Le opportunità del Digitale
Dirigenti Industria intervista Elio Catania, Presidente di Confindustria Digitale. Secondo Catania "al manager spetta la capacità di ridisegnare le organizzazioni, i processi e far evolvere le competenze interne, assumendosi la responsabilità di guidare a tutti gli effetti l’azienda verso nuovi modi di creare valore".
Nonostante il contesto e la fase critica, ci sono potenzialità e prospettive di sviluppo per la rete di imprese italiane ?
Sappiamo che uno dei problemi fondamentali del nostro Paese è proprio quello della crescita. Abbiamo di fronte a noi una forbice, che ci differenzia costantemente rispetto ai principali paesi europei a partire dall’anno 2000, in cui accanto alla mancata crescita dell’economia, inizia la curva in discesa della produttività. È ormai accettato dai principali analisti che uno dei fattori fondamentali alla base delle nostre difficoltà consista nel fatto che in questo periodo si è investito poco in nuove tecnologie e innovazione. Per essere al pari della media europea avremmo dovuto investire all’anno 25 miliardi di euro in più. Invece abbiamo accumulato un gap di oltre 300 miliardi di euro non investiti in innovazione all’interno del nostro sistema economico, del sistema delle imprese, della pubblica amministrazione, all’interno dei sistemi territoriali. Ciò significa che il capitale di innovazione iniettato nell’economia italiana è indubbiamente più basso, in percentuale rispetto al Pil, rispetto agli altri paesi europei. E questo ci è costato molto caro in termini di crescita economica, bassi tassi di produttività, arretratezza nell’adozione di Internet, nell’e-commerce, nello sviluppo delle competenze, fattori che ci mantengono agli ultimi posti delle classifiche internazionali.
Negli ultimi tre anni, tuttavia, un processo di cambiamento si è messo in moto, anche se ancora si manifesta in termini eterogenei e frammentari. Diversi i segnali della nuova stagione. La ripresa degli investimenti in Ict che nel 2017 ha fatto registrare una crescita del 2,3% rispetto all’anno precedente, trend che nel 2018 dovrebbe salire al 2,8%; una forte accelerazione sull’infrastrutturazione del territorio con reti di telecomunicazioni a banda ultra larga, che sta consentendo di centrare gli obiettivi di copertura posti a livello Ue; sulle reti Tlc mobili, in particolare, l’Italia figura tra i paesi di testa in Ue, con una copertura 4G che ha ormai raggiunto il 98% della popolazione, mentre sono state avviate le sperimentazioni, lanciate dal governo e dagli operatori privati sullo standard 5G in sette grandi città. Infine il lancio del Piano Industria 4.0 con cui è stato compiuto un passaggio decisivo per la trasformazione digitale della nostra industria manifatturiera.
I primi riscontri testimoniano, quindi, che la strada imboccata è quella giusta. Se nel prossimo periodo questi trend verranno confermati o meglio rafforzati, l’Italia, seconda industria manifatturiera in Europa dopo la Germania e al settimo posto nel mondo tra i paesi più robotizzati, può giocarsi molte carte per recuperare il ritardo e consolidare i processi di crescita.
Quali iniziative e programmi Confindustria Digitale per le piccole e medie imprese ?
L’Italia, com’è noto, ha un tessuto produttivo composto per oltre il 90% da piccole imprese, le cui caratteristiche dimensionali non facilitano lo sviluppo di quelle capacità e visioni necessarie per cavalcare in proprio l’innovazione. La Federazione è partita proprio da questa considerazione per elaborare, in stretta collaborazione con Governo e Confindustria, il Piano Industria 4.0, con cui per la prima volta il Paese si è dotato di una politica industriale basata sull'innovazione, specifica per il suo particolare tessuto industriale. Il Piano, infatti, ha un approccio che valorizza filiere e distretti, coinvolgendo tutti i protagonisti della catena, spingendoli alla ricerca di nuove sinergie. Far diventare grandi le oltre 400mila Pmi manifatturiere è un obiettivo irrealistico. Farle crescere in competitività è alla nostra portata, inserendole in filiere evolute che consentano anche alle piccole e medie imprese di accedere a fattori di crescita altrimenti difficilmente raggiungibili: nuove sinergie, nuovi mercati, nuove risorse finanziarie e tecnologiche. I risultati nel biennio 2017- 18 con le agevolazioni vigenti di Industria 4.0 sono incoraggianti:
- Gli investimenti in beni Industria 4.0 (Iot, sensoristica, macchinari connessi, robotica avanzata, software per le macchine industriali) sono aumentati del 60% superando i 3 miliardi (dati Politecnico);
- Le imprese manifatturiere che hanno già avviato la trasformazione digitale sono circa il 16%. Su un totale di 400mila (dati Istat).
