L'Italia del vino nelle sue evoluzioni innovative e la meritocrazia generazionale
Intervista a Giulia Bettagno, gruppo giovani dirigenti Federmanager Verona e componente del coordinamento nazionale di Federmanager
Intervista di Amelia Bertolaso
Comitato Esecutivo Federmanager Minerva
Per il nostro appuntamento dedicato alle
Donne dirigenti del Nordest, in questo numero intervista a Giulia Bettagno, manager
veronese dal profilo internazionale. Nata e
cresciuta nel settore vitivinicolo, ha lavorato
negli ultimi quindici anni in aziende prestigiose nel nostro Paese. Un settore che secondo i dati UIV vanta un export di quasi 8
miliardi di Euro e che occupa circa 1.2 milioni di persone, “L’Italia del vino e dei suoi
vigneti che disegnano il nostro bel Paese
dalle Alpi alla Sicilia”.
Giulia, giovanissima manager, premiata lo
scorso anno da Federmanager con il ‘Premio Giovane Manager’ fra i 10 migliori giovani manager d’Italia, ci parlerà del settore
vitivinicolo ma anche di leadership femminile e di giovani talenti.
Cara Giulia, grazie per la tua disponibilità, ci racconti brevemente il percorso professionale che ti ha portato al ruolo che ricopri attualmente come Direttore Generale e ci descrivi qual è il contesto in cui opera la tua realtà aziendale?
Ho iniziato giovanissima all’ufficio export di una nota azienda veneta. Avevo poca esperienza ma tanta buona volontà.
Ho poi avuto il privilegio di cominciare il lavoro di export manager, che mi ha portato a viaggiare per tredici anni viaggiando in più di 60 paesi del mondo: per promuovere e diffondere una delle massime eccellenze che produce il nostro Paese, il vino.
Ho lavorato negli ultimi otto anni, e tutt’ora oggi per agroindustrie, che esportano la maggior parte dei prodotti all’estero.
Qual è stato l’impatto della ‘tempesta’ energetica e climatica nel settore agroalimentare e in particolare nel vitivinicolo?
Abbiamo accusato l’escalation dei
costi di gas ed energia che, sommati ad una
flessione dei consumi, hanno generato un
gap di quasi 1,5 miliardi.
Il surplus dei costi
energetici ha impattato pesantemente sulle
materie prime secche, si stima per circa 1
miliardo in più, fra vetro carta cartone tappi.
A questi aggiungerei pure altre voci di incremento dei costi, quali i trasporti. Sommando il tutto si è arrivati ad un aumento dei
costi totali di circa il 28% rispetto al 2021.
Andrebbero considerate poi le problematiche di approvvigionamento e tempistica.
Considerata la tua pluriennale esperienza nel settore vitivinicolo cosa ci puoi dire sullo “standard” nazionale unico di sostenibilità da tempo atteso dagli operatori del settore?
La filiera vitivinicola italiana attraverso lo standard unico di sostenibilità
arriva a dotarsi di un nuovo strumento di
intervento al fine di garantire una vitivinicoltura più sostenibile, e in linea con le nuove
strategie declinate dalla politica agricola comune.
Per dare valore aggiunto alle
aziende che aderiranno è ora importante
che il ministero approvi celermente un logo che identifichi in maniera chiara la certificazione al consumatore.
Il modello da
considerare è la Nuova Zelanda, ovvero la
nazione più evoluta dal punto di vista della
sostenibilità: e che ad oggi conta più del
90% di aziende certificate.
In Italia si producono ottimi vini di qualità e ci confrontiamo nei mercati internazionali con le produzioni degli altri Paesi. Qual è il valore aggiunto delle nostre produzioni e su cosa possiamo contare per espanderci ulteriormente?
La vitivinicoltura ha fatto passi da giganti in termini di qualità. Tutto il comparto agricolo e vinicolo sta lavorando bene.
Si
è pensato molto al “contenuto” negli ultimi
anni, ed ora mi auspico sia il turno del “contenitore”.
Servirà sempre di più lavorare per
comunicare in modo adeguato le nostre
eccellenze e da questo punto di vista siamo ancora carenti. Il messaggio trasmesso
dal packaging assumerà sempre di più un
ruolo fondamentale.
Per quanto in Italia sia
uno dei più sottovalutati strumenti di vendita. Ci sono molte cantine che non pensano
al packaging in funzione dei loro target.
Le
scelte sono ancora condizionate da gusti
personali, retaggi culturali, oppure da quello che fanno gli altri.
Una pregiata bottiglia di vino equiparata ad un pacchetto di sigarette, l’introduzione di “alert” sanitari e obbligo di health warnings in etichetta. Realtà o fantasia? Quali impatti prevedi?
La recente manovra in avanti
dell’Irlanda ci mette in seria difficoltà, creando un pericoloso precedente, nonostante i pareri contrari di Italia Francia Spagna
o altri stati Ue.
Campagne intimidatorie e
minacciose sono poco utili, il consumatore va adeguatamente informato sul consumo moderato del vino.
Fumare non fa mai
bene, bere un bicchiere di vino nelle dosi
raccomandate invece sì.
