DIH, porta d’accesso Industria 4.0
400 in Europa e 22 in Italia. Come stanno lavorando i Digital Innovation Hub?
Il punto con Fabrizio Gea, responsabile nazionale dei DIH per Confindustria.
A cura della redazione
L’idea di creare dei centri di accelerazione digitale per il sistema delle imprese, germogliata appena tre anni fa per iniziativa comunitaria, si è concretizzata.
Dal 2016 a oggi i 22 Digital Innovation Hub (DIH) sul territorio italiano hanno preso forma e sostanza, sono tutti operativi, con diversi gradi di avanzamento e peculiarità regionali, e tutti presenti nel catalogo europeo che raggruppa oltre 400 hub dell’innovazione in giro per il Continente.
Secondo Fabrizio Gea, che ne ha la responsabilità nazionale, «i DIH rappresentano la porta di accesso delle imprese al mondo di industria 4.0».
La chiave per schiuderla? «Attivare il network degli attori territoriali dell’innovazione ed essere in rete a livello nazionale ed europeo».
L’integrazione europea rappresenta un pilastro fondamentale per l’efficacia di tutto il sistema dei Digital Innovation Hub. Perché?
La Commissione europea ha posto un forte accento sulla necessità di costituire una rete europea di hub per l’innovazione e a tal fine ha avviato specifiche iniziative e progetti, ai quali i DIH di Confindustria partecipano attivamente. Diversi passi avanti sono stati fatti. I DIH sono tutti iscritti al catalogo europeo, partecipano alle iniziative della Commissione europea, che periodicamente li riunisce per condividere il lavoro svolto negli Stati membri e rispondono alle call europee a loro dedicate.
Che aspettative nutre sul programma di finanziamento Digital Europe?
Si tratta del primo programma Ue interamente dedicato all’economia digitale, che sarà contenuto nel prossimo bilancio 2021-2027, per supportare la trasformazione digitale delle società e delle economie europee attraverso la diffusione su vasta scala delle tecnologie digitali e avvalendosi dei DIH. Per questo, la Commissione intende assicurare la presenza dei DIH in tutta Europa, sostenendone l’operatività. Per i nostri DIH rappresenta un’importante opportunità.
Le imprese sono diventate più sensibili rispetto al tema del digitale?
È stato svolto un grande lavoro di sensibilizzazione e di formazione sulla “cultura 4.0”. Confindustria si è impegnata in una campagna di divulgazione dei contenuti del Piano Industria 4.0 e delle sue tecnologie, per far conoscere a quante più imprese possibile gli strumenti a disposizione e per fare cultura dell’innovazione. Il nostro obiettivo è quello di sensibilizzare e orientare le imprese verso l’innovazione in chiave digitale. Molto resta da fare per coinvolgere le tante Pmi che popolano il tessuto industriale italiano e che hanno bisogno di ulteriore supporto per intraprendere la via della digitalizzazione. È fondamentale infatti assicurare lo sviluppo omogeneo di tutto il sistema produttivo, evitando spaccature territoriali e dimensionali. In questo contesto, la cultura d’impresa e la capacità dei manager di cogliere l’importanza della trasformazione digitale rappresentano l’elemento chiave così come le nuove competenze necessarie per gestire l’innovazione. Digital Europe è il primo programma interamente dedicato all’economia digitale. Per noi rappresenta un’importante opportunità.
A proposito di competenze per l’innovazione, lo scorso 17 settembre si è svolto il kick off del progetto Ama-DIH che coinvolge direttamente alcune figure manageriali per lo sviluppo delle imprese. Quali sono i motivi a sostegno di questa iniziativa?
