Le soft skills diventano “core”: i dati lo confermano

Le soft skills non sono un contorno. Sono ciò che rende possibili i numeri, i piani industriali, l’innovazione

Giovanni Franco

Trainer, speaker ed executive coach, certificato PCC presso International Coaching Federation. Fondatore di ICA (Italia) – Istituto per la Creatività Applicata Srl e managing partner di IAK International

Soft in che senso?

“Soft”, ovvero morbido. Come un gatto d’angora, come un maglione invernale, come le caramelle mou. Bello, sì, ma nel lavoro? Per anni questa parola, accoppiata a skills, ci ha fatto pensare a qualcosa di secondario, opzionale. La verità è che abbiamo preso un abbaglio linguistico e culturale: non c’è nulla di “morbido” nelle competenze che determinano la qualità di un leader, di un team o di un’intera organizzazione.
Le chiamiamo soft skills, ma sono la base di tutto: comunicazione, capacità decisionale, gestione dei conflitti, empatia, ascolto, collaborazione. E senza queste, anche la più solida competenza tecnica diventa fragile.
Non lo dico io: lo dice il World Economic Forum, secondo cui, nei prossimi anni, il 39% delle competenze oggi utilizzate nei posti di lavoro sarà trasformato, e tra quelle che resisteranno – anzi cresceranno di valore – ci sono proprio le competenze socio-relazionali. Mentre molte attività tecniche saranno sostituite da algoritmi e automazione, le capacità “umane” resteranno insostituibili.

Quanto denaro perso?

Facciamo un esercizio semplice.
  • Quante ore perdiamo ogni settimana perché in una riunione nessuno ha il coraggio di prendere una decisione (chiara)?
  • Quante energie consumiamo a non affrontare un conflitto tra colleghi, lasciando che si trasformi in malintesi e freddezza?
  • Quanti errori nascono da un incarico assegnato senza cogliere davvero lo stato d’animo di chi lo riceve?
La risposta è sempre la stessa: denaro perso.

Secondo una ricerca Gallup, la mancanza di coinvolgimento dei dipendenti costa ogni anno centinaia di miliardi di euro in produttività mancata. E non c’è azienda, piccola o grande, che non ne senta il peso: basta fare due conti sul costo orario di una riunione inconcludente per rendersene conto.

Durante i miei seminari mi piace spesso proporre questo piccolo esperimento: chiedo ai partecipanti di stimare quante ore a settimana “vanno in fumo” tra incomprensioni, email interminabili e riunioni improduttive. La cifra finale spaventa sempre, ma è illuminante: vedere concretamente quanto tempo ed energia vengono persi aiuta a capire l’urgenza di investire sulle competenze trasversali.

Non più nice-to-have

Ecco il punto: queste competenze non sono un contorno. Sono ciò che rende possibili i numeri, i piani industriali, l’innovazione.
Non è un caso che studi recenti abbiano dimostrato come programmi di formazione sulle cosiddette soft skills migliorino la produttività e riducano il turnover. Perché quando le persone imparano a comunicare meglio, a collaborare davvero, a prendere decisioni difficili, l’azienda diventa più veloce, più agile, più efficace.
Chi le sviluppa non solo si sente più solido professionalmente, ma anche più “ampio” come persona: cresce nella capacità di leggere sé stesso e gli altri, diventa più leader di sé stesso, prima ancora che degli altri. E ogni volta che un manager riesce finalmente a esprimere un’idea trattenuta, per timore di non essere ascoltato o giudicato male, l’energia cambia: il team si sente più vivo, più connesso, più creativo.

Life Hack: il “Prompt delle 3 domande”

Prima di assegnare un compito o un progetto a un collaboratore, prenditi 30 secondi per rispondere mentalmente a tre domande:

  1. Cosa voglio ottenere? L’obiettivo concreto.
  2. Come potrebbe sentirsi chi lo riceve? Anticipare possibili reazioni ed emozioni.
  3. Quale supporto posso offrire? Facilitare la riuscita, senza lasciare l’altro in difficoltà.

Quando propongo il prompt delle 3 domande, i manager non si accorgono subito di quanto sia potente. All’inizio sembra un esercizio banale, quasi superfluo. Poi, applicandolo nel daily business, scoprono che spesso assegnano compiti dando per scontato che l’altro abbia già chiaro tutto: obiettivi, tempi, priorità, risorse, ostacoli. Invece spesso non è così. Bastano 30 secondi di riflessione per trasformare una consegna in un momento di chiarezza, ridurre i fraintendimenti e responsabilizzare il collaboratore. In altre parole, meno “micro-management” e più fiducia: una piccola abitudine che fa crescere i risultati e le persone.

Da soft a core

E allora perché continuare a chiamarle “soft”? La parola è fuorviante, riduttiva. Dovremmo chiamarle come meritano: core skills.
Perché sono competenze centrali, fondamentali, che dovrebbero essere insegnate sin da piccoli, ben prima di entrare nel mondo del lavoro, e poi sviluppate costantemente, indipendentemente da quale professione si vuole intraprendere. Esse sono il DNA della leadership, il carburante della collaborazione, la spina dorsale delle organizzazioni.
Investire in queste competenze significa creare ambienti di lavoro più sereni, team più produttivi, leader più efficaci. E, a lungo termine, significa fare la differenza tra organizzazioni che sopravvivono e organizzazioni che prosperano davvero.

Chiamiamole con il loro nome

Non c’è nulla di “morbido” nell’affrontare un conflitto, nel prendere una decisione difficile o nel motivare un team in crisi. Queste non sono carezze, ma gesti di forza consapevole, di presenza autentica. Sono la sostanza che permette alle hard skills di funzionare davvero. 
Basta quindi con le soft: impariamo a chiamarle per quello che sono, core skills.
Non un lusso, non un accessorio, ma il cuore pulsante del lavoro e della vita.

Giovanni Franco
Trainer, speaker ed executive coach. Certificato presso International  Coaching Federation come PCC Professional Certified Coach: ispira e accompagna all’eccellenza individui, team e organizzazioni su scala internazionale da più di 20 anni.
Fondatore di ICA Italia - Istituto per la Creatività Applicata e Senior Trainer del Seminario TETA® sulla Leadership Consapevole  (Italia) - Managing partner di IAK International.

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