Certo siamo agli inizi, ma la strada è aperta. Attraverso lo Steering Committee Digitalizzazione PMI, Confindustria Digitale sta continuando a promuovere i temi di Industria 4.0 sul territorio con specifiche iniziative per le piccole e medie imprese. Siamo impegnati ad allargare la platea delle imprese e aiutarle a integrare le macchine con i processi aziendali vecchi e nuovi, la sensoristica, i software, la rete. A trovare una sintesi tra la tradizione, i saperi del Made in Italy e l'innovazione digitale. A far maturare progetti di intelligenza artificiale, blockchain, cybersecurity. Di Open Innovation su cui basare i nuovi modelli di filiera per trasformare la piccola dimensione in vantaggio competitivo. È questo l’obiettivo della rete dei Digital Innovation Hub, fortemente voluta da Confindustria, che vede ormai operare 23 nuovi soggetti nelle diverse regioni italiane, in stretto collegamento con gli attori dell’ecosistema territoriale. Lo scopo è superare le modalità tradizionali di trasferimento tecnologico, ormai del tutto inadeguate, attraverso un modello collaborativo e trasversale che impegna in prima linea il sistema delle imprese, le amministrazioni locali, i poli di ricerca.
Quale combinazione di tecnologie digitali abilitanti e competenze
manageriali risulta determinate per lo sviluppo dell’impresa?
Non c’è trasformazione digitale senza competenze adeguate e senza il pieno coinvolgimento del top management. L’errore più grande che può commettere un manager è trattare la trasformazione unicamente come un progetto IT, relegandolo alla responsabilità del proprio CIO. Perché se la tecnologia è un elemento chiave, in realtà è solo uno strumento per raggiungere un fine più ampio. La sfida che i manager si trovano ad affrontare è di far fare alla proprio impresa un vero e proprio salto culturale, delineando un processo di transizione tra passato e futuro inclusivo di tutte le componenti aziendali. La trasformazione digitale richiede, infatti, un cambiamento di mentalità aziendale che accompagni e crei valore dal cambiamento tecnologico.
Oggi i processi di trasformazione digitale, da cui trarre valore competitivo e nuovi modelli di business, vengono sempre più tracciati intorno allo sviluppo di tecnologie quali il mobile Internet, il cloud, i big data, l’Internet of Things, a cui si stanno aggiungendo in maniera prepotente l’Intelligenza artificiale, la blockchain, il machine learning. In questa scenario di continua e veloce innovazione, i manager sono chiamati a stabilire le strategie facendo sempre più ricorso all’impiego di metodi matematici-statistici nella valutazione di informazioni connesse alle decisioni imprenditoriali, a competenze sulle reti digitali e sui di sistemi di automazione, sulla robotica, data analytics, IoT, ecc., da applicare ai processi aziendali nella logica di Industry 4.0.
Al loro fianco dovranno avere esperti nell’analisi dei dati, nella sicurezza informatica, nell’intelligenza artificiale, nell’analisi di mercato. Parliamo quindi di figure professionali come i Data Scientist, Big Data Analyst, Cloud Computing Expert, Cyber Security Expert, Business intelligence Analyst, Social Media Marketing Manager, Artificial Intelligence Systems Engineer.
Quali sono le competenze manageriali che non possono mancare al dirigente al passo con i tempi ?
La sfida digitale riguarda i manager in prima persona, chiamati a disegnare i percorsi di un futuro che è già qui. I decisori aziendali devono scendere in campo e mettersi in gioco per essere in grado di approfondire la conoscenza delle nuove tecnologie, seguire i trend emergenti, saper leggere la realtà attraverso la lente dell’innovazione e superare le resistenze che i cambiamenti suscitano. Devono acquisire la capacità di confrontarsi con i dilemmi etici che ogni rivoluzione comporta, applicare il pensiero critico al digitale per discriminare tra opportunità e mode; mantenere un equilibrio fra innovazione e tradizione, fra un buon uso dei fattori umani e l’adozione di soluzioni “all digital”. Insomma più che di competenze, parlerei di capacità trasformativa complessiva che il manager deve acquisire, intesa come capacità di ridisegnare le organizzazioni, i processi e far evolvere le competenze interne, assumendosi la responsabilità di guidare a tutti gli effetti l’azienda verso i nuovi modi di creare valore.
01 aprile 2019