Processo a Galileo Galilei: repetita iuvant?
I fatti di cronaca del 2023 richiamano il processo a Galilei
Alcuni episodi accaduti negli anni recenti,
di varia natura e di diversa importanza, accompagnati dalle conseguenti valutazioni
e commenti da parte di una “compagnia di
giro” ormai consolidata (politici, giornalisti,
accademici, intellettuali) che ripete in ogni
occasione la stessa solfa hanno suscitato
in me una specie di reazione avversa.
Mi è
venuto, quindi, naturale pensare a Galileo
Galilei.
Qualcuno sorriderà e si sorprenderà che nel 2023 si possa fare riferimento ad un personaggio, per quanto molto
famoso, ma vissuto alcuni secoli fa (1564-
1642). Fisico, astronomo, matematico,
filosofo è famoso non solo per i suoi studi
ma per avere introdotto un metodo scientifico, detto anche metodo sperimentale o
galileano, nella scienza.
Sono note le sue
traversie: sospettato di eresia dalla Chiesa,
accusato di voler sovvertire la filosofia aristotelica e le Sacre Scritture, processato e
condannato dal Sant’Uffizio, poi costretto
all’abiura delle sue teorie astronomiche nel
1633. Solo dopo 359 anni, nel 1992, Papa
Giovanni Paolo II riconobbe gli “errori commessi”, riabilitando Galileo.
Questa premessa serve per cercare di
spiegare e di commentare alcuni fatti di
cronaca recente che, a mio avviso, possono richiamare non tanto il metodo scientifico (che dovrebbe sempre essere usato
quando si tratta di scienza) ma, soprattutto,
il processo a Galileo.
Gli avvenimenti più importanti a cui mi riferisco sono, purtroppo, noti a tutti ma,
comunque, vale la pena di ricordarli: pandemia Covid 19, guerra Russia-Ucraina,
politiche UE, cambiamento climatico e le
relative valutazioni e decisioni: vaccinazioni, crisi energetiche, piani verdi.
In questo scenario, non potevano mancare
nuovi neologismi: negazionisti, terrapiattisti, no-vax, ecc. Per persone come lo scrivente (classe 1943) il termine negazionista
ha un significato ben preciso e riferito agli
ebrei e ai campi di sterminio della Germania
nazista durante la seconda guerra mondiale.
Adesso, un certo numero di adepti dell’intelligenza artificiale definisce negazionista
qualsiasi persona che osi esprimere un’opinione diversa dalla loro, dando quindi una
valutazione non solo contraria ma improponibile (visto il ricordo passato).
Per quanto
riguarda il terrapiattista, siamo più o meno
allo stesso livello di acefalia del precedente
caso. In entrambi gli esempi viene negata, da parte di questi rappresentanti della
democrazia moderna, qualsiasi possibilità
di valutare e di esprimere concetti e valutazioni diverse dalle loro (“enunciati”).
Inoltre,
i titoli di studio specialistici, le esperienze
professionali, i riconoscimenti internazionali
(anche premi Nobel) non vengono ritenuti
idonei se portano a conclusioni diverse o
contrarie ai dogmi da essi sostenuti.
A questo punto non posso non ricordare la
politica lungimirante della Serenissima Repubblica di San Marco che lasciò ampia
libertà all’Università di Padova e a Galileo
Galilei che lì ebbe cattedra per ben 18 anni, definiti da questi “i migliori anni della mia
vita”.
D’altra parte, il motto del Bo’ era ed
è: "Universa Universis Patavina Libertas”,
il cui significato credo possa essere comprensibile anche ai rappresentanti del pensiero unico corrente. Quindi, riprendendo la
domanda nel titolo, a chi giova intentare moderni processi ai novelli Galilei?
Concludo
con una frase di Galileo: “L’autorità dell’opinione di mille nelle scienze non val per
una scintilla di ragione di uno solo”.
05 ottobre 2023