Talenti, innovazione e crescita manageriale per il futuro
La necessità di modernizzare il nostro paese per essere più attrattivi
Daniele Damele
Presidente Federmanager Friuli Venezia Giulia
È imperativo attrarre talenti e favorire la
crescita manageriale.
Viviamo un momento d’incertezza e assenza di prospettiva
a medio lungo termine che ci impone una
riflessione, ma soprattutto azioni chiare e
determinate.
Il Nord Italia mostra ancora
maggiore appeal rispetto ad altre aree della Penisola, ma esce con le ossa rotte dal
confronto internazionale. E non si tratta di una cosa da poco, considerato che proprio mentre si entra nell’era
digitale emerge con forza crescente il ruolo
delle risorse umane per poter fare la differenza in un contesto nel quale le tecnologie diventano commodity e, quindi, sono
disponibili per tutti, o quasi.
La Fondazione Nord Est ha messo a punto il
“Rai-Regional Attractiveness Index”, elaborato sulla base di 26 parametri raggruppati
in cinque aree. L’indicatore, permettendo di
individuare i fattori di maggior ritardo, cioè
quelli nei quali il punteggio è più lontano da
quello delle regioni migliori, è utile per disegnare le politiche necessarie a riconquistare più rapidamente posizioni.
La graduatoria europea è guidata dall’area
di Stoccolma, seguita dall’Ile de France
(Parigi) e dall’Alta Baviera (Monaco). Tra le
prime venti regioni (nella graduatoria non
sono inclusi Regno Unito e Svizzera per carenza di statistiche omogenee), ce ne sono
otto tedesche e tre olandesi, senza alcuna
presenza tra le italiane.
Per trovare la prima
regione della Penisola occorre scendere
fino al 38esimo posto, dove si incontra la
Lombardia. Il Veneto è seconda, al 58esimo
posto continentale, mentre il Friuli-Venezia
Giulia è sesto – preceduto da Lazio ed Emilia-Romagna – alla posizione numero 69.
Con il Trentino Alto-Adige alla 72esima
piazza.
Tra il 2011 e il 2021, rilevano gli autori dello studio Shira Fano e Gianluca Toschi, l’Italia ha perso oltre 111mila giovani
laureati under 40 a favore degli altri Paesi.
Ogni ricerca ha i suoi perché e può essere più o meno utile. In questo caso l’analisi
ci induce a riflettere sulle necessità utili a
modernizzare il Paese: l’abilitazione economica, la capacità di innovare, la crescita
del numero degli occupati con salari adeguati, la capacità di trattenere le persone
attraverso il riconoscimento del merito e le
competenze.
Occorre orientarci a favorire l’imprenditoria, attirare talenti, privilegiare manager con
energie e competenze in grado di aiutare le
aziende a fare la differenza.
Puntiamo sulla
conoscenza, su marchi e brevetti, ma anche e soprattutto sul già citato merito di dirigenti e lavoratori. Come misurare il merito
non è poi affatto difficile, anzi, basta essere
scevri e liberi da condizionamenti esterni.
La PA punti a garantire migliori infrastrutture per la mobilità e maggiore ricerca tecnologica per l’innovazione, le banche garantiscano crediti adeguati, gli imprenditori
privilegino la vision futura, i manager la brevettazione e la brandizzazione per riguadagnare competitività.
Un capitolo a parte lo si deve riservare
alla PA che oltre alle citate infrastrutture,
deve assicurare snellimento della burocrazia facendo funzionare i sistemi attuali. La
pandemia ha portato con forza l’uso dello
smart working. Si favorisca tale strumento
in situazioni di coworking, ovvero in aree e
strutture idonee dove possano operare lavoratori pubblici e privati assieme per lavori
“smartabili”.
Si giunga, poi, progressivamente, specie
nella PA, a permettere la sottoscrizione di
contratti privati con lavoratori che operano in smart working i quali potranno così
emettere fatture mensili sulla base del lavoro prestato, degli obiettivi realizzati, della
produttività.
Anche questo è meritocrazia.
Un patto reale tra privato e pubblico può
assicurare modernizzazione e cambio di
rotta, è innovativo e addirittura può “sconcertare” chi detiene nel mondo “i fili del potere” permettendo operoso benessere alla
comunità.
05 ottobre 2023