I licenziamenti collettivi dei dirigenti
Prosegue il dialogo con i manager in servizio sulle ”Novità in materia di licenziamenti collettivi dei dirigenti” in occasione dei primi casi ed esperienze a seguito della legge 30 ottobre 2014, n. 161, aprendo ad un momento di confronto che porta con sé anche una forte connotazione di natura formativa.
Luca Failla
Professore Avvocato Università Lum Jean Monnet Bari - Founding Partner LablawCome è noto, la legge 30 ottobre 2014 n. 161 (cd. legge Europea-bis) ha modificato l’art. 24 della Legge n. 223/1991, in materia di licenziamenti collettivi.
Tale modifica è intervenuta a seguito della sentenza della Corte di Giustizia (c-596/2012) del 13 febbraio 2014, che aveva censurato lo Stato italiano per il mancato recepimento della Direttiva 98/59/CE in materia di licenziamenti collettivi, laddove aveva escluso dalla normativa sulle riduzioni collettive i dirigenti.
In particolare la Corte di Giustizia ha osservato che nella direttiva europea la nozione di “lavoratore” è descritta in termini generali sicché la stessa ricomprende necessariamente anche la categoria dei dirigenti.
La legge n. 223/1991, in sintesi, non risultava conforme alla normativa sovranazionale, laddove prevedeva che le modalità di consultazione con i rappresentanti sindacali avessero come unici destinatari “impiegati, operai, e quadri eccedenti”.
Da qui la necessità di una modifica della normativa esistente alla luce dei rilievi mossi dalla Corte di Giustizia. Le novità apportate sono di non poca importanza riguardando:
a) il computo dei dirigenti nella soglia dimensionale dell’azienda e nel numero dei lavoratori interessati alla procedura di licenziamento collettivo;
b) la comunicazione di avvio della procedura, che dovrà dare conto degli eventuali esuberi dei dirigenti e dei criteri di scelta che saranno applicati;
c) appositi incontri con le organizzazioni sindacali competenti per l’esame congiunto;
d) la tutela indennitaria in caso di violazione dei criteri di scelta e/o violazione della procedura.
La nuova normativa ha quindi previsto l’estensione anche alle figure dirigenziali dei più significativi passaggi della procedura di licenziamento collettivo.
b) la comunicazione di avvio della procedura, che dovrà dare conto degli eventuali esuberi dei dirigenti e dei criteri di scelta che saranno applicati;
c) appositi incontri con le organizzazioni sindacali competenti per l’esame congiunto;
d) la tutela indennitaria in caso di violazione dei criteri di scelta e/o violazione della procedura.
La nuova normativa ha quindi previsto l’estensione anche alle figure dirigenziali dei più significativi passaggi della procedura di licenziamento collettivo.
Pertanto particolare attenzione dovrà essere prestata alla lettera di avvio della procedura che, indirizzata alla RSA ed alle rispettive associazioni di categoria, dovrà – oltre a contenere i motivi che hanno determinato l’apertura della procedura – anche indicare gli eventuali criteri di scelta che saranno applicati.
La comunicazione dovrà quindi essere dettagliata, analitica e idonea ad aprire il confronto sindacale. Gli eventuali esuberi, infatti, delle figure dirigenziali interessate da un licenziamento collettivo saranno discussi con le organizzazioni sindacali competenti in appositi incontri, paralleli a quelli degli altri dipendenti.
In buona sostanza vi saranno due negoziazioni separate e distinte che potranno anche avere tempistiche sfasate (nel senso che l’una potrebbe concludersi nella fase sindacale e l’altra magari concludersi nella fase amministrativa).
L’obiettivo degli incontri è quello, una volta esaminati i motivi che hanno determinato l’apertura della procedura di mobilità, di arrivare alla conclusione di un accordo.
L’accordo potrà prevedere dei diversi criteri di scelta per l’individuazione dei dirigenti da licenziare (generalmente la vicinanza alla pensione e/o la non opposizione al licenziamento), la corresponsione di un’indennità da parte dell’azienda (incentivo) in caso di accettazione individuale del licenziamento, integrazione del trattamento pensionistico, outplacement, ecc.
Ma non solo: nell’ipotesi in cui sia teso a salvaguardare i posti di lavoro e quindi a ridurre e/o limitare il numero degli esuberi annunciati, l’accordo potrà prevedere la modifica della categoria di inquadramento da dirigenti a quadri, modifiche dell’orario di lavoro (da full time a part-time), l’incentivazione in caso di demansionamento, ecc. In ogni caso gli accordi collettivi sono poi subordinati alla sottoscrizione di accordi individuali ex art. 2113 c.c. che generalmente riprendono il contenuto degli accordi sottoscritti con le organizzazioni sindacali.
La procedura si potrà concludere anche con un mancato accordo ed in quest’ipotesi la società potrà procedere ad intimare i licenziamenti nei 120 giorni successivi, individuando gli esuberi sulla base dei criteri di legge (carichi di famiglia/anzianità/esigenze tecnico produttive ed organizzative). Tale individuazione potrebbe risultare difficoltosa specie in società in cui vi sia un elevato numero di dirigenti che ricoprono posizioni professionali potenzialmente intercambiabili, meno in quelle in cui le posizioni dirigenziali si caratterizzano per una spiccata individualità ed infungibilità.
I principali motivi di impugnazione della procedura potrebbero essere individuati in vizi formali della procedura, nella violazione dei criteri di scelta, nell’inesistenza/insussistenza dei motivi enunciati nella lettera di apertura, nella mancata inclusione del dirigente nel computo dei lavoratori coinvolti.
La modifica normativa ha previsto che nell’ipotesi in cui siano stati violati i criteri di scelta e/o vi sia stata una violazione della procedura di licenziamento collettivo il dirigente abbia potenzialmente diritto ad un’indennità in un range compreso tra 12 e 24 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto “fatte salve le diverse previsioni sulla misura dell’indennità contenute nei contratti e negli accordi collettivi applicati al rapporto di lavoro” (comma 1 quinquies all’art. 24, L. 223/1991).
Per taluni commentatori – in attesa dei rinnovi contrattuali e/o delle prime applicazioni giurisprudenziali – tale indennità si potrebbe cumulare con quelle contrattuali.
Sul punto è da sottolineare che l’accordo di rinnovo CCNL Dirigenti Industria del 30 dicembre 2014 (il primo ad essere intervenuto dopo la modifica normativa) stabilisce che le indennità supplementari non trovano applicazione nei casi di licenziamento collettivo dei manager, e quindi ha eliminato ogni dubbio sulla possibile cumulabilità.
01 giugno 2016