Cambiare l’organizzazione per migliorare il lavoro
Migliorare la produttività e la realizzazione personale al tempo stesso, non è utopia. Disegnare il “sistema operativo” del lavoro del futuro è un opportunità che non possiamo farci sfuggire e potrebbe essere una via per tornare a creare valore in modo sostenibile, inclusivo e meritocratico.
Nicolò Boggian
Board Member Forum della Meritocrazia e Managing Partner, Black Tie Professional
Max Weber diceva, riferendosi alla seppur efficiente burocrazia teutonica, che le organizzazioni dovrebbero avere una data di scadenza, annotando il modo in cui queste inevitabilmente tendono a cristallizzarsi e a far emergere una serie di interessi e comportamenti non del tutto coerenti con gli obiettivi per cui sono state costituite.
È ancora così? Le attuali organizzazioni sono la forma migliore per remunerare gli azionisti in modo sostenibile, generare prodotti e servizi di valore, consentire un armonico sviluppo della vita personale e professionale dei propri collaboratori?
In un epoca storica in cui si parla moltissimo della disruption dei modelli economico/finanziari e di business, dovuti alla tecnologia digitale e alla globalizzazione, possiamo dire che la base storica della nostra economia, l’organizzazione scientifica del lavoro, non sia stata sostanzialmente intaccata nei suoi principi basilari.
Molte delle aziende migliori replicano infatti modelli tradizionali e alcune delle start up più innovative dal punto di vista dei prodotti e servizi offerti sembrano non volere implementare forme solide di innovazione organizzativa.
Cosa ci aspetta in futuro? Una nuova forma organizzativa che unisca efficienza, capacità di innovazione, bilanciamento vita/lavoro, sostenibilità, diffusione di competenze e managerialità potrebbe essere la vera novità del prossimo decennio.
Gli assi di questa innovazione dovrebbero essere probabilmente due: il rapporto tra centralizzazione/decentramento delle informazioni e delle scelte operative e il rapporto tra i ruoli e i le responsabilità che le organizzazioni assegnano ai propri membri.
Il primo punto è illustrato parzialmente in alcune macro aree nello schema seguente.
La centralizzazione delle attività e delle scelte rende controllabili e replicabili progetti ed idee, ma trascura, a meno di non lavorare intensamente dal punto di vista della comunicazione e del coordinamento, opportunità e sinergie che nascono dal territorio e dalla periferia dell’organizzazione.
Allo stesso modo una forte decentralizzazione espone in alcuni casi ad una certa conflittualità interna, ma consente maggiore sinergia con clienti e fornitori e più contaminazione e capacità di innovazione. Si pensi per esempio alle potenzialità dell’Industria 4.0 e della Blockchain. Un sistema che consenta di prendere il buono dell’uno o dell’altro modello potrebbe forse dare autonomia locale, ma all’interno di una cornice di valori e informazioni condivise.
Allo stesso modo la seconda area di innovazione riguarda la capacità di rimodulare ruoli e responsabilità delle persone. Al crescere di alcuni “diritti” sempre più richiesti dalle persone ( es: formazione, accesso alle scelte strategiche, libertà di organizzazione del proprio lavoro, luoghi gradevoli nei quali lavorare) corrispondono anche nuovi doveri sempre più necessari alle organizzazioni ( es: essere proattivi e collaborativi, raggiungere obiettivi e risultati, mettere autentica passione in quello che si fa, essere una guida per i colleghi ...). Argomenti che mal si conciliano parimenti con la retorica dei diritti per tutti o con un approccio che trascuri i bisogni professionali e personali dei collaboratori e che invece consentono vantaggi sociali, ambientali ed economici considerevoli. Per esempio meno inquinamento dovuto a costi di trasporto, aumento della partecipazione femminile al lavoro, lifelong learning …
I due schemi sono in qualche modo congiunti ed intrecciati nella vita quotidiana delle organizzazioni e le scelte sottese danno vita a diverse esperienze di lavoro anche nella stessa organizzazione come si vede nella figura a seguire.
Queste esperienze infatti plasmano la vita e la carriera delle persone e contribuiscono a limitarne o ampliarne il valore e il potenziale. Condizioni professionali e normative che sembrano oggi desiderabili finiscono per danneggiare l’organizzazione, le persone e il contesto.
A queste modalità di lavoro e di esperienza infatti corrispondono effetti sulla produttività ed efficienza delle organizzazioni e sulla carriera e occupabilità delle persone.
Forme di resistenza al cambiamento spostano i problemi ( precarietà, illegalità ...) su alcune categorie particolari, mentre forme di adattamento al cambiamento apparentemente desiderabili sembrano in realtà modi più o meno sofisticati di non cambiare (vedi ad esempio alcune applicazioni eccessive di welfare aziendale che portano ad investire importanti risorse su benefici non direttamente connessi alla produttività o occupabilità della persona)
Obiettivo sarebbe ragionevolmente di rendere in futuro le persone, almeno ad un certo livello professionale, sempre meno dipendenti dal contesto e pienamente responsabili delle proprie scelte generando esperienze professionali che integrino attività, progetti, formazione, networking, collaborazione in un solo flusso.
Il primo punto per generare un cambiamento efficace sarebbe di sfruttare le nuove opportunità consentite dalla tecnologia utilizzandole però con creatività e pragmatismo a supporto delle nuove esigenze delle persone, delle organizzazioni e della società.
Secondariamente far entrare questo ragionamento nelle misure di impatto e di sostenibilità aziendale, nella formazione di manager/imprenditori e infine nella mentalità del legislatore e delle persone. L’Italia può essere una guida in questo cambiamento grazie alla proverbiale creatività e capacità di gestire la complessità.
Disegnare il “sistema operativo” del lavoro del futuro è un opportunità che non possiamo farci sfuggire e potrebbe essere una via per tornare a creare valore in modo sostenibile, inclusivo e meritocratico.
Una crescita più adeguata al contesto che cambia è forse possibile proprio a partire da come si lavora.
Cliccando di seguito è possibile scaricare la presentazione utilizzata in occasione dell'incontro ALDAI-Federmanager Gruppo Progetto Innovazione del 23 gennaio 2019.
01 febbraio 2019