I DIH stanno entrando nel pieno dell’operatività: molte imprese si stanno avvicinando a Industria 4.0 e tante sono ancora da coinvolgere. Per rispondere a questa crescente domanda, è emersa la necessità di rafforzare la struttura dei DIH con figure professionali che abbiano competenze tecniche e manageriali coerenti con gli obiettivi dei DIH stessi. Il progetto Ama-DIH nasce per fornire supporto operativo agli hub, attraverso l’individuazione e l’inserimento di figure manageriali con competenze qualificate per affiancare le imprese nello svolgimento dei test di autovalutazione della maturità digitale e per realizzare altre iniziative a supporto delle imprese stesse sui temi della trasformazione digitale 4.0. Tali professionalità sono state individuate, d’intesa con i DIH interessati, tra i profili di Federmanager con l’obiettivo di rendere disponibili risorse e professionalità spendibili sul mercato del lavoro a supporto dell’innovazione digitale delle imprese. Il progetto permette quindi di attivare strumenti di politica attiva del lavoro, facilitando il matching tra domanda ed offerta di competenze e attivando un circolo virtuoso tra imprese, manager e DIH.
La rete dei DIH ha realizzato ad oggi oltre 430 iniziative tra seminari, incontri one to one e visite studio, coinvolgendo oltre 5.200 imprese.
Lei ha parlato dei test di autovalutazione della maturità digitale delle imprese, che è una delle attività che avete promosso in questi mesi. Di cosa si tratta?
La valutazione della maturità digitale dell’impresa è realizzata attraverso specifici tool. Per monitorare l’evoluzione del sistema produttivo e la sua trasformazione verso modelli 4.0 la rete dei DIH ha deciso di adottare un unico strumento di valutazione elaborato dal Politecnico di Milano in collaborazione con Assoconsult.
Indaga 4 dimensioni: l’organizzazione, l’esecuzione, il monitoraggio e il controllo e le tecnologie. Queste quattro dimensioni sono analizzate nei macroprocessi che compongono la value chain di una impresa: ricerca e sviluppo, produzione, qualità, supply chain, logistica, marketing, vendite e customer care, risorse umane. Ad oggi oltre 600 aziende su tutto il territorio nazionale hanno effettuato il test.
E cosa è emerso finora?
L’indicatore più alto è quello di esecuzione dei processi, questo significa che le aziende italiane sanno “fare”. Gli indicatori più bassi sono invece quelli del controllo e delle tecnologie: le aziende italiane devono migliorare la fase di controllo dei processi, utilizzando sistemi e strumenti più digitali.
Ci sono differenze tra nord, centro e sud Italia? Definirebbe la regionalizzazione dei DIH un punto di forza o di debolezza?
La dimensione regionale dei DIH con le diverse “antenne” sul territorio è stata scelta per raggiungere capillarmente tutte le imprese e soddisfare in modo più puntuale le esigenze e le caratteristiche delle Pmi. Il punto di forza che caratterizza i DIH di Confindustria è che operano in rete, condividendo progetti e iniziative che talvolta nascono a livello locale, ma poi vengono adottati da tutti. Il fatto di operare in rete assicura l’omogeneità delle attività offerte dai DIH su tutto il territorio.
Può fare qualche esempio delle attività che svolgete?
Sono concentrate su tre ambiti: sensibilizzazione e formazione, accompagnamento nella valutazione della maturità digitale e orientamento verso l’ecosistema dell’innovazione. La rete dei DIH ha realizzato ad oggi oltre 430 iniziative tra seminari, incontri one to one e visite studio, coinvolgendo oltre 5.200 imprese; ha effettuato i già citati assessment della maturità digitale e partecipa a bandi nazionali, regionali ed europei, supportando le imprese per l’accesso diretto a bandi prevalentemente regionali.
Cosa servirebbe davvero per accelerare l’operatività dei DIH?
Al momento i DIH trovano un grande supporto nel sistema associativo di Confindustria, che ha creduto fortemente nel progetto e ha dedicato risorse al suo avvio. Ciò che serve è creare le condizioni affinché possano consolidarsi, attivando partnership e collaborazioni che consentano di rafforzarne le strutture e ampliare le proprie attività.
Articolo pubblicato dal mensile Progetto Manager
01 novembre 2019