Come reperire le risorse per il Servizio Sanitario Nazionale

Le riflessioni di buon senso di un collega, frutto di esperienza manageriale vissuta

Socio ALDAI-Federmanager 


Se non si vogliono subire le file della sanità, per disporre dei servizi essenziali (in una società civile) occorre reperire subito nuove risorse e queste, dato che già oggi il nostro debito pubblico è assolutamente intollerabile per l’Europa, non possono che derivare dalla lotta all’evasione fiscale e da quella contributiva, reati che non si originano solo dai grandi evasori, ma anche da condotte abitudinarie di milioni di italiani.

Non è possibile che il 50% degli italiani non paghi alcuna tassa o paghi una cifra irrisoria nemmeno sufficiente a coprire la quota pro capite del costo del Servizio Sanitario Nazionale (SSN)! 
È impossibile far quadrare i conti nazionali con un PIL cresciuto solo del 5,3% in vent’anni rispetto al 30,4% della media dei 27 Paesi europei. Nonostante la stagnazione, ricordo che in Italia circolano oltre 40 milioni di autoveicoli, che tutti hanno il cellulare, che ci sono decine di migliaia di case in riva al mare che non sono censite, ecc. ecc., tutti fattori che indicano l’esistenza di un’importante economia sommersa. Si dovrebbero quindi aumentare le verifiche delle dichiarazioni dei redditi sospette rispetto al tenore di vita di milioni di italiani, così come si fa nei Paesi europei: Germania, Belgio, ecc. 
La lotta all’evasione fiscale non può essere bloccata dall’alibi della privacy.

In Italia, lo si commenta tutti i giorni, ci sono 6 milioni di poveri che costano a Stato, Regioni e Comuni circa 15.000 euro ciascuno e cioè 90 miliardi. Ebbene i 6 milioni di poveri comprendono anche dei finti poveri, circa 2 milioni di lavoratori equivalenti in nero e cinquecentomila affiliati alla malavita (secondo i dati Istat analizzati da Alberto Brambilla, Presidente di Itinerari Previdenziali).
Inoltre, il 55% delle persone che sono andate in pensione nel 2023 hanno beneficiato dei contributi della fiscalità generale e degli altri contribuenti. Alcuni non hanno mai versato contributi previdenziali.
È di questo, secondo me, che le parti sociali come le nostre associazioni di rappresentanza si dovrebbero interessare, altrimenti – oltre alla disaffezione dei cittadini e al progressivo impoverimento del Paese – nessuno ci vorrà più in Europa.
Rimane quindi il grosso problema di come reperire ulteriori risorse per il SSN indispensabili affinché possa svolgere le sue funzioni.

