I libri di carta dureranno secoli, il digitale no
Da Gutemberg al cloud
Il 23 febbraio del 1455 venne stampato
il primo libro. Naturalmente una Bibbia.
Il merito come sappiamo va al tedesco
Johannes Gutenberg, che aveva inventato
la tecnica per la stampa a caratteri mobili.
Se ne parlo oggi è perché quella Bibbia
ancora esiste: ce ne sono 48 esemplari in
giro per il mondo, di cui 21 completi.
Il libro, è evidente, è una tecnologia che
dura nei secoli. Lo stesso non si può dire
del digitale. Eppure viviamo in un’epoca in
cui abbiamo la sensazione di poter conservare tutto: i messaggi che ci scambiamo, le
foto che scattiamo con gli smartphone, le
email. Salviamo tutto sul cloud nella speranza di rendere quei file eterni ma non è così.
Per rendersene conto basta cercare in
rete qualcosa di dieci o quindici anni fa.
Probabilmente quel sito web non esiste
più; e quel link indicato su Wikipedia nel
frattempo porta ad una pagina di errore;
e quell’immagine sembra scomparsa. Il
problema è stato segnalato qualche anno
fa da uno dei padri di Internet, Vint Cerf1
che ha parlato del rischio di VIVERE UN
SECOLO CHE SARÀ DIMENTICATO, una
specie di medioevo: infatti il digitale aggiorna continuamente il modo in cui viene
scritto, il codice, e molti documenti degli
anni ’90 o ’80, se ancora sono in rete, sono
illeggibili. Anche quello che mettiamo sui
social, che per molti di noi sono diventati
una specie di diario quotidiano, sopravviverà il giorno in cui i social network di oggi
verranno sostituiti per esempio da quelli del metaverso? A questo proposito Vint
Cerf avvertiva che “ogni volta che digitalizzaziamo qualcosa per renderla eterna
in realtà è come lo stesso infilando su un
buco nero”. Cosa fare?
Se volete che qualcosa duri davvero nel
tempo, diceva Cerf, …STAMPATELA.
(Tratto da Italian.tech del 23 febbraio 2022,
content hub digitale del Gruppo Editoriale
Gedi)
12 aprile 2022