Whatever it takes
Seconda parte
Di Alberto Pilotto
Federmanager Vicenza
Nei giorni antecedenti il nostro CdR mi trovavo alla mia solita scrivania intento a strizzarmi le vetuste meningi in cerca di ispirazione sull’argomento da trattare nel presente numero.
Pensavo fosse doveroso fare
qualche commento e qualche riflessione,
senza criticare o esaltare questo o quel partito (il nostro Presidente nazionale ha sempre sostenuto la necessità di fare politica,
ma non partitica), sul recente avvenimento:
le elezioni europee dell’8 e 9 giugno.
Nel
mentre, mi è caduto l’occhio su un articolo
di un quotidiano, corredato da una foto di
Mario Draghi: è scattata la scintilla che mi
ha fatto connettere la famosissima frase nel
titolo di qualche anno fa, relativa all’Euro,
con l’utilizzo della stessa frase, ma relativa
ad altri campi, per il prossimo futuro.
L’articolo riportava la consegna da parte del Re Felipe VI di Spagna del premio Carlo V (1500-1558, Re di Spagna e Imperatore del Sacro Romano Impero) “per la leadership quando era presidente della BCE, che ha permesso all’Unione Europea di affrontare una delle sue crisi più grandi”.
Si tratta di uno dei più prestigiosi premi che ha visto premiati leaders mondiali come Angela Merkel, Michail Gorbaciov, Antonio Gutierres.
Whatever it takes (Tutto ciò che è necessario, o Costi quel che costi) venne pronunciata da Mario Draghi – governatore della Banca centrale Europea - il 26 luglio 2012, nell’ambito della crisi del debito sovrano europeo, durante la Global Investments Conference a Londra. In quella occasione, Draghi affermò anche che “l’unica via d’uscita da questa crisi attuale è avere più Europa, non meno Europa”.
I temi affrontati da Draghi nel corso del discorso durante la cerimonia di premiazione sono una
anticipazione delle linee guida che saranno poi ufficializzate nel suo Rapporto sulla
competitività (chiestogli da Ursula von der
Leyen) previsto per fine luglio che dovrebbero rilanciare l’Eu: difesa comune, intelligenza artificiale, digitalizzazione, transizione verde, energia, welfare.
Serviranno, tra
l’altro, più investimenti in ricerca e in innovazione e “un grado di cooperazione e coordinamento a livello europeo mai visto prima”.
Le indicazioni espresse non possono non
trovarmi d’accordo; sono curioso, tuttavia,
di vedere come il nuovo Consiglio, il nuovo Presidente, i nuovi Commissari, il nuovo
Parlamento vorranno e/o sapranno concretizzare queste indicazioni, anche tenendo
conto degli esiti, in certi casi eclatanti (p.e.
Francia e Germania) delle recenti votazioni.
Infine, riprendendo la frase di Draghi (non
meno ma più Europa), io non credo che il
futuro si possa affrontare con una visione
manicheista e, quindi, solo con il segno
+ (il Bene) oppure il segno – (il Male), ma,
utilizzando tutte le analisi e le verifiche del
caso sulla passata consigliatura, proporre
un programma pragmatico e non ideologico da realizzare per salvare, questa volta, gli Europei: whatever it takes (2° parte).
Desidero concludere con una frase di Albert Einstein (1879-1955), fisico e premio
Nobel: “Non pretendiamo che le cose
cambino se agiamo sempre nello stesso
modo”.
Prosit!
11 luglio 2024