Caratterizzare il
vino come nocivo alla salute, alla stregua
del tabacco, senza alcuna distinzione in
relazione alla quantità e alla modalità del
consumo, è un approccio scorretto contro
il quale ci siamo sempre battuti.
Ci sono
tantissimi studi che dimostrano che chi beve 1-2 bicchieri di vino si ammala meno di
Alzahimer ad esempio. I problemi correlati
all’alcol vanno risolti con l’educazione e l’insegnamento di sane abitudini.
Vino e nuove tecnologie. Controllare e tracciare la catena di produzione del vino, dal vigneto alla bottiglia oggi è possibile attraverso la tecnologia blockchain’, ci spieghi come funziona?
La tecnologia blockchain, attraverso un processo di condivisione in rete di
tutte le informazioni connesse al prodotto,
crea una relazione digitale tra il produttore
e consumatore finale: quest’ultimo può consultare le varie informazioni relative all’azienda, al territorio e all’intero processo di
coltivazione e vinificazione relativo ad ogni singola bottiglia, semplicemente avvicinando lo smartphone al QR code presente in
etichetta.
Il Qr code è stato incorporato
nell’etichetta frontale.
Giulia, giovanissima e già dirigente e Direttore Generale, quali sono state le difficoltà che hai incontrato nel tuo percorso e quali secondo te le caratteristiche vincenti oggi in Italia per raggiungere posizioni apicali?
Le difficoltà sono sempre tante,
di facile non ci è mai stato nulla soprattutto
in Paese che ancora fatica a dare spazio ai
giovani e che ancora non riesce a programmare un passaggio generazionale a livello
manageriale.
Reputo una scelta vincente
lavorare sempre di più sulle competenze e
continuare a formarsi, dato che recenti studi affermano che i manager italiani sono i
meno formati di Europa.
Luci e ombre del mondo del lavoro in Italia, un alto tasso di disoccupazione giovanile e aziende che non trovano figure professionali. Giovani Millennials e Generazione Z che sempre più spesso lavorano e/o cercano lavoro all’estero. Qual è la tua opinione e come trattenere i giovani talenti o farli rientrare nelle aziende del nostro Paese?
Li chiamano cervelli in fuga, ma
se uno è all’estero intanto non è in fuga, è
una persona intelligente, per fortuna ci sono dei cervelli e quindi vanno a cercare delle opportunità che il nostro Paese ancora
oggi non offre.
Secondo le “regole” della nostra comunità un laureato in giurisprudenza deve stare due, tre o anche quattro anni a lavorare gratis in uno studio, dove in alcuni casi
neanche le spese sono pagate, a Londra
invece ti danno almeno 2000 euro.
Si chiama dignità, dignità di non dover
chiedere a mamma e papà.
Un Paese che non sa attrarre i giovani è un
Paese che non ha futuro, aziende che non
sanno attrarre i giovani sono aziende senza
futuro.
Ci sono Paesi in ricerca continua di
giovani con talento da crescere e formare
da noi invece c’è un grande attaccamento
a ruoli e posizioni, al bisogno di essere riconosciuti e premiati, e questo, pur essendo naturale non è una buona cosa.
Non c’è
ancora il sapersi fare da parte al momento
opportuno ecco che allora ci saranno più
opportunità per i nostri giovani.
La sfida delle competenze nell’era della rivoluzione green. Chi saranno i leader del futuro?
I leader del futuro saranno leader
gentili in grado di coniugare i rispettivi business n maniera da dialogare non solo con il
loro futuro o con il futuro della loro azienda
ma con il futuro del mondo.
Saranno leader capaci di attrarre talenti, disponibili ad apprendere nuove tecnologie e
a farsi “contaminare”, aperti al cambiamento per non perdere il contatto con un mondo
che evolve velocemente.
Per ultimo, ma non meno importante saranno diffusori di sano entusiasmo, fautori di
un clima aziendale dove ogni persona può
trovare piacere nel lavoro.
Giulia Bettagno, General Manager in una nota realtà vinicola trentina, appassionata di agritech e nuove tecnologie applicate al settore dell’agricoltura. Da oltre 15 anni
professionista nel mondo del vino, ha iniziato giovanissima lavorando come export manager per note aziende del
settore, aprendo nuovi mercati e lanciando nuovi canali
distributivi. Parla fluentemente 3 lingue straniere e per 13
anni ha viaggiato in più di 60 Paesi del Mondo.
Lo scorso anno, ha vinto il premio come migliore giovane manager in Italia, prestigioso riconoscimento istituito
da Federmanager con l’obiettivo di valorizzare le competenze manageriali, inserendosi di fatto tra i dieci migliori
giovani manager del Paese.
Nata e cresciuta a Verona dove ha conseguito la maturità
classica, ha proseguito il suo percorso di studi all’Università Cattolica del Sacro Cuore dove ha conseguito la laurea
specialistica in Lingue per la Comunicazione Internazionale e successivamente a Londra per un MBA alla London
School of Economics. Verona è comunque la sua città che
porta sempre orgogliosamente con sé in giro per il Mondo.
20 febbraio 2023