Proposte 

Ecco alcune proposte che valgono un recupero di risorse di decine di miliardi – o forse anche cento miliardi e più – a seconda di come vengono realizzate:
  1. potenziare il contrasto di interesse rendendo detraibili per tutti i contribuenti le spese per idraulico, elettricista, dentista, fabbro, falegname, badanti, colf ecc. Attraverso questa operazione si potrebbe finalmente diminuire sostanzialmente l’evasione fiscale e contributiva e permettere a badanti e colf di alimentare i contributi per una pensione dignitosa, non più a carico degli altri contribuenti! Alberto Brambilla, Presidente di Itinerari Previdenziali, in un suo articolo pubblicato su Corriere Economia lo scorso 11 marzo, dal titolo Il contrasto di interessi per guarire l’Italia in nero, ha descritto in dettaglio un sistema attuabile in 3 anni a costo zero per lo Stato, che permetterebbe da un lato alle famiglie di detrarre spese per casa e auto per € 5.000 all’anno e dall’altro una notevole emersione di irregolarità con riequilibrio dei carichi fiscali;
  2. aumentare l’efficacia della lotta all’evasione con strumenti di intelligenza artificiale e un adeguato numero di ispettori fiscali e INPS opportunamente formati per aumentare le verifiche delle dichiarazioni dei redditi rispetto al tenore di vita di milioni di italiani;
  3. favorire la tracciabilità dei pagamenti. L’esperienza Cashback ha permesso di aumentare notevolmente i pagamenti con carte di credito. Ogni pagamento elettronico in più, corrisponde a un nuovo scontrino e quindi a un maggior gettito IVA, specie nelle regioni dove l’evasione dell’imposta in percentuale è più elevata (i primi risultati sono consultabili nell’articolo Gettito IVA in aumento nel 2023 nel Sud e Isole e giù nel Nord-Est, del 24 marzo scorso sul Corriere della Sera); 
  4. passare da stipendi uguali su tutto il territorio nazionale a stipendi adeguati al costo della vita. Se il costo della vita è 100 in una provincia e 150 in un’altra provincia più sviluppata, è ingiusto che gli stipendi a parità di funzione siano uguali! Le retribuzioni devono tenere in considerazione le logiche del mercato del lavoro e le differenze nel costo della vita. Una misura di equità che permetterebbe di ridurre anche il lavoro nero.
La remunerazione allineata al costo della vita nei diversi territori la dovrebbe applicare lo Stato pagando, per esempio, un insegnante 1.400 euro al mese in una provincia con costo basso della vita e 2.000 euro in una provincia con costo della vita più alto. Il costo statale su base nazionale sarebbe lo stesso, ma l’insegnante potrebbe tenere lo stesso tenore di vita in entrambe le province. Altro esempio è quello delle tabelle contrattuali delle badanti e delle colf. Si colmerebbe un’ingiustizia e si favorirebbe la regolarizzazione, perché è indubbio che nei luoghi con il costo della vita più basso queste persone accetterebbero uno stipendio più basso. Stipendi allineati al costo reale della vita nel territorio e politiche assistenziali solo nei confronti di coloro che ne hanno veramente bisogno frenerebbero il lavoro nero e porterebbero a un notevole aumento delle entrate fiscali e contributive dell’ordine di decine di miliardi.

È ovvio che non si possano diminuire gli stipendi tabellari in vigore, ma il risultato verrebbe raggiunto negli anni tenendo ferma la remunerazione monetaria nelle provincie con costo della vita basso, concedendo tutti gli aumenti ai dipendenti delle provincie con costo della vita alto.

Conclusioni

Se vogliamo salvare il ceto medio e il Paese non abbiamo alternative all’eliminazione degli sprechi, all’aumento della produttività e al recupero delle risorse, facendo in modo che milioni di cittadini, che oggi evadono totalmente o in maniera residuale, paghino effettivamente il dovuto in base alle leggi in vigore, come fanno in maniera più equa tedeschi, belgi ecc.

Si eviterebbe così anche che i giovani italiani più intraprendenti, e sono centinaia di migliaia, vadano a vivere e a lavorare in Paesi con migliori salari e dove si pagano le tasse e si ottengono migliori servizi.

D’altronde non possiamo sorprenderci per la mancanza di risorse per il Servizio Sanitario Nazionale e per gli altri servizi di welfare dello Stato. In vent’anni abbiamo perso un quarto del PIL rispetto alla media dei Paesi europei e queste enormi risorse venute meno non possono essere sostituite da ulteriore debito pubblico. Siamo già fin troppo indebitati.

Le azioni che propongo avvicinerebbero l’Italia all’Europa, invertendo sia i flussi migratori delle persone e delle produzioni, sia il trend di impoverimento del Paese rispetto alla media europea.

Secondo quanto riportato dal Corriere Economia del 29 aprile 2024, l’andamento della produttività nel 2022, confrontato con il 2002, mette in evidenza i seguenti dati: Germania +24%, Francia e Spagna +14%, Italia +1,6%. 
Ma, guardando ai macrosettori, in Italia risultano i seguenti dati: Manifattura +24%, Agricoltura e Servizi +3%, PA –9,6%.
Questi dati, confortanti solo per il nostro macrosettore, dovrebbero spingere noi dirigenti e Confindustria a essere più propositivi con il Governo, per migliorare l’Italia, esercitando la nostra leadership morale!

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