La gestione del cambiamento

“Nulla è durevole quanto il cambiamento. Non vi è nulla di permanente eccetto il cambiamento. Tutto scorre, nulla resta immutato” Eraclito

Giovanni Fusero

di Giovanni Fuser

Strategic Business Advisor & Business Coach
Il cambiamento, che la Treccani definisce come “atto ed effetto del diventare diverso”, è innanzitutto la natura stessa della vita e una delle sue caratteristiche peculiari, tutto ciò che ci ha portato a progredire e ad evolverci. A seconda del nostro approccio potrebbe essere un evento che ci colpisce come un qualcosa di nuovo o di diverso che per noi era sconosciuto e ci coglie impreparati, ovvero un comportamento intenzionale o una strategia che mettiamo in atto per raggiungere uno stato desiderato a livello personale o professionale.

Bisogna partire dall’assunto che, a prescindere da ciò che si desidera, cambiamo di continuo. Nulla è mai fermo e tutto cambia continuamente. Alcuni cambiamenti ordinari, fisiologici, sono più semplici da vivere ed assorbire, sia dall’essere umano, sia dal sistema di cui fa parte, con aggiustamenti e modifiche facilmente gestibili. A volte, invece, la portata e l’impatto del cambiamento sono tali da generare blocchi e traumi per i quali occorre attivare risorse straordinarie per trovare nuovi equilibri.

L’essere umano per natura non è propenso a cambiare, tende a risparmiare energia ed è geneticamente programmato per difendere lo status quo; conseguentemente, quando si profila un cambiamento, vengono in luce resistenze, inevitabili per natura, ma superabili con la consapevolezza e con una corretta ed efficace gestione della resistenza.

Ci sono due modi per affrontare il cambiamento: uno reattivo, rispondendo solo quando si è costretti (…spesso troppo tardi), e uno attivo, anticipandolo, essendo capaci di ridurne al minimo gli aspetti più difficili e persino traendone vantaggio, con un atteggiamento resiliente.

La dinamica del cambiamento, con tutti gli eventuali scenari che può produrre a seconda di come lo si affronti, riguarda direttamente anche i sistemi e le organizzazioni. Che si tratti di un cambiamento deciso dall’organizzazione o al quale l’organizzazione stessa debba necessariamente adeguarsi, dall’azienda famigliare impegnata nel passaggio generazionale, alla multinazionale che deve ristrutturare e fare un po’ di cessioni, i presupposti da cui siamo partiti restano uguali: i cambiamenti fanno parte della fisiologia della vita aziendale, e incidono sulla sua qualità in modo significativo. Ciò che impatta, tuttavia, non è solo il cambiamento in sé, quanto e ancor più il modo di prepararlo, comunicarlo e accompagnarlo, acquisendo la consapevolezza di ciò che vuol dire e delle resistenze che possono emergere. Occorre, innanzitutto, cogliere gli elementi costituivi del cambiamento per allestire processi efficaci, che lo favoriscano e lo accompagnino, trattandosi di un processo, come tale da gestire e monitorare, e non di un semplice passaggio. Cambiare non significa stravolgere tutto: ricordiamo sempre che si tratta di un mutamento costante, che comporta innovazioni e occasioni per poter competere con successo, ma anche per fallire, se non si ha la necessaria visione strategica ed un approccio sostenibile.

Importante quindi è trovare il giusto e delicato equilibrio che serve a preservare l’identità, tra l’acquisizione della capacità adattiva di cambiare ed innovare e la capacità conservativa di mantenere, con risposte nuove corrispondenti ai bisogni in mutamento esogeni ed endogeni.

Come le persone, anche le aziende possiedono una propria capacità di generare e adattarsi ai continui micro-cambiamenti che ne cadenzano l’esistenza e sono quindi attrezzate ad affrontare cambiamenti ordinari, ma quando i cambiamenti sono straordinari e di portata più ampia richiedono un surplus energetico e un processo di governance in grado di curarne le condizioni, affinché possano generare risposte adattive ed evolutive. La salute di un sistema è data dalla sua capacità di alternare in modo equilibrato le spinte innovative e quelle conservative.

La delicata fase del passaggio generazionale, ad esempio, è una sfida organizzativa e culturale che va pianificata per tempo, per poter garantire continuità aziendale e tutela del patrimonio. Gli strumenti giuridici, metodologici, organizzativi a disposizione sono molti. L’imprenditore manager lungimirante,
vede al di là della propria “creatura”, comprende che è opportuno pianificare per tempo una soluzione per dare continuità all’azienda, favorendo la successione come strumento di crescita innovativa ovvero strutturandosi per la ricerca di partners, nuovi soci o per il passaggio della sua azienda ad altri imprenditori. Come la continuità e lo sviluppo dell’attività della propria azienda, anche la valutazione di operazioni di aggregazione con altre aziende per poter competere su mercati sempre più globalizzati, comporta affrontare un cambiamento e modellare le attività sulla base di quanto i nuovi scenari richiederanno.

Articolo pubblicato da "Dirigente d'Azienda"