Leadership come "Vocazione e talento innato" (ma allenabile)
Prima puntata
Mai come in questi ultimi anni si è parlato e si sta parlando di leadership, notando
come a tutti i livelli ci sia un grandissimo
interesse in merito, pur talvolta non avendo
chiaro in cosa effettivamente consista.
Per essere un Manager con la M maiuscola
ovvero completo, credibile, affidabile e responsabile questa “competenza” non può
mancare, indipendentemente da seniority,
ruolo, funzione, ecc. Il concetto di Manager,
nella sua più pura e completa accezione,
infatti, presume una persona che presidia
una o più aree funzionali avendo responsabilità su processi, risorse monetarie, mercati, clienti e soprattutto persone intese come
Collaboratori.
Prima di introdurci nella disamina del concetto di leadership, vale la pena soffermarsi
su un breve inquadramento generale.
In italiano potremmo semplicemente ricodificare il termine intendendo la direzione o la
posizione di comando o guida.
Parlando di leadership, infatti, generalmente ci si riferisce alla “posizione” di colui che
in una struttura organizzativa occupa la posizione al top, rappresentando il vertice di
riferimento nell’interazione con il resto del
gruppo\organizzazione.
Ma facciamo un passo indietro e consideriamo l’etimologia: capo (dal latino caput,
«testa» per estensione metaforica) o leader (dal verbo inglese to lead, “guidare”).
Riconducendoci ad un’organizzazione o più semplicemente ad un gruppo sociale, quindi, il leader è colui che ricopre un ruolo di comando o direzione (in inglese leadership), inteso come processo d’influenza sui membri dell’organizzazione o di un gruppo per il perseguimento di obiettivi comuni e condivisi.
Volendo andare in profondità, sempre sotto l’aspetto lessicale, giova sottolineare che nella lingua inglese esiste una distinzione tra leadership (che viene intesa come capacità di influenzare) e headship (intesa più come funzione apicale all’interno di una struttura)… quindi davvero due cose diverse. Spesso, nel linguaggio corrente italiano, viene utilizzato un generico termine “capo” che, nei paesi anglofoni, diventa Chief.
Ecco allora che Chief diventa la denominazione formale per alcune posizioni apicali aziendali o di comando unitamente alla specificazione dell’organizzazione\dipartimento\ funzione (ad esempio: CEO Chief Operating Officer, CFO Chief Financial Officer, ecc.) o per indicare un grado gerarchico di una persona che gestisce altri Collaboratori (eviterei, per favore, di utilizzare la parola sottoposti, come talvolta ho sentito e sento… se qualcuno la utilizza credo siamo di fronte ad una persona che non può essere definito né manager e né tantomeno leader…).
A questo punto potremmo cominciare con un’opportuna condivisione del concetto, andando a vedere brevemente i principali stili di leadership prendendo spunto dalla teorizzazione di Daniel Goleman. Goleman ha individuato principalmente sei stili (ma sono davvero molti di più) ognuno dei quali risponde o, meglio, corrisponde, a particolari “esigenze” aziendali. Vediamoli insieme:
Autoritario
Quasi non ci sarebbe bisogno di descriverlo: si tratta, molto semplicemente, di uno
stile che tende verso la coercizione.
Il capo autoritario impone la propria visione,
esige rispetto (e non sempre lo concede,
purtroppo), non ammette repliche e non
accetta fallimenti (magari lui è il primo ad
averne avuti ma non è in grado di ammetterli); nel corso di carriera, purtroppo, ne ho
incontrato qualcuno e ho preferito cambiare organizzazione (per resisterci, infatti, bisogna esserci portati, bisogna uniformarsi,
essere politici e “asettici”, per così dire… in altre parole bisogna annientare la propria
personalità trasformandosi in veri yes men).
Non è difficile comprendere che un approccio così rigido, autorevole e autoritario
generi un clima teso, un’atmosfera di generale disagio e insoddisfazione con effetti
a cascata su riduzione della produttività,
dell’efficienza e della qualità del lavoro in
generale.
A fronte di questi aspetti, Goleman consiglia di adottare lo stile “militare”
soltanto in particolari condizioni (estrema
emergenza o crisi).
Esigente
Focalizzato sull’obiettivo, il leader esigente
è colui che risulta estremamente determinato ma, purtroppo, spesso poco empatico
(ci ritorneremo più avanti).
Il leader in oggetto è una persona che ama
il successo e che di conseguenza esige
perfezione e rapidità esecutiva dai propri
Collaboratori; antepone i suoi interessi a
quelli del gruppo o del Team.
Goleman mette in guardia il leader esigente: il rischio di minare le dinamiche di gruppo o di risultare inadatto, per non dire inetto, è piuttosto concreto.
Ma esiste un’azione\comportamento correttivo a questa possibile distorsione: consiste nel dare il buon esempio mettendosi in
gioco in prima persona, portando la propria
esperienza e cercando di recuperare affiatamento con il proprio staff.
Ma dare il buon
esempio è un’attività complessa, impegnativa e non per tutti.
Visionario
La leadership visionaria prevede una linea
direttiva che mira a condividere gli obiettivi e la mission aziendale con i Collaboratori, per far sì che si crei una sorta di ‘sogno
condiviso’.
