La crisi della globalizzazione
Il mondo sta sperimentando le falle di un sistema che si basa su un equilibrio divenuto sempre più fragile
Mario Merigliano
Presidente Federmanager Venezia
La globalizzazione avrebbe dovuto portare
con sé la fine della storia e la fine dei conflitti, il Mondo ormai unificato nella metrica di
un’armonia universale, all’interno di un’unica
e piana geografia mercantile.
È stato così, ma più o meno solo per due
decenni dalla caduta del Muro.
La recessione del 2008/2009, secondo taluni, ha sancito una prima crisi della globalizzazione nella sua forma più neo liberista.
Una prima scossa è poi venuta con la crisi
del debito sovrano del 2012, in cui l’Unione
Europea ha retto per merito del “Quantitative Easing” del presidente BCE Mario Draghi, con l’acquisto di titoli sovrani per arrestare la deflazione e iniettare nuova liquidità
nei mercati.
Alla seconda scossa, con la pandemia
2020-21, l’Unione ha retto con il Next Generation EU, tradotto nei PNRR, la cui attuazione, in uno scenario di inflazione crescente e nuova recessione, si presenta con
talune difficoltà.
In questo 2022, il conflitto in Ucraina ha
stravolto l’ordine globale, costituendo un
momento di frattura dell’ordine internazionale e accelerando un mutamento che sconvolge il Mondo in cui viviamo.
Si stanno confermando nel nostro pianeta
pochi grandi attori (Cina, Russia, UE, USA),
le cui caratteristiche e capacità sono a tal
punto superiori rispetto al resto della Comunità Internazionale, da far rispolverare a
Maurizio Molinari, nel suo recente libro “Il ritorno degli imperi”, la definizione di “Imperi,
reali o potenziali, ingaggiati in una sfida
per la leadership globale”.
Il Mondo sta, quindi, sperimentando le falle
di un sistema che, per quanto virtuoso sotto
molti aspetti, si basa comunque su un equilibrio divenuto sempre più fragile, con un’inflazione a livelli record e conseguente recessione i cui fattori causali sono la Guerra, la
Crisi energetica, l’Aumento delle materie
prime, la Scarsità di prodotti e i Deficit
pubblici saliti molto nel lockdown.
La crescente complessità e l’instabilità dei
mercati fanno emergere la consapevolezza
del rischio insito nella dipendenza dei singoli mercati, da “Provider monopolistici di
beni”, che si tratti di dipendenza Economica, Energetica, Alimentare, o Sanitaria.
Sebbene alcuni abbiano sostenuto di riportare al proprio interno (on shore) i processi produttivi e le reti di rifornimento (supplychain), ciò non significa necessariamente che il Protezionismo e l’Unilateralismo
siano le risposte giuste.
In effetti, molte
aziende si sono organizzate per mettere insieme le linee di produzione, le reti di rifornimento e di distribuzione, cercando di mantenere i costi a un livello che, nonostante
l’inflazione, rimanga relativamente gestibile.
In tale contesto, però, in diversi Paesi e strati sociali si manifesta un crescente disagio
verso la GLOBALIZZAZIONE, ritenuta responsabile di disuguaglianza, impoverimento di intere aree, deindustrializzazione, evasione fiscale, riciclaggio di denaro, perdita
di sovranità economica e politica.
Eppure, molte sfide si affrontano meglio a
livello globale. Paesi e Regioni più integrati
nell’Economia Globale, pur esposti a rischi
esterni, si possono riprendere più rapidamente da crisi e calamità naturali.
Le singole Politiche Nazionali hanno certamente un ruolo fondamentale per sfruttare
meglio i benefici e limitare gli effetti negativi
della globalizzazione. Per esempio, i livelli
di disuguaglianza e di povertà rimangono
assai diversi anche tra i Paesi Europei,
nonostante siano soggetti a un’unica politica
commerciale gestita a livello UE.
Le differenti politiche sociali, del lavoro, di
ricerca e sviluppo, e i piani per aree svantaggiate, fanno la differenza tra i vari Paesi UE e sono alla radice dei diversi risultati
raggiunti in termini di Innovazione, Sviluppo
e Occupazione.
L’importanza delle politiche nazionali non
deve, però, far dimenticare che la globalizzazione ha anche bisogno di REGOLE
INTERNAZIONALI da negoziare in molte
sedi. Sfortunatamente, la globalizzazione
delle regole ha progredito più lentamente
della globalizzazione dei mercati, come ha
mostrato anche lo stallo nell’ultima riunione
di giugno 2022 del Consiglio OCSE, presieduta da Mario Draghi, che ha affermato: “…
Perché i nostri sforzi siano pienamente efficaci devono essere sostenuti nel tempo
e coinvolgere le economie emergenti e in
via di sviluppo…”.
Superando le gravi difficoltà dell’attuale periodo storico, l’Apertura verso altre Economie e Società, il Dialogo internazionale
per ricercare regole chiare ed eque, insieme a efficaci Politiche nazionali, rimangono il punto chiave per la risoluzione dei
problemi della Società moderna.
02 dicembre 2022