Rientro dalla Svizzera: il mio percorso, i miei valori
Quante volte sentiamo parlare di laureati in fuga all’estero, di un Paese senza attrattive per i manager, di giovani professionisti privi di chiari obiettivi all’uscita delle Università, spesso meno preparati rispetto ai colleghi provenienti da altri Paesi, i quali si immettono nel mercato del lavoro più velocemente e con preparazioni più specifiche ... ma come me, c'è chi sceglie di rientrare.
Sara Cattaneo
Associata ALDAI-Federmanager e componente del comitato di redazione Dirigenti Industria
Riflettendo sulla mia esperienza personale, mi sono trovata più volte a dissentire dalla visione un po’ troppo arrendevole, e a pensare che in realtà l’Italia sia una nazione ricca di talenti, come ho potuto constatare personalmente vedendo tanti Italiani all’estero emergere e far leva con successo sulle proprie abilità, in ambienti internazionali e complessi. Ciò forse vuol dire che dovremmo focalizzarci di più sull’aiutare aziende e manager a trovare nuovi valori a cui ispirarsi per rendere il sistema italiano più attrattivo per entrambi i fronti... e vorrei che proprio questo fosse in qualche modo il tema a cui ispirarmi durante la mia nuova esperienza nel comitato della redazione della rivista Dirigenti ALDAI, dando voce a chi vorrà condividere qualche esempio di “successo italiano”.
L’inizio in una multinazionale e la prima grande sfida
Dopo il conseguimento di una laurea magistrale in Ingegneria Gestionale (Università di Brescia) e di un Master in “Logistica e Supply Chain management”, ho iniziato la mia carriera nel 2004 come responsabile degli acquisti di una piccola azienda italiana nel settore automotive, per poi approdare ad una compagnia americana, una delle più grandi multinazionali del mondo, nel 2005.
Un paio d’anni dopo è stata annunciata la chiusura dello stabilimento in cui mi trovavo e lo spostamento della produzione in un sito Polacco. Per una giovane manager come me, quell’esperienza è stata da un lato difficile e sfidante, ma dall’altro mi ha aiutata a maturare professionalmente in fretta, facendomi vivere direttamente “sulla pelle” le conseguenze della mancanza di competitività di alcune realtà produttive italiane; mi ha però anche insegnato cosa voglia dire la passione per il proprio lavoro: ancora ricordo infatti tutti quegli operatori Italiani che con le lacrime agli occhi, pur sapendo che avrebbero perso a breve il lavoro, insegnavano ai loro corrispettivi polacchi l’assemblaggio dei prodotti...
Il trasferimento in Svizzera
Nel 2007, per la stessa multinazionale, ho accettato un ruolo nell’ambito degli acquisti strategici, in una location vicino a Locarno. Sono rimasta in Svizzera per circa 8 anni, fino alla fine del 2015, ed è stata una grande esperienza in un contesto molto internazionale, che mi ha permesso di crescere attraverso vari ruoli nell’area procurement e supply-chain, gestendo team globali e multifunzionali, viaggiando moltissimo e ricevendo vari riconoscimenti nel corso degli anni.
Il rientro in Italia
Nel 2015 è arrivata l’opportunità di una nuova sfida che mi ha riportata in Italia, in un’area un po’ diversa da quella che avevo gestito fino a quel momento, e su cui iniziava ad esserci molta attenzione: il Digital procurement, unito ad iniziative di cash e supply-chain financing, ecc .. a capo di un team piuttosto senior e molto internazionale, formato da circa 30 persone sparse per il globo. Durante questa esperienza ho imparato che la chiave del successo è il sapersi adattare alle nuove esigenze delle aziende, continuando a costruire ed arricchire le proprie competenze per poter andare incontro ad un mondo sempre più digital e veloce, senza limitarsi a rimanere nella propria confort-zone. E nel profondo della mia natura da ingegnere, ho imparato inoltre che l’emotional intelligence e la leadership, in contesti complessi e multiculturali, rivestono forse un ruolo più importante rispetto a quello delle cosiddette conoscenze tecniche.
Nuove sfide professionali
Nel 2018 la business unit a cui appartenevo è stata acquisita da un’altra grande multinazionale, questa volta d’impronta più europea. Durante l’acquisizione ho avuto il privilegio di essere tra i pochissimi Italiani/Europei scelti dalla multinazionale americana alla guida del processo di transizione, durante il quale ho supportato le procedure antitrust ed ho gestito le attività di day-one readiness e di integrazione. Sicuramente è stato uno dei progetti più complessi e sfidanti della mia carriera, ma anche uno di quelli a cui più devo la mia crescita professionale, e che infatti mi ha portato ad un ulteriore avanzamento avvenuto pochi mesi fa.
Riconoscimento del merito
E ripensando a tutti gli sforzi, ai pregiudizi vinti, di quando da “giovane manager donna” mi sono trovata in un settore molto competitivo e a prevalenza nettamente maschile, e di quando da Italiana sono stata messa a capo di team americani in un’azienda americana... ho sentito di avere un motivo in più per essere soddisfatta ed onorata quando nel 2019 sono stata premiata da Federmanager tra i 10 Giovani Silver Manager-Lombardia, e nel contempo venivo selezionata dalla mia azienda per un programma di Female Talent Development.
... cosa mi ha spinto a tornare in Italia?
Dopo 8 anni al di fuori dall’Italia, anni in cui mi sono affermata in contesti internazionali, ho sentito la necessità di rientrare in contatto con la realtà del mio Paese, e di provare a capire come si potesse migliorare il tessuto aziendale di questa nazione da cui provengono tanti talenti disseminati per il mondo...
Quali valori dovrebbero rafforzare le aziende?
Questo mio percorso costituisce un bagaglio d’esperienza importante, che mi ha aiutata a capire quali siano le chiavi del successo nella carriera di un manager, ma mi ha anche insegnato che alcuni fattori strategici per un contesto industriale di successo dipendono dalle aziende stesse: come la volontà di essere sempre in anticipo sui tempi sviluppando così una cultura aziendale volta molto più alle opportunità che non agli ostacoli; la capacità di investire sulla crescita delle proprie risorse in base alla meritocrazia, e non ai pregiudizi legati al genere, all’età, alla provenienza; il coraggio di cambiare strategia, adattandosi a situazioni che mutano continuamente e tentando approcci nuovi e pionieristici; l’attenzione alle esigenze del proprio personale attraverso politiche di smart-work e flessibilità.
01 marzo 2020