Il leader visionario è colui che in un particolare e delicato momento di cambiamento
riesce a creare un clima positivo in azienda;
è colui che identifica una direzione chiara e
che, allo stesso tempo, è in grado di travasarla e farla interiorizzare anche al proprio
Team (n.d.r. da qualche tempo sto collaborando come consulente organizzativo di
un’azienda, seguendo anche come executive coach un CEO che ha queste caratteristiche…unite ad un carisma innato).
Lo stile risulta efficace se adottato da un
“capo” carismatico, sicuro di sé, empatico
e soprattutto credibile.
Nelle organizzazioni dove incontriamo questo stile, generalmente, ci troviamo di fronte
ad un grande engagement dei Collaboratori; i risultati vengono raggiunti più agevolmente laddove poi esistano elementi strutturali ed organizzativi adeguati e coerenti.
Democratico
Un leader democratico è in grado di valorizzare i propri Collaboratori attraverso il
coinvolgimento degli stessi nelle decisioni
aziendali.
Il caposaldo dello stile in questione è insito
in un’operatività “partecipativa” che tende
a responsabilizzare ogni dipendente verso
il raggiungimento degli obiettivi.
La dinamica “democratica” in linea generale è finalizzata alla valorizzazione dei
singoli e delle relative competenze; comporta pertanto, anche in questo caso, notevoli vantaggi in termini di produttività e di
“engagement”.
Presupposti indispensabili affinché questa linea di condotta risulti efficace è però
l’esperienza dei Collaboratori e un buon livello di affiatamento dello Staff, mixate con notevoli competenze comunicazionali da
parte del leader.
Coach
L’obiettivo principale di un leader coach è
quello di creare una connessione tra la
mission dell’azienda e quelli che sono i desideri e i bisogni del lavoratore. Facile, no?
Il coaching, in questa accezione, punta infatti a far emergere le potenzialità di ogni
membro del Team e valorizzarne i talenti
per migliorare le singole performance (e
quelle del Team) ai fini del raggiungimento
degli obiettivi aziendali comuni.
Goleman presuppone, per l’efficacia di tale
“strategia” di conduzione, la presenza di lavoratori motivati, dotati di spirito d’iniziativa
e desiderosi di crescere professionalmente
e personalmente.
Anche in questo caso è importante la credibilità del leader, l’empatia e la predisposizione ad aiutare gli altri senza trasformarsi,
però, in una sorta di “manipolatore”.
Armonizzatore o affiliatore
Si tratta di uno stile volto a creare armonia
all’interno di un gruppo\team di lavoro ed
è un approccio che si focalizza sulla relazione; tende a prevenire e ridurre conflitti
tra i singoli componenti di un Team.
Non è difficile intuire che tale tipologia di
leadership richieda ancora una volta ottime capacità relazionali e comunicative, indispensabili per lo sviluppo di una stretta
connessione biunivoca tra le persone.
Tale linea direttiva risulta particolarmente
funzionale in situazioni tensive, di stress e/o
crisi in cui la motivazione vacilla, andando
a minare le performance e la relazione.
Giunti a questo punto ci sarebbero altri stili da illustrare ma per semplicità espositiva
possiamo portare in evidenza che ogni leader deve essere in grado di adottare un suo
stile conforme alla propria personalità o ancor meglio, se possibile, far proprie le “best
skills” di ogni stile “alternando” le varie tipologie in base ai contesti in cui opera, ai momenti e agli obiettivi da raggiungere.
Non è
detto, infatti, che uno stile sia migliore dell’altro in assoluto perché, appunto, va contestualizzato in relazione a fattori organizzativi,
culturali, ambientali e di inclinazioni (talenti),
predisposizioni individuali e/o del Team.
Una cosa importante da sottolineare, nota
ma non scontata, è che c’è una notevole
differenza tra manager e leader.
Molti manager rivestendo posizioni apicali
pensano anche di essere dei leader, come
se, per una sorta di proprietà transitiva, manager fosse uguale a leader.
Niente di più falso ed il motivo è presto spiegato: un manager normalmente dovrebbe
(uso il condizionale) fare le cose nel modo
giusto; il leader, invece, fa le cose giuste.
Molto spesso questa sottile ma radicale
differenza non viene riconosciuta; sarebbe illuminante per molti top manager o
executive ascoltare il parere dei loro
Collaboratori chiedendo un serio feed back in
merito. Pertanto, un suggerimento sempre
valido per ogni manager potrebbe essere
quello di sintonizzarsi con il percepito dello Staff a riporto diretto ed effettuare una
sorta di fine tuning rispetto a quello che
non va o non è recepito\riscontrato dai
componenti stessi.
Già perché è come un principio di marketing: “caro brand se tu non chiedi al tuo
consumatore cosa pensa di te, dei tuoi prodotti\servizi e della loro qualità, come puoi
essere certo di riscontrare la soddisfazione
ed il riconoscimento da parte dei tuoi consumatori\fruitori?”.
In molti casi potrebbe risultare utile al manager farsi affiancare da un esperto in materia (coach\mentor) per intraprendere un
percorso di executive reflection.
A conclusione di questa prima puntata, ci
lasciamo con un’interessante prospettiva di
leadership, coniata nel lontano 1978, dallo studioso americano James MacGregor
Burns: la leadership trasformazionale.
Ma di questo parleremo nella prossima
puntata…vi aspettiamo numerosi!
22 novembre 2023