È il momento di pensare a investire in imprese e lavoratori
Il settore manifatturiero fornisce segnali confortanti, partiamo da lì per una prospettiva di sviluppo
Daniele Damele
Presidente Federmanager Friuli Venezia Giulia
Il 2020 fa parte del passato. Tutti noi vorremmo che la fine di questo tormentato anno coincidesse con la fine delle tribolazioni a tutti i livelli derivanti dalla pandemia da coronavirus. Purtroppo, ragionevolmente, non sarà così. Anche nel 2021 avremo preoccupazioni legate al Covid 19, anche se, pian piano si auspica possano venir meno sino a giungere in estate e oltre a una soluzione pressoché definitiva con vaccini e cure adeguate.
Questa situazione ha provocato un solco piuttosto evidente sulle condizioni finanziarie del sistema produttivo. I lockdown hanno determinato in gran parte una diminuzione dei consumi. Ma di pari passo è stato registrato un aumento delle riserve finanziarie e bancarie. Da qui occorre ripartire per garantire investimenti a favore di imprese e lavoratori. Molte volte ho sottolineato la valenza etica di un tanto invitando il mondo del credito a fare la sua parte fino in fondo in tal senso.
Tutto ciò permetterebbe, e non poco, di riavere fiducia sulle prospettive future in un momento di evidente difficoltà. Ciò comporterebbe anche una più serena uscita dalla situazione attuale di sospensione
della realtà derivante dal blocco dei licenziamenti e dai ristori perché queste misure, prima o poi, dovranno cessare. Se saremo pronti a giungere a quel momento avendo investito (molto) su imprese e lavoratori non
subiremo una terribile “ondata”, stavolta di pesanti difficoltà socio-economiche paragonabile senz’altro a quelle sanitarie.
Il settore manufatturiero del Nordest italiano fornisce dei segnali positivi che non dobbiamo ignorare, da lì possono indubbiamente giungere opportunità di crescita non indifferenti. A essere contrastata dev’essere la recessione economica in atto. Come fare?
Al momento si tende a contenere l’erosione delle risorse, ma accanto a ciò va effettuato uno sforzo considerevole per ipotizzare una prospettiva di sviluppo. Non è paradossale chiedere non solo di pensare a salvarsi e rimanere indenni durante la tempesta in atto. Oltre a questa sacrosanta e indispensabile reazione bisogna pensare al futuro, a un orizzonte ampio, il 2030 e perfino il 2040.
È un’ottica, questa, che vuole favorire il futuro dei giovani pur nelle pesanti difficoltà provocate dal virus. Le parole d’ordine devono, pertanto, essere aspettativa, fiducia, domani, futuro lavoro. E in questo tendere a pensare positivamente aiuterebbe molto non doversi trovare a fare così tanta fatica a comprendere la realtà stante le, ahinoi, interpretazioni discordanti che giungono quotidianamente da virologi, epidemiologici e altri esperti di settore alla ribalta delle cronache da marzo 2020.
In ogni caso a chi si occupa di economia l’invito è quello di pensare a nuovi processi, a porre in atto l’innovazione tecnologica in forma costante e continua, a formare tutti i giorni i lavoratori, a studiare chi ha avuto successo e i mercati, anche nuovi, anche lontani da casa.
Il 2020 ci ha cambiato in tante cose, si pensi, ad esempio, allo smart working che è risultato ed è vincente se abbinato all’idea di passare dal concetto di “stare” in ufficio a quello di “fare” ovunque ci si trovi sulla base di obiettivi prefissati, certi e raggiungibili al fine di garantire una produttività più ampia nelle proprie mansioni. Una sfida, specie per la PA, ma non solo, che va colta e vinta.
Il 2021 dovrà essere l’anno del reinventarsi, delle nuove strade. A tal proposito mi piace citare l’ex rettore dell’ateneo udinese, Alberto Felice De Toni, che in un recente webinar promosso da CIDA FVG ha detto che “il futuro va immaginato, chi lo fa è già dentro il futuro e questi gli appartiene”.
L’augurio per il 2021 e gli anni a seguire, sino al 2030 e oltre, è, quindi, quello di pensare in grande con passione e competenza per rendere possibile un domani migliore e più bello.
Articolo Dirigenti nordest
28 marzo 2021