CNR: chi è costui?
Consiglio Nazionale delle Ricerche
Alberto Pilotto
Associato Federmanager Vicenza
Carneade! Chi era costui?” (Carneade
è stato un filosofo greco, nato nel 214 a.C.,
non particolarmente famoso).
Ho usato questo riferimento (e mi scuso
subito con chi, invece, conosce l’acronimo
del titolo) per segnalare il totale silenzio
degli organi di informazioni scritti e televisivi sul CNR - Consiglio Nazionale delle
Ricerche, di cui ricorre il centenario della
fondazione.
Ma, come già sanno i nostri
cortesi e pazienti lettori, nel nostro Paese
di Santi, Poeti e Navigatori la Ricerca, nella
sua accezione più ampia, non gode della
stessa attenzione ed interesse (audience)
di qualche cantante o calciatore o attore
se non in occasione di qualche calamità
naturale o evento tragico (guerre, carenza
di materie prime, crisi energetiche).
Allora,
spuntano, come funghi dopo la pioggia,
numerosi articoli e programmi televisivi in
cui i cosiddetti “esperti” possono scrivere
o parlare da scienziati.
Non ho mai letto o
sentito in questi ultimi tempi, e ce ne sarebbe stato motivo, qualcuno che menzionasse il nostro CNR. Perché? Vediamo,
anzitutto, un po’ di storia: costituito il 18
novembre 1923, è il principale ente pubblico di ricerca italiano e si è classificato nel
2018 al decimo posto tra gli enti pubblici
di ricerca più innovativi al mondo.
È sottoposto alla vigilanza del Ministero dell’Università e della Ricerca. La struttura attuale
consiste in sette Dipartimenti: Scienze
biomediche, Scienze fisiche e tecnologie
della materia, Scienze del sistema terra e tecnologie per l’ambiente, Scienze
chimiche e tecnologie dei materiali, Ingegneria, ICT e tecnologie per l’energia
e i trasporti, Scienze bio-agroalimentari, Scienze umane e sociali, patrimonio
culturale.
A questi sette Dipartimenti afferiscono ottantotto Istituti, localizzati in diverse sedi. Nel Triveneto ci sono quattro
sedi: Padova, Venezia, Trieste e Trento.
A Padova ci sono i sette Istituti: Chimica
della Materia Condensata e di Tecnologie
per l’Energia, Gas ionizzati, Neuroscienze,
Protezione idrogeologica, Atmosfera e Clima, Dinamica dei processi ambientali, Tecnologie della costruzione.
A Venezia, due Istituti: Scienze marine, Dinamica dei processi ambientali. A Trieste, quattro Istituti:
Officina dei materiali, Scienze marine, Struttura della materia, Cristallografia. A Trento,
due Istituti: Valorizzazione del legno e delle
speci arboree, Ottica.
L’attuale Presidente è Maria Chiara Carrozza, fisica, prima
donna ad ottenere il prestigioso incarico,
già Ministro dell’Istruzione, dell’Università
e della Ricerca.
Devo ammettere che io ho
una particolare sensibilità nei confronti di
questa sigla perché la conosco dalla fine
degli anni sessanta quando, laureando in
Chimica presso l’Istituto di Chimica Organica dell’Università di Padova, mi ritrovai
in un laboratorio cove convivevono le due
realtà, Università e CNR, sia tra i ricercatori che tra i tecnici.
Esistevano, fin d’allora,
forme di cooperazione con le Università e
l’Industria e altre Istituzioni. Periodicamente, veniva stampato un report delle attività
di tutti i dipartimenti.
Ma, e ritorniamo alla
domanda iniziale, perché, dopo tutti questi anni, questa sigla è pressochè sconosciuta al grande pubbblico? “The answer,
my friend, is blowin’ in the wind” (amico mio
la risposta soffia nel vento, 1963) direbbe il
cantautore Bob Dylan.
Le attuali tematiche
(fonti energetiche, clima, auto elettriche,
abitazioni), frutto di emergenze dovute a
scelte e/o decisioni sconsiderate prese sia
a livello nazionale che europeo ed internazionale, dovrebbero, a maggior ragione,
vedere gli stakeholders dell’azienda Italia
(governo, partiti, amministratori, sindacati,
imprenditori, manager, cittadini) particolarmente attenti a questo Ente per convogliare
risorse su aspetti attuali e critici.
La pluralità
di conoscenze e di competenze possono
essere utilizzate per dare delle risposte più
appropriate e approfondite, frutto di visioni complementari, evitando di affrontare un
problema complesso e poi trovare una soluzione parziale e distorta.
A questo proposito desidero portare un caso emblematico, da poco accaduto e che ha coinvolto mia moglie. Uscita da un negozio, situato su di una via cittadina ad alto traffico, è stata investita da una bicicletta condotta da una distinta signora.
La signora investitrice,
dopo le dovute scuse, ha motivato questo
comportamento, da noi ritenuto pericoloso
e non ortodosso, con la motivazione del
traffico intenso di auto e altri mezzi sulla via,
della sua conseguente paura e, quindi, della necessità di procedere sul marciapiede,
perché aveva fretta.
L’incidente è finito lì, poi, mi è venuto alla mente (chissà come mai) che quella
signora avrebbe potuto essere insignita
della medaglia al merito europeo:
- stato dell’arte reale(traffico intenso e potenzialmente pericoloso per le biciclette),
- soluzione personalizzata (continuo la mia corsa sul marciapiede),
- investo chi esce da un negozio (l’investito avrebbe dovuto controllare che il marciapiede fosse sicuro e libero da biciclette).
Ciascuno dei nostri pazienti
lettori potrà mutuare da questo episodio le
diverse situazioni e i diversi protagonisti
che hanno e continuano ad avere così intensamente influenzato la nostra vita di cittadini.
L’aspetto più significativo e pericoloso, a mio avviso, è che la suddetta signora
ha sempre ritenuto di aver agito nel giusto
e che, anche davanti all’evidenza pratica
di un errore non ha ritenuto di rivedere la
sua decisione.
Ritornando alla domanda cruciale iniziale
“perché?”: da parte mia non sono in grado di dare una risposta precisa; tuttavia,
anche in questo caso, come in casi simili,
mi sovviene la famosa frase dell’On. Giulio Andreotti relativamente al fare peccato,
pensando male.
Desidero concludere queste note con una
frase di G.K. Chesterton (scrittore britannico 1874-1936): “Spade saranno sguainate per dimostrare che le foglie sono verdi
d’estate”
05 aprile 2023