Una guida attraverso il cambiamento. Best practice di mentoring associativo: l'esperienza di ANDAF
Anche nelle associazioni manageriali il mentoring, inteso come metodologia di accompagnamento e supporto al percorso professionale delle risorse umane, sta diventando un plus a cui non si può rinunciare: uno strumento per orientarsi in modo efficace nello sviluppo di carriera. Abbiamo l’occasione di iniziare una panoramica sulle esperienze di mentoring attive in Italia nelle principali associazioni manageriali. Partiamo dal progetto Mentoring di ANDAF, Associazione Nazionale Direttori Amministrativi e Finanziari.

Paolo Fanti
Coordinatore Gruppo Quadri Federmanager Bologna – Ferrara – Ravenna e Vice Presidente Andaf Emilia - Romagna
E’ una affermazione che in tanti possiamo condividere. Quale figura ritorna alla nostra memoria tra coloro che ci hanno introdotto con saggezza ed esperienza ai passaggi importanti della nostra professione? Chi ci ha fatto da guida quali caratteristiche efficaci di relazione e consiglio ha saputo dimostrare?

Paolo Fanti, Revisore e Coord. Comm. Manager Evolution Quadri e Manager apicali Federmanager Bologna-Ferrara-Ravenna
Abbiamo l’occasione di iniziare una panoramica sulle esperienze di mentoring attive in Italia nelle principali associazioni di manager, in modo da cogliere quali sono i punti di forza di questi percorsi e gli orientamenti di sviluppo per il futuro, sollecitati da nuove tecnologie e nuove competenze emergenti.
Tra le best practice di Mentoring in Italia incontriamo il progetto di Mentoring attivo da qualche tempo e proposto da ANDAF (Associazione Nazionale Direttori Amministrativi e Finanziari). Con la disponibilità dei suoi principali promotori - Silvana Toppi, Wordlwide controls e Compliance Officier di HP, e Walter Bernasconi, past CFO di IBM Italia entriamo nel vivo del racconto riportando alcuni passaggi di intervista che ci hanno gentilmente rilasciato, da cui traspare professionalità e passione per costruire un progetto di eccellenza nel mentoring associativo.

Silvana Toppi
Walter Bernasconi: tu hai una vasta esperienza anche grazie alla provenienza da IBM, società che il mentoring lo aveva già lanciato da tempo come sistema corporate di supporto al percorso professionale delle risorse umane. Quali similitudini e differenze vedi tra questo progetto in ANDAF e l’esperienza delle multinazionali, a vantaggio del percorso di sviluppo non solo di chi il mentoring lo riceve (il mentee), ma anche di chi si pone in una condizione di supporto (il mentor)? Davvero possono crescere entrambi?
Posso confermare che uno degli aspetti più interessanti e comuni a queste esperienze è la crescita del mentor stesso e non solo del mentee. Mi spingo addirittura ad affermare che il gap di competenza e il ritorno forse maggiore lo ricevere il mentor: colui che si offre per fare da guida, in realtà riceve moltissimo in termini di verifica delle sue competenze e capacità di cogliere e interpretare il cambiamento.
Tra le multinazionali e le associazioni vi è una differente tecnologia di supporto, anche se ora queste differenze sulle piattaforme si sono molto ridotte. Certamente svolgere questa attività con un’associazione può essere più snello e addirittura più efficace in termini di risultati di supporto allo sviluppo di carriera. Fin dai nostri primi incontri con Silvana e le altre persone con cui abbiamo condiviso questa idea ci siamo resi conto che mancava un mentoring finance.

Walter Bernasconi
Silvana, quando racconti della scoperta del mentoring ne parli spesso in termini di “colpo di fulmine”: quali aspetti ti convincono ancor oggi sempre di più a strutturare un servizio che duri nel tempo? E, perché il progetto continui a funzionare nel tempo, quali caratteristiche occorre assicurare nei mentor?
Sì, c’è stata l’intuizione di una bellissima esperienza e di un servizio davvero utile. E questa passione ci sostiene ancor oggi perché concretamente c’è un grosso lavoro per far funzionare la piattaforma: aspetti di coordinamento amministrativo e relazione con la struttura organizzativa, anche per tenere le fila di tutto questo programma e mantenere il gruppo, sempre più ampio, allineato con gli obiettivi. Sono proprio gli obiettivi chiari e la consapevolezza del ruolo che permettono di crescere nella competenza da parte della comunità dei mentors. Non è infatti automatico che un buon manager sia anche un buon mentor. Occorre su questo fare selezione adeguata e formazione continua.
Chiarezza di obiettivi e consapevolezza di ruolo. Silvana secondo la tua esperienza che cosa “non è” mentoring?
Oggi c'è molta confusione sulle competenze che caratterizzano un buon mentor. Faccio qualche esempio. Mentoring non è job placement. Mentoring non è univocità unidirezionale (qualcuno che sale in cattedra e l'altro ascolta), ma comunicazione bidirezionale. Mentoring non è coaching. Chi è il mentor: è una guida su sé stessi che aiuta a definire con la persona accompagnata quali siano i gaps da superare soprattutto con cui trovare una nuova prospettiva dal punto di vista professionale. Questa capacità di dare una nuova visione deriva dal Mentor perché ha una grande esperienza. Questo ruolo oggigiorno è difficile da ricoprire in un'azienda: è un servizio complesso anche perché vi sono organizzativamente molti cambiamenti che disorientano e le persone, soprattutto i millennials, si trovano catapultati nel mondo del lavoro e non riescono a capire dove sono andati a finire. Il mentor può aiutare la persona a trovare la sua strada o a ritrovare la strada quando si è perso. Una sfida sarà quella di realizzare questo servizio non più solo in presenza, o solo on line, ma in una fase di hybrid-work difficile da interpretare.
Mantenere alta la motivazione a partecipare al percorso per i mentee e a fornire con continuità il servizio nei mentor sono due dei compiti dei coordinatori del progetto come voi. Walter: come si mantiene motivato in particolare il mentor?
La motivazione è un ingrediente essenziale da non far mancare mai al progetto. Alcune persone si motivano da sole: hanno già in sé questa logica di condivisione dell'informazione delle esperienze di condivisione paritetica. Vi sono alcuni manager “nati per fare i mentor”. Altri invece dimostrano un’ottima disponibilità ad imparare: ed anche questo è un buon criterio di valutazione e motivazione per un mentor. La capacità di apprendere continuamente e di mettersi in gioco su buone basi manageriali e relazionali sono elementi essenziali per partecipare ad una squadra affiatata di mentor. Per questo gruppo dedichiamo risorse e strumenti perché rimanga in contatto continuo, come un gruppo Whatsapp dedicato ai mentors: questo permette di creare una contaminazione positiva di idee e la condivisione dei successi raggiunti. La formazione continua e la contaminazione positiva tra mentor sono fattori importanti perché i mentors possano continuare a svolgere al meglio il loro servizio.

Uno dei temi su cui è necessario lavorare tutti nei prossimi obiettivi è far crescere una cultura del servizio nei manager, deve essere una “ambition”, un obiettivo importante per se stessi e per gli altri. Lavorare poi sulla reale consapevolezza dei benefici del mentoring. Deve essere un servizio ben fatto, che valorizzi la qualità della relazione. Ad esempio, un obiettivo per il mentoring di ANDAF è avere un mentor per ogni mentee, proprio per curare al meglio la relazione. Altri aspetti su cui occorre lavorare per rendere il servizio al passo con i tempi è sviluppare costantemente una community in cui vi sia un patto di corresponsabilità, nella quale il contributo di tutti sia evidente e valorizzato. Anche i contenuti devono essere sempre più aggiornati: resilienza, il growth mindset, innovazione, networking, security e leadership solo per fare alcuni esempi che stiamo affrontando.