Trovare una strada
L’intervista con Claudio Andrea Gemme, Presidente di Anas, guarda al futuro del Paese
Marco Pepori
Componente del Comitato di Redazione Dirigenti Industria
Giuseppe Colombi
Consigliere ALDAI-Federmanager
Tipi particolari, i genovesi: abbiamo incontrato questo sampdo-
riano nato a Genova ma con radici nell’entroterra ligure-piemontese, manager di lungo corso sia nel pubblico che nel privato. La vocazione manageriale, Gemme dice di averla sempre avuta, fin da quando, ancora studente, dopo aver organizzato feste danzanti sui transatlantici del porto, mise in piedi un locale di ritrovo che divenne popolarissimo nella Genova di De Andrè, Paoli, New Trolls, Ricchi e Poveri.
Poi, da laureato, gli fu sufficiente rispondere ad un’inserzione e si trovò assunto presso l’Ansaldo, dove iniziò a fare, lui economista, un lavoro da ingegnere: e pare che non abbia più smesso.
Oggi è il Presidente di Anas, principale gestore di strade in Europa, che ogni giorno fornisce un servizio di mobilità indispensabile al Paese, e sicuramente troverà terreno fertile per trasferire la sua esperienza.
Dr. Gemme, parliamo dei dirigenti italiani, come li vede?
Occorre una maggiore capacità di visione di più lungo periodo, troppo spesso si lavora per l’immediato creando un vuoto programmatico per il futuro delle aziende e del Paese. Si tratta di un tema che riguarda da vicino anche un partner primario del manager, ovvero il politico, che ha il compito di creare le condizioni migliori per la crescita dell’impresa. Dall’istruzione alla semplificazione burocratica, tanto per fare esempi. Sono “barriere non tecnologiche” che impattano negativamente sull’impresa. Politica e industria dovrebbero quindi costruire un nuovo collegamento, in nome di una comune visione del futuro. In Anas abbiamo professionalità elevatissime, ma il loro livello “tecnologico” fatica a esprimersi per i freni dovuti a “camicie di forza” burocratiche esterne.
Parliamo di strade, la maggior parte della rete stradale risale agli anni ‘60/‘70 e presenta criticità legate proprio all’età. Cosa fa Anas?
Non è un voler mettere le mani avanti, ma un dato di fatto. In passato il nostro Paese, come molti altri, ha ritenuto che tagliando la spesa per la manutenzione si potesse risparmiare. In realtà in questo modo si è ingigantito di volta in volta un problema futuro. Svolgere invece una manutenzione costante annulla il problema della data di nascita delle infrastrutture. Da alcuni anni (molto prima del disastro di Genova) grazie a opportune correzioni di rotta, Anas è stata messa nella condizione di poter investire fortemente, recuperando il gap manutentivo accumulato negli anni. Infatti la metà del nostro piano globale di investimenti che ammonta a 30 miliardi di euro è orientato alla manutenzione, con l’obiettivo di prevenire le criticità e aumentare il comfort di guida, la sicurezza e funzionalità della rete.
A proposito di rete, sono di recente rientrati sotto la gestione di Anas migliaia di km di strade da regioni e province. Un bell’impegno…
Si, parliamo di circa 3.500 km di ex strade statali gestite da regioni e province e abbiamo avviato l’iter per un passaggio di ulteriori 3.700 km di strade. L’obiettivo è di garantire una manutenzione e interventi più omogenei a vantaggio della viabilità che potrà così beneficiare di standard di sicurezza in linea con la rete Anas. Infatti, recuperare km di rete su tutto il territorio nazionale significa un miglioramento della gestione dell’intera rete: gli interventi e la manutenzione sono più omogenei in tutto il Paese, con standard di sicurezza garantiti e benefici in termini di accessibilità a tutti i territori e alle aree interne. Per recuperare il forte deficit manutentivo accumulato, nel 2019 investiremo oltre un miliardo per interventi di manutenzione finalizzati alla messa in sicurezza e alla riqualificazione della rete.
Molti investimenti, ma come vi comportate con la complessità dell’iter approvativo?
È necessario promuovere il riassetto dell’impianto normativo del settore appalti, soprattutto snellendo e semplificando le procedure. Ricordo, solo a titolo esemplificativo, che fino a “ieri”, solo tra il concepimento dell’opera e l’affidamento dei lavori mediamente trascorrevano oltre
5 anni. Di questi, Anas impiega circa 1/3 per lo sviluppo delle proprie attività progettuali, mentre i restanti 2/3 sono impegnati per attività svolte all’esterno e la relativa interfaccia Ministeri, Enti Regionali, Comuni, Autorità. Il Governo ha operato e sta operando con diverse iniziative legislative volte a velocizzare l’avvio dei lavori, oltre che far ripartire quelli bloccati.
Oggi Anas è detenuta da FS: com’è il vostro rapporto con la capogruppo?
Innanzitutto possiamo dire che c’è una logica nell’atto di portare Anas in FS, ed è quella di concepire la mobilità come un bene essenziale da rendere disponibile a tutti. Oggi FS è la capofila della mobilità italiana. C’è sinergia: l’azionista in questo caso capisce le esigenze della controllata e Anas è nelle condizioni di poter operare al meglio.
Che cosa serve oggi all’Italia?
Il tema più urgente è quello di far ripartire gli investimenti, rapidamente. Da questo punto di vista, come accennavo, il decreto “Sblocca Cantieri” sta ponendo le basi per un’accelerazione per far ripartire l’economia e non solo. A questo proposito, con l’incarico di Presidente di Anas, mi è stato affidato anche quello di Commissario Straordinario per i progetti a Cortina in vista dei mondiali di sci del 2021. C’è l’urgenza di potenziare diversi tratti della Statale 51, con le opportune varianti: la negoziazione in termini di “barriere non tecnologiche” rende estremamente complesso operare.
Ma la congiuntura, in questo momento, sarebbe favorevole perché Governo, imprese ed Anas condividono l’obiettivo di procedere. Ma non basta ancora.
Dunque come vede il futuro? È il caso di rassegnarsi?
Ho sempre avuto l’ottimismo come progetto di vita: oggi in Anas abbiamo i contenuti sostanziali. Si tratta di trasformarli in fatti, ed io sono fiducioso di riuscirci.
Il premier Conte sa ascoltare, ed è un personaggio resiliente. Non dobbiamo perdere le speranze.
Condivido con voi, e con il vostro sindacato Federmanager, il tema della valorizzazione dei manager interni e del fare cultura d’impresa. Stiamo estendendo la formazione e la valorizzazione del merito.
Ho lavorato con colleghi di nazioni diverse, ho avuto azionisti di maggioranza americani, giapponesi e non solo. Alcuni molto capaci, altri rigorosi nella gestione ma troppo rigidi. Sono giunto alla conclusione che managerialità e internazionalizzazione sono molto importanti, ma ancor di più conta la disponibilità ad immedesimarsi e la capacità di mediazione positiva.
Possibilmente, senza far pesare troppo le proprie competenze. La formula vincente è tutta qui.
Qui finisce l’intervista a Claudio Gemme, un manager che ha saputo trasformare la genovese “tendenza al mugugno” in atteggiamento costruttivo e apertura al futuro.
01 settembre 2019