono difficile l’accesso ai piani formativi da parte delle aziende aderenti.
Tra le proposte che come Federmanager mettiamo sul piatto c’è l’idea di utilizzare una parte del montante complessivo a sostegno di politiche attive del lavoro che consentano una reale ricollocazione dei manager. L’Agenzia del Lavoro creata all’interno di Fondirigenti, ad esempio, è una realtà che potrebbe essere potenziata e fatta rientrare nella rete delle politiche attive dell’Agenzia Anpal.
Occorre sviluppare questa propensione, che è già presente, attraverso le evidenti sinergie che esistono tra formazione manageriale e ricollocamento di manager, nel rispetto delle specificità di una categoria che in questi tempi è chiamata a realizzare almeno due obiettivi specifici: l’innovazione e l’internazionalizzazione delle imprese italiane. Siamo così convinti che si tratti dei due principiali vettori di crescita che, nel recente stanziamento di complessivi 20 milioni di euro che Fondirigenti ha erogato per i piani aziendali, interaziendali e individuali, la maggioranza delle risorse sono proprio destinate alla formazione sui temi della internazionalizzazione, innovazione organizzativa, di processo e/o di prodotto, relazioni impresa e sistema education, filiere e aggregazioni aziendali.
01 luglio 2016