La parabola dello smartworking
Lo “smart working” (lavoro intelligente o lavoro agile) è un approccio flessibile al lavoro che sfrutta le tecnologie digitali per consentire ai dipendenti di svolgere le proprie mansioni al di fuori dell’ambiente tradizionale dell’ufficio
Prima del Covid lo SW era considerato poco più di una stranezza da start-up californiana, paragonabile all’orario flessibile concesso ai free-riders in Colorado in caso di
powder-alarm (grande nevicata) o ai surfer
del pacifico in caso di wave-alert.
L’esplosione della pandemia l’ha invece reso un fenomeno familiare che si è dimostrato
l’ancora di salvezza dell’economia italiana.
Sotto i colpi del virus e dei lock-down,
manager ed imprenditori sono diventati in
poche settimane assidui fruitori di zoom,
teams, e di ogni strumento informatico
che permettesse una dignitosa continuità
operativa.
Anziani dirigenti ed imprenditori
ruspanti si sono improvvisamente scoperti esperti di sistemi digitali e, ad onor del
vero, il sistema aziendale italiano ha dato
in questa occasione prova di grande flessibilità ed adattabilità. In un batter d’occhio
ogni azienda si è attrezzata con apparecchiature e programmi per permettere la
gestione da remoto, con la doverosa precisazione che spesso “da remoto “non significava dallo spazio siderale, ma piuttosto
dal tinello di casa.
Grazie al covid in poche settimane l’organizzazione del lavoro intellettuale ha avuto
uno sviluppo che normalmente avrebbe richiesto anni, ma, superata l’emergenza e
superata l’euforia delle multinazionali che
offrivano ai dipendenti scrivanie a rotazione, aziende e lavoratori si sono domandati
quale dovesse essere il destino di questo
modello.
Sociologi ed esperti hanno evidenziato una
serie di vantaggi a favore del lavoratore,
quali la flessibilità della vita privata ed il
risparmio sui tragitti casa-lavoro, controbilanciati da alcuni fattori negativi quali l’isolamento sociale, la difficoltà di comunicazione con i colleghi, la mancanza di confini
tra vita professionale e personale.
L’impatto sull’azienda è stato meno pubblicizzato ma, il fatto che quasi tutte le
aziende abbiano deciso di ritornare all’organizzazione in buona parte tradizionale fa
pensare che il modello smart-working toutcourt non sia ritenuto valido.
In generale si è verificato che la produttività in smart working è inferiore del 20-30%
a quella di un’organizzazione tradizionale,
anche per questi motivi:
- le interazioni ed il dialogo con i colleghi non hanno la stessa efficacia;
- le riunioni on-line non sono equivalenti a quelle in presenza;
- il coordinamento dei progetti è più difficile;
- il controllo dei collaboratori non può essere efficace;
- l’ambiente di lavoro domestico è meno adatto rispetto a quello tradizionale.
A questo fanno certamente eccezione alcune situazioni particolari di posizioni più
svincolate dalle dinamiche aziendali: consulenti IT, specialisti focalizzati su temi
particolari, nomadi digitali…, che però non
rappresentano la maggioranza.
Ci dicono gli esperti che, per massimizzare le opportunità e mitigare i rischi dello
smart working, le organizzazioni dovrebbero adottare politiche e procedure appropriate, fornire adeguata formazione e supporto ai dipendenti e monitorare costantemente le prestazioni e la cultura aziendale.
Inoltre, i lavoratori dovrebbero essere consapevoli dei propri bisogni e limiti personali e cercare di creare un equilibrio sano
tra lavoro e vita privata quando lavorano in
modalità remota.
Nella pratica aziendale non ci sono molti
esempi dove queste pratiche virtuose siano state implementate con successo, il che
fa dubitare che esse siano realmente praticabili.
Dobbiamo quindi concludere che lo smart
working è una parentesi chiusa?
No, certamente.
Va preso atto che l’emergenza pandemica
ha dato un fortissimo impulso allo sviluppo tecnologico delle organizzazioni, da
cui l’azienda ora non può prescindere e
che un ragionato inserimento delle pratiche di smart working in azienda aumenta
la produttività e migliora il benessere dei
lavoratori.
Tutti noi, manager, imprenditori, lavoratori,
abbiamo imparato:
- che ogni azienda deve attrezzarsi per dare l’accesso al proprio sistema informativo ai propri collaboratori da remoto e deve formarli adeguatamente.
- che, instaurato il doveroso rapporto personale con clienti e fornitori, è possibile sostituire molti incontri in presenza con più pratiche call.
- che qualche giornata di lavoro da casa, opportunamente organizzata può favorire manager e collaboratore senza penalizzare l’azienda.
- che il personale in trasferta, connesso al sistema informativo, può continuare ad operare anche sulla quotidianità.
- che esiste un’offerta di formazione on-line facilmente e praticamente fruibile dai collaboratori, anche se spesso ipertrofica.
Un brillante esempio di applicazione di logiche aziendali allo SW è l’iniziativa Obiettivo Remain, di Salerno.
Obiettivo Remain (http://www.obiettivoremain.it) è una impresa sociale collegata
all’università e ad enti pubblici che si propone di creare le condizioni perché la forza
lavoro qualificata delle zone del sud, meno
sviluppate economicamente, possano incontrare la domanda delle aree più avanzate e con esse collaborare da remoto senza
impoverire ulteriormente il territorio.
A questo scopo Obiettivo Remain garantisce spazi di lavoro attrezzati, certificazione delle
presenze ed una serie di servizi per rendere
il rapporto di lavoro efficace ed efficiente.
22 novembre 2023