Processo a Galileo Galilei: repetita iuvant?

I fatti di cronaca del 2023 richiamano il processo a Galilei

Alberto Pilotto Federmanager Vicenza

Alcuni episodi accaduti negli anni recenti, di varia natura e di diversa importanza, accompagnati dalle conseguenti valutazioni e commenti da parte di una “compagnia di giro” ormai consolidata (politici, giornalisti, accademici, intellettuali) che ripete in ogni occasione la stessa solfa hanno suscitato in me una specie di reazione avversa. 
Mi è venuto, quindi, naturale pensare a Galileo Galilei

Qualcuno sorriderà e si sorprenderà che nel 2023 si possa fare riferimento ad un personaggio, per quanto molto famoso, ma vissuto alcuni secoli fa (1564- 1642). Fisico, astronomo, matematico, filosofo è famoso non solo per i suoi studi ma per avere introdotto un metodo scientifico, detto anche metodo sperimentale o galileano, nella scienza. 

Sono note le sue traversie: sospettato di eresia dalla Chiesa, accusato di voler sovvertire la filosofia aristotelica e le Sacre Scritture, processato e condannato dal Sant’Uffizio, poi costretto all’abiura delle sue teorie astronomiche nel 1633. Solo dopo 359 anni, nel 1992, Papa Giovanni Paolo II riconobbe gli “errori commessi”, riabilitando Galileo. 

Questa premessa serve per cercare di spiegare e di commentare alcuni fatti di cronaca recente che, a mio avviso, possono richiamare non tanto il metodo scientifico (che dovrebbe sempre essere usato quando si tratta di scienza) ma, soprattutto, il processo a Galileo.

Gli avvenimenti più importanti a cui mi riferisco sono, purtroppo, noti a tutti ma, comunque, vale la pena di ricordarli: pandemia Covid 19, guerra Russia-Ucraina, politiche UE, cambiamento climatico e le relative valutazioni e decisioni: vaccinazioni, crisi energetiche, piani verdi.
In questo scenario, non potevano mancare nuovi neologismi: negazionisti, terrapiattisti, no-vax, ecc. Per persone come lo scrivente (classe 1943) il termine negazionista ha un significato ben preciso e riferito agli ebrei e ai campi di sterminio della Germania nazista durante la seconda guerra mondiale. 

Adesso, un certo numero di adepti dell’intelligenza artificiale definisce negazionista qualsiasi persona che osi esprimere un’opinione diversa dalla loro, dando quindi una valutazione non solo contraria ma improponibile (visto il ricordo passato). 

Per quanto riguarda il terrapiattista, siamo più o meno allo stesso livello di acefalia del precedente caso. In entrambi gli esempi viene negata, da parte di questi rappresentanti della democrazia moderna, qualsiasi possibilità di valutare e di esprimere concetti e valutazioni diverse dalle loro (“enunciati”).

Inoltre, i titoli di studio specialistici, le esperienze professionali, i riconoscimenti internazionali (anche premi Nobel) non vengono ritenuti idonei se portano a conclusioni diverse o contrarie ai dogmi da essi sostenuti. 

A questo punto non posso non ricordare la politica lungimirante della Serenissima Repubblica di San Marco che lasciò ampia libertà all’Università di Padova e a Galileo Galilei che lì ebbe cattedra per ben 18 anni, definiti da questi “i migliori anni della mia vita”. 

D’altra parte, il motto del Bo’ era ed è: "Universa Universis Patavina Libertas”, il cui significato credo possa essere comprensibile anche ai rappresentanti del pensiero unico corrente. Quindi, riprendendo la domanda nel titolo, a chi giova intentare moderni processi ai novelli Galilei? 

Concludo con una frase di Galileo: “L’autorità dell’opinione di mille nelle scienze non val per una scintilla di ragione di uno solo”.