Nel mirino del cacciatore di teste
Intervista a Umberto Bussolati Dell'Orto, Senior Partner Eric Salmon & Partners
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Umberto Bussolati Dell'Orto, Senior Partner presso Eric Salmon & Partners
Franco Del Vecchio
Consigliere ALDAI Federmanager e segretario CIDA Lombardia - lombardia@cida.it
Un contesto in continuo cambiamento, la nascita e l’affermazione di nuove tecnologie e le incertezze del futuro mettono alla prova i “vecchi” modi di intendere l'organizzazione del lavoro.
L'evoluzione e il necessario aggiornamento sono ormai il leit motiv che accompagna la vita quotidiana, e non resta che adattarvisi e imparare, anzi meglio anticipare proattivamente i cambiamenti.
Per conoscere le competenze e i profili di riferimento richiesti dalle imprese ho intervistato il collega Olivetti e amico Umberto Bussolati Dell'Orto, Senior Partner presso Eric Salmon & Partners, fra le migliori società di ricerca e selezione di profili manageriali.
Ho avuto il piacere di conoscere Umberto giovane promettente manager Olivetti negli anni '80-'90, avendo come lui il privilegio di condividere la leadership di Elserino Piol, la cui recente scomparsa ci ha fatto ritrovare.
A Umberto ho rivolto alcune domande che gli associati chiedono in questo periodo incerto, alla ricerca di punti di riferimento sicuri . E lo ringrazio insieme alla società Eric Salmon & Partners per aver autorizzato la pubblicazione delle risposte.
Smart Working, Hybrid Working, economia della conoscenza, l’organizzazione del lavoro non è più quella ante pandemia: quali sono le nuove competenze manageriali richieste dalle imprese, quelle competenze emergenti che fanno la differenza?
Come sappiamo non occorre reinventare la ruota e più che parlare di nuove competenze sottolineerei come i set di competenze cambiano di priorità a secondo dei contesti sociali e macroeconomici e dei cicli di vita aziendali. Oggi quelle che registriamo con maggiore sottolineatura da parte di imprese e azionisti sono:
- la capacità di affrontare i problemi e le situazioni con un approccio olistico che, pur tenendo in mente le trasformazioni che l’innovazione tecnologica produce, sappia coniugare questa evoluzione con un orientamento umanistico e “trasversale”, in sintesi possedere/elaborare una visione d’insieme;
- la capacità di conciliare obiettivi di breve periodo con piani di medio/lungo periodo. Quest’ultimo elemento però deve abbinarsi a flessibilità e disponibilità a cambiare rotta se occorre pur mantenendo la bussola nella direzione prospettica;
- una leadership inclusiva capace di ascolto, ma non burocratica e che decida, e orientata al feed back e alla crescita delle persone. Il tema dei piani di successione sta finalmente diventando un elemento chiave di crescita, sostenibilità aziendale e di incremento di valore e di riduzione del rischio;
- sapere gestire la mappa degli stakeholder, sapendo relazionarsi in contesti mutevoli e complessi modulando il registro comunicativo.
Hogan per esempio li declina in concetti come: Future thinking (operare nel cambiamento), Agile to action (responsabilità distribuita), Inclusion & compassion (sentire la connessione), Awareness & presence (vivere nell’attimo presente).
Quali sono le funzioni manageriali più richieste nel post-Covid?
Lo scenario è molto a macchie di leopardo. Più che prevalenza di specifici profili funzionali emerge la necessità che qualsiasi ruolo un manager ricopra lo declini sapendo comprendere ed interpretare le sfide trasformative dell’innovazione e della digitalizzazione, agisca con una logica di sostenibilità e di attenzione al sociale, sappia inserirsi in azienda con positiva umiltà e rispettandone la cultura per poi affermarsi con autorevolezza e non con autorità. Rimangono comunque sempre centrali le funzioni di general management con responsabilità di conto economico e per quelle di staff le posizioni di Direzione HR (Risorse Umane) e AFC (Amministrazione, Finanza e Controllo).
Quali profili e mix di competenze sono richiesti per le posizioni di vertice delle imprese manifatturiere e dei servizi?
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Se parliamo di vertici esecutivi valgono le riflessioni citate al primo punto, che in sostanza vuol dire anche individuare il corretto punto di equilibrio tra storia professionale (capacità “tecniche”/di mestiere/di settore) e competenze trasversali/manageriali.
Se ci riferiamo alla governance e a profili adatti a ricoprire ruoli di Consiglio di Amministrazione, certamente c’è interesse ad inserire profili con esperienza manageriale anche internazionale, con competenze di trasformazione digitale, con provata progettualità in materia di ESG, accanto a profili che sappiano comprendere i temi richiesti dai comitati endoconsiliari (risk management e controllo, compensation, nomine e governance).
Quanto pesa il digitale nella valutazione dei profili manageriali?
La conoscenza della tecnologia digitale è rilevante, non tanto come competenza tecnica (a parte le funzioni deputate), ma come capacità di comprendere il fenomeno e le ripercussioni sulla strategia aziendale e sulla sua organizzazione. Si traduce anche in propensione al cambiamento e in capacità di stare ed operare nel cambiamento.
Quali programmi di reskilling e upskilling per migliorare l’employability?
L’investimento delle aziende in questi anni è stato quello di impostare strumenti di analisi delle competenze per permettere alle persone stesse di iniziare dei percorsi di autosviluppo ed aggiornamento delle proprie capacità. Molti programmi di upskilling e reskilling sono stati proprio orientati alla sviluppo di un mindset digitale.
Nel nuovo contesto il capitale umano e della conoscenza risulta determinante per il successo dell’impresa. A chi affidare il piano strategico di sviluppo delle risorse umane: alla Direzione del Personale, al Vertice aziendale, ai manager, o ad un piano condiviso?
La definizione e gestione del piano strategico di sviluppo delle risorse umane deve essere un elemento condiviso tra diversi stakeholder sia a livello di governance che di esecutivo. Sempre di più peraltro i comitati nomine e i comitati rischi delle imprese più moderne e articolate sono sensibili ai programmi di sviluppo e successione del management e impongono alle strutture operative di elaborare metodologie efficaci di pianificazione e gestione.
La direzione risorse umane ha sempre un ruolo centrale in termini di progettazione e di facilitazione nella realizzazione del piano stesso.
Quanto sono utili i social network per la ricerca e selezione dei candidati?
Se ci riferiamo al digitale come strumento di selezione, il reale impatto è stato l’avvento di LinkedIn e il suo utilizzo come strumento di individuazione e non di selezione, laddove la selezione richiede un processo più complesso che sempre di più prevede l’integrazione di tools di analisi culturale e diagnostici orientati alle dinamiche comportamentali e al potenziale.
01 luglio 2023