Nozze europee

Abbiamo l’obbligo morale di lavorare a una prospettiva europea di successo. Mettiamo a fattor comune le tante competenze nazionali per dare all’Italia più forza sui tavoli negoziali aperti nell’UE

Stefano Cuzzilla 

Presidente Federmanager
Appena pochi giorni fa, il 9 maggio, abbiamo celebrato la festa dell’Europa con la Presidente von der Leyen in visita a Kiev, al fianco del premier ucraino. A oltre un anno di distanza dall’aggressione russa, l’Europa dimostra così di voler continuare a sostenere un Paese che non è tra i 27, ma non per questo è considerato meno europeo.

L’Unione è nata storicamente per ristabilire la pace e per assicurare prosperità. Ma, come in tutte le nozze, stare insieme non è facile, specie se la promessa fatta si propone di durare per tutta la vita.

Pertanto, chi sta peggio preme per aderire e ammicca. Sorprendentemente, invece, altri premono per uscire, nonostante i benefici offerti dalla casa comunitaria che, in taluni casi, hanno persino contribuito a fondare.

Quanto a noi, mi hanno sempre stupito, o meglio infastidito, i momenti euroscettici e i sotterfugi politici dei pochi che sognavano un’Italia fuoriuscita. L’unico messaggio utile, in questo momento, è quello di chi lavora per aumentare il nostro peso tra gli altri, facendolo valere nell’unico consesso che esercita il potere di incidere. In questo momento, infatti, è in ballo la negoziazione di regole economiche e finanziarie capaci di produrre effetti importanti sulle politiche nazionali e che meritano di essere affrontante nell’ambito della dimensione europea e in quella soltanto.
Si tratta un po’ su tutto, è vero: dallo stop ai motori endotermici, passando per le case “green” e finendo alle farine di insetti. Si tratta anche sul Mes e sul nuovo patto di stabilità. Fa parte del confronto politico, ma la ripresa e le promesse di crescita che ai giovani sono state rivolte (ricordiamo come abbiamo chiamato il piano di ripresa post pandemia), non possono essere disattese. Noi abbiamo l’obbligo morale di lavorare a una prospettiva di successo.

Il rischio, altrimenti, è di avere un’Europa in fuorigioco, stretta tra la competizione esplicita con i giganti asiatici e il dialogo competitivo che ci lega alle sponde opposte dell’Atlantico.

Va abbandonata l’idea che ci siamo raccontati a lungo di un’Europa matrigna che, sull’asse Bruxelles-Strasburgo, maltrattava l’Italia come una Cenerentola schiacciata dal debito pubblico e quindi impossibilitata a negoziare davvero.

Negli ultimi anni il nostro Paese, rinfrancato da consapevolezze nuove, ha superato ataviche timidezze, mettendo in campo le tante competenze nazionali e i successi del Made in Italy nel mondo, oltre che straordinarie espressioni di solidarietà.  E di questa Italia i nostri manager sono la migliore espressione possibile, come dimostrano ogni giorno, lavorando per l’industria e per il Paese.

L’Europa ha bisogno dell’Italia, ma, si badi bene, anche l’Italia ha fortemente bisogno dell’Europa.


Articolo tratto da Progetto Manager
Archivio storico dei numeri di DIRIGENTI INDUSTRIA in pdf da scaricare, a partire da Gennaio 2013.

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