Legge 76/2025: partecipazione dei lavoratori alla gestione, al capitale e agli utili delle imprese

Un passo significativo verso l’attuazione dell’articolo 46 della Costituzione sul riconoscimento del diritto dei lavoratori a collaborare alla gestione delle aziende

Paolo Vergani

Presidente Commissione Sindacale e Lavoro ALDAI-Federmanager
Lo scorso 14 maggio il Parlamento ha approvato in via definitiva il DDL sulla partecipazione dei lavoratori nelle imprese, che raccoglie sostanzialmente il contenuto della proposta di legge di iniziativa popolare promossa dalla CISL su questo tema.
La versione originale ha visto nascere parecchie polemiche all’interno dei maggiori sindacati, specialmente da parte di CGIL che in passato aveva avanzato una proposta di legge sullo stesso argomento mai discussa in Parlamento (con reciproche accuse di non aver fatto abbastanza), ma rappresenta comunque un passo significativo verso l’attuazione dell’articolo 46 della Costituzione sul riconoscimento del diritto dei lavoratori a collaborare alla gestione delle aziende.

Costituzione italiana, art. 46: 
“Ai fini della elevazione economica e sociale del lavoro 
e in armonia con le esigenze della produzione, 
la Repubblica riconosce il diritto dei lavoratori a collaborare,
 nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi, 
alla gestione delle aziende”.

Recita così il primo articolo della nuova legge 76/2025:
La presente legge disciplina la partecipazione gestionale, economica e finanziaria, organizzativa e consultiva dei lavoratori alla gestione, all’organizzazione, ai profitti e ai risultati nonché alla proprietà delle aziende e individua le modalità di promozione e incentivazione delle suddette forme di partecipazione, in attuazione dell’articolo 46 della Costituzione e nel rispetto dei princìpi e dei vincoli derivanti dall’ordinamento dell’Unione europea e internazionale, al fine di rafforzare la collaborazione tra i datori di lavoro e i lavoratori, di preservare e incrementare i livelli occupazionali e di valorizzare il lavoro sul piano economico e sociale.

Come si vede, la legge introduce quattro forme di partecipazione (gestionale, economica e finanziaria, organizzativa e consultiva) subito dettagliate nei successivi articoli del testo.

Partecipazione gestionale
La partecipazione gestionale prevede ad esempio l’inclusione dei rappresentanti dei lavoratori nei Consigli di Sorveglianza e di Amministrazione delle aziende. Questa forma di partecipazione, già presente in alcuni ordinamenti europei, mira a coinvolgere i lavoratori nelle scelte strategiche dell’impresa. La legge stabilisce che la partecipazione gestionale possa essere disciplinata nei contratti collettivi e debba rispettare i requisiti di professionalità e indipendenza richiesti per i componenti dei consigli.

Partecipazione economica e finanziaria
Viene promossa e incentivata la partecipazione economica e finanziaria dei lavoratori attraverso la redistribuzione degli utili e l’azionariato dei dipendenti. Le aziende possono assegnare una parte degli utili ai lavoratori, beneficiando a loro volta di agevolazioni fiscali. Inoltre, i lavoratori possono convertire i premi di risultato in azioni della società, con esenzioni fiscali sui dividendi.

Partecipazione organizzativa: commissioni paritetiche per l’innovazione e il miglioramento
La partecipazione organizzativa si realizza attraverso la costituzione di commissioni paritetiche, composte da rappresentanti dei lavoratori e dell’impresa. Queste commissioni hanno il compito di predisporre proposte di piani di miglioramento e innovazione dei prodotti, dei processi produttivi, dei servizi e dell’organizzazione del lavoro. La legge prevede anche la possibilità di introdurre figure aziendali dedicate a tematiche come la formazione, il welfare e l’inclusione delle persone con disabilità, mediante contratti collettivi aziendali tra le parti. 

Partecipazione consultiva: il diritto di esprimere pareri e proposte
La partecipazione consultiva consente ai lavoratori di esprimere pareri e proposte su decisioni che l’impresa intenda assumere. La legge stabilisce che la consultazione debba essere condotta attraverso rappresentanze sindacali unitarie, rappresentanze sindacali aziendali o, in mancanza, rappresentanti dei lavoratori e strutture territoriali degli enti bilaterali di settore. La procedura consultiva deve rispettare tempi e modalità definiti nei contratti collettivi.

Occorre subito chiarire che la nuova legge ha un approccio volontaristico, ovvero non contiene prescrizioni o obblighi, ma serve comunque a dare un chiarimento legale a iniziative finora portate avanti da singole realtà aziendali.
Infatti, quanto indicato sopra può essere implementato o meno a discrezione dell’azienda, ma occorre in ogni caso osservare (per il bene delle stesse aziende) che le buone idee e i suggerimenti in termini organizzativi e operativi possono arrivare da tutti i lavoratori, indipendentemente dalla loro posizione o ruolo, e che noi come manager non possiamo che trarne vantaggio.  
Viene anche chiaramente indicato nel testo che la contrattazione collettiva giocherà un ruolo determinante nella sua futura applicazione. Pertanto, come dirigenti d’azienda e lavoratori dobbiamo necessariamente chiederci cosa vogliamo fare. Infatti, è una potenziale opportunità per la nostra categoria, così da aumentare la già stretta collaborazione che abbiamo con l’imprenditoria ed estenderla, evitando di rimanere marginalizzati e rappresentati in azienda da altre categorie seppur più numerose, ma forse meno preparate di noi su questi argomenti.


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