La persecuzione del ceto medio deprime le prospettive del Paese
Chi rimarrà nel Paese che preferisce perseguire il ceto medio invece della lotta all'evasione?
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In un mondo imprevedibile, globalizzato, polarizzato in cui la mobilità non rappresenta più un trauma, aumenta il desiderio di vivere in Paesi che possano offrire migliori prospettive; che permettano di realizzare le aspirazioni dei giovani, cogliere opportunità di crescita manageriale o godersi la pensione, recuperando quanto perso con il mancato recupero dell’inflazione (oltre il 10% negli ultimi due anni).
Un’analisi Ue.Coop sui dati Istat di iscrizioni e cancellazioni anagrafiche nell’anno 2019 indicava già 300mila giovani italiani fra i 18 e i 39 anni andati all’estero per lavoro, per studio o per cercare fortuna con un aumento del +33% in cinque anni. L’articolo “Aumenta la percentuale degli italiani giovani che vanno all’estero” pubblicato su Dirigenti Industria a giugno 2023 indicava 50mila giovani espatriati l’anno con meno di 34 anni.
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Ai laureati in cerca di lavoro all’estero per mancanza di opportunità in Italia, si aggiungono gli studenti che preferiscono investire in una prestigiosa e costosa laurea con migliori prospettive professionali all’estero. Rimanere in Italia con l’intenzione di impegnarsi e rientrare in quel 14% del ceto medio che si fa carico del 62,5% della tassazione Irpef, vorrebbe dire contribuire, prima o poi, con 170mila euro per il risanamento di metà del debito pubblico. Un capitale che forse merita investire in una buona preparazione universitaria.
Se un tempo erano le imprese italiane a proporre il lavoro all’estero, adesso sono le multinazionali straniere che apprezzano i manager italiani, e aumentano gli espatri anche per le difficoltà nel trovare lavoro nel Belpaese.
Superata la pandemia Covid-19 sono ripresi anche i trasferimenti dei pensionati all’estero, dalla Grecia alla Spagna, passando per Cipro, Croazia, Malta e Tunisia. Secondo i dati Inps i pensionati italiani - che sono sparpagliati in 165 Paesi - superano quota 350.000 (pari al 2,6% dei complessivi 17,7 milioni). Interessanti le agevolazioni fiscali: dal 7% percento della Grecia al 18% della Croazia, al 5% di Cipro.
In Italia non c’è attenzione per la creazione di valore e non ci sono iniziative per la crescita. Il dibattito politico si concentra sulla redistribuzione, oggi a carico dei pensionati del ceto medio e in prospettiva sempre più a carico dei lavoratori e dei giovani.
Ma ciò che più alimenta la voglia di emigrare è l’invidia sociale e l’accanimento persecutorio nei confronti del ceto medio da parte di tutte le forze politiche; una costatazione che abbatte ogni speranza.
Non resta che cliccare "Salviamo il ceto medio" e firmare